MOVIEGAMES – Druuna formato pixel

Druuna, l’eroina a fumetti creata da Paolo Eleuteri Serpieri, è stata trasferita dalla carta allo splendore 3D di un nuovo videogioco, “Druuna: Morbus gravis”. Riuscirà ancora a stregare gli appassionati con il candore e le sue incantevoli forme?

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DruunaDruuna nasce nel 1985 dalla fantasia di Paolo Eleuteri Serpieri, fino allora noto per le avventure western. Il fumetto colpisce subito la fantasia del pubblico per il riuscito mix tra una fantascienza pessimista, oppressiva e claustrofobica ed il prorompente erotismo della sua eroina volentieri mostrata priva di veli ed in situazioni sessualmente scabrose. Microids propone ora un gioco dedicato all’eroina di Eleuteri Serpieri: “Druuna: Morbus gravis”, riprendendo il titolo della sua prima avventura (i fumetti di Druuna, pubblicati all’epoca sull’Eternauta, possono ora essere reperiti nell’edizione di Alessandro Distribuzioni). Il lavoro compiuto dallo sviluppatore italiano Artematica si è avvalso della collaborazione dello stesso Eleuteri Serpieri ed il prodotto realizzato è sicuramente di ottimo livello, tanto da meritare il premio come migliore opera multimediale alla recente manifestazione Lucca Comics 2001. Sviluppato su ben 6 CD si tratta fondamentalmente di un’avventura 3D in cui scopriamo Druuna in coma, collegata al Brainholder, un apparecchio che scansiona la sua mente e ci permette di rivivere i suoi ricordi. Tali ricordi sono però “interattivi” e noi perciò dovremo sostanzialmente controllare Druuna nelle sue peripezie all’interno dei bui e pericolosi corridoi della città/astronave in cui vive. Se la porremo in condizioni pericolose, aumenterà il suo livello di stress fino ad un punto oltre il quale il Brainholder ci scollegherà dal suo cervello costringendoci a ricominciare daccapo (possiamo in realtà salvare dove vogliamo ma, ad evitare la pratica di un salvataggio selvaggio, ogni salvataggio aumenta il livello di stress di Druuna). Lo scopo del gioco è far rivivere a Druuna tutta l’avventura in modo che possa recuperare la memoria ed uscire dal coma.

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druunaLa parte meglio realizzata del videogioco è sicuramente quella grafica: l’ambientazione è ricreata superbamente ed anche i personaggi elettronici sono fedelissimi agli originali della carta stampata. Ma ciò purtroppo sottolinea invece di mascherarle le difficoltà di quest’opera. Difficoltà che sono di gameplay e di natura estetica. Per quanto riguarda il gameplay viene utilizzata una visuale esterna con “telecamere” virtuali fisse che si attivano automaticamente quando Druuna entra nel loro campo d’azione. Ciò se da una parte è un pregio permettendo una relativa varietà d’inquadrature, si trasforma in un problema dovendo gestire i movimenti di Druuna a volte vedendola di fronte, a volte invece osservandone la schiena o il profilo (del resto in questo modo se ne può sottolineare l’abbondanza di curve…), specialmente perché i comandi non sono estremamente intuitivi e soprattutto in presenza di muri o ostacoli il movimento tende ad “impazzire” e Druuna ad andare dove vuole, cosa estremamente nefasta se stiamo tentando di sfuggire ad un pericolo. In più bisogna anche tener conto del fatto che spesso i pericoli non sono evidenti e ci ritroviamo a “morire” senza alcun preavviso. Certo, con il progredire del gioco apprendiamo la logica dell’avventura, ma all’inizio la cosa è veramente frustrante: ad esempio, vedendo un cadavere l’incallito giocatore corre immediatamente a fare opera di sciacallaggio per finire però qui immediatamente attaccato dal mucillaginoso mostro in agguato. Quest’ultimo è però più un problema per gli “hardcore gamers”, troppo abituati a saccheggiare cadaveri alla ricerca di armi o “salute” o a provare a cliccare su ogni millimetro quadrato di location disponibile per scoprire oggetti o passaggi utilizzabili in una parola a routine fin troppo standardizzate, piuttosto che un “difetto” del gioco. E’ comunque indicativo il fatto che forse per la prima volta il “walkthrough” (la soluzione) e le “cheat” (i trucchi) vengano pubblicati direttamente sul sito ufficiale del gioco. Di solito si preferisce girarli alle riviste (cartacee o elettroniche) specializzate per farli sembrare frutto della bravura di redattori o lettori. Motivazione di ciò è che Druuna, come sottolineato più volte da Microids e dal suo amministratore delegato Fabrizio Vagliasindi, si rivolge non al pubblico degli hardcore gamer, ma piuttosto al pubblico più allargato degli utilizzatori di computer, di Internet, preferibilmente adulti che possano apprezzare titoli con uno spessore ed una cura maggiore rispetto, ad esempio, ad uno sparatutto. Non è un caso del resto che ci si sia rivolti ad un personaggio famoso almeno una decina d’anni fa ed oggi conosciuto prevalentemente da chi veleggia tra i 30 e i 40 anni (anche se in Francia, patria originaria di Druuna, la situazione è diversa per la considerazione ben maggiore di cui godono i fumetti come medium artistico).Ma ciò ci porta al problema estetico: nel fumetto di Eleuteri Serpieri, come detto all’inizio, parte fondamentale ha l’erotismo. Non a caso in un mondo cromaticamente freddo in cui dominano il blu e il grigio l’unica nota di colore caldo, il rosso, è dato dalla prosperosa e vitale Druuna (oltre che dai mostri) che usa il proprio sesso come merce di scambio per medicine o per il privilegio della pura sopravvivenza pur senza mai diventare una prostituta grazie ad un candore e ad un’ingenuità che conserva anche dopo stupri brutali da parte di innominabili mostruosità, riuscendo a rimanere umana quando il mondo intorno a lei si è totalmente alienato. Ma purtroppo ben poco di tutto ciò rimane nel gioco (ci sarà sicuramente un codice per vederla girare nuda, ma non è solo questo il punto in questione): la necessità di mantenere il gioco ad un livello di “decenza” che gli permettesse di superare la censura e di entrare nei computer “di famiglia” ha di fatto castrato la povera Druuna in uno dei suoi tratti principali. Del resto però non si tratta del primo esempio di tale pratica: possiamo ricordare almeno anche “Crying Freeman”, il film di Christophe Gans tratto dall’omonimo manga di Koike e Ikegami dove la storia del killer che piange riprendeva perfettamente le esplosioni ipercinetiche del fumetto rimuovendone però completamente la pur elevata carica erotica per evitare i temuti “X” della censura.

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Ma più del rispetto fedele agli elementi presenti nel fumetto, ciò che avrebbe fatto la differenza sarebbe stata un’interpretazione “forte” che non riducesse l’operazione a mera “traduzione” da un medium all’altro. Si pensi ad esempio al “Batman” burtoniano, o, per rimanere in campo videoludico, alla versione di “Blade Runner” con cui i Westwood Studios hanno saputo riproporre il mito cinematografico creato da Ridley Scott in una forma stupendamente originale grazie alla capacità di distinguere quali elementi fossero più o meno adatti al nuovo media. E creando quello che forse rimane ancor oggi uno dei migliori videogiochi nella storia di questo genere. “Druuna: Morbus gravis” non avrà questa fortuna. Nonostante l’aderenza grafica e narrativa al fumetto, garantita anche alla partecipazione del progetto dell’autore, nonostante qualche imprecisione nel gameplay, il motivo di ciò è la subalternità (e solo in quest’ottica la mancanza della componente erotica è un difetto) del videogioco alla sua fonte d’ispirazione, la sua mancanza d’autonomia estetica. La mancanza insomma di uno sguardo autoriale che fosse in grado di elevare un gioco tutto sommato buono alla statura del capolavoro, lasciando dunque un po’ d’amaro in bocca per un titolo che – visto l’evidente impegno produttivo – poteva puntare artisticamente più in alto.

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