Mother’s Baby, di Johanna Moder

La regista austriaca dirige un thriller materno alla Rosemary’s Baby senza un impianto narrativo tale da sostenere le costanti inquietudini che muovono sottopelle. BERLINALE75. Concorso

-----------------------------------------------------------------
OPEN DAY OPERATIVO: A scuola di cinema, a Roma 3/4 maggio (iscrizione gratuita)

-------------------------------------------------

Fundraising per l’audiovisivo: Corso online dal 14 aprile

-----------------------------------------------------------------
Produzione e Distribuzione Cinema: due corsi dal 6 maggio

-------------------------------------------------

Julia è una direttrice d’orchestra di successo abituata ad avere il controllo su tutto, a dirigere per l’appunto, ma c’è qualcosa su cui proprio non le è possibile decidere. Lei e il suo compagno Georg desiderano fortemente un figlio e il dottor Vilfort, uno specialista della fertilità di una clinica privata, offre loro una speranza per mezzo di una procedura sperimentale dall’alto tasso di successo. Al momento del parto qualcosa va storto, il bambino viene portato via per ulteriori cure lasciando i due neogenitori in apprensione. Quando la coppia si riunisce al bambino, Julia si sente stranamente distante, come se quel bambino non fosse realmente il suo. Non è altro che una sensazione, qualcosa che prima si trasforma in dubbio e poi in sospetto, quello che può stravolgere un matrimonio e mettere a repentaglio la propria integrità mentale.

Mother’s Baby, diretto dall’austriaca Johanna Moder, è un thriller materno alla Rosemary’s Baby in cui la tensione cresce di pari passo al malessere della protagonista, interpretata da Marie Leuenberger. Come nel gran film di Polanski, seguiamo l’intera vicenda dal punto di vista della madre, sprofondando sempre di più nel turbinio di paranoie e sospetti che la attanagliano. Attraverso il suo sguardo osserviamo quel dolce bambino senza nome e senza identità con diffidenza, nonostante non sia mostruoso come quello di Eraserhead, ma la regista costruisce un impianto sonoro tale da suggerire una costante inquietudine che muove sottopelle. Ci crediamo, o ci vogliamo credere, e l’attrice protagonista regge il peso dei numerosi primi piani con grande disinvoltura, ma è nel momento di frizione massima tra realtà fisica e proiezione psicologica che il film perde la sua presa sullo spettatore. La depressione post partum di Julia che si trasforma in lenta discesa nella follia non ha il cambio di passo necessario, così il momento dell’effettiva risoluzione o dissociazione viene posticipato sempre di più, con l’effetto di stemperare la tensione plasmata con cura fino a quel momento. Un’incertezza dovuta probabilmente al lavoro in fase di sceneggiatura, troppo inconsistente in alcuni fondamentali passaggi narrativi.

Il primo atto è sicuramente quello più interessante, tra cui resta impressa la frenetica scena del parto girata in un piano sequenza vorticoso in cui la camera continua a muoversi intorno al lettino mentre la situazione si fa sempre più critica. Dopodiché, Mother’s Baby prende una piega fin troppo telefilmica, con un marito così stereotipato da sembrare noioso anche nei momenti di silenzio e un parallelo reiterato con l’opera Erlkönig di Schubert (dal testo di Goethe) che culmina nella solenne sequenza finale.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.5
Sending
Il voto dei lettori
3 (1 voto)

STUDIA CINEMA CON SENTIERI SELVAGGI!


    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative