Muti, di George Gallo, Francesco Cinquemani, Luca Giliberto

Un thriller dal respiro internazionale poco convincente ma a tratti godibile, che purtroppo non rispetta le interessanti premesse narrative delle prime sequenze. Con Morgan Freeman e Cole Hauser

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Nell’antica lingua Swahili, Muti significa “medicina”, ma ha anche un significato ben più oscuro. Il rituale Muti è una forma di sacrificio umano diffuso tra alcune tribù africane, in cui l’uccisione viene eseguita dopo che parti del corpo sono state asportate mentre la vittima è ancora viva, affinché le grida possano evocare le divinità. Questi riti vengono commissionati da uomini ricchi e potenti agli sciamani per ottenere maggiore successo, energia o fortuna. Il detective Boyd (Cole Hauser) nel Mississippi, in collaborazione con il professor Mackles (Morgan Freeman), antropologo esperto di cultura africana, si mettono sulle tracce di un feroce serial killer che sembra celebrare dei riti Muti tra gli Stati Uniti e Roma.

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George Gallo, navigato regista di commedie ed esperto sceneggiatore di polizieschi e simili (Bad Boys, Bad Boys II, Prima di mezzanotte), dirige con Francesco Cinquemani e Luca Giliberto un thriller ambizioso ma poco ritmato che trae ispirazione da alcuni titoli come Il silenzio degli innocenti e Il collezionista, quest’ultimo con protagonista lo stesso Morgan Freeman. Muti riprende alcuni degli elementi classici del genere: il detective dal passato traumatico legato ad una donna, il professore esperto della materia ma inesperto sul campo, gli omicidi efferati compiuti da un uomo misterioso in un contesto rurale. Il tema dei rituali sciamanici poteva essere un intuizione interessante ma lo svolgimento non è davvero all’altezza delle aspettative. Il film si divide in due linee narrative che scorrono parallelamente, la principale negli Stati Uniti e la seconda a Roma. Qui l’ispettore interpretato da Giuseppe Zeno continua imperterrito la sua indagine ma non c’è mai realmente qualcosa che leghi le due vicende, a parte le esigenze produttive. L’unico apporto delle sequenze romane è un buon inseguimento alla vecchia maniera e un continuo di scorci da cartolina, dal Colosseo a Piazza Venezia e da Castel Sant’Angelo al Rione Monti. Troppo poco per incidere davvero in una storia come questa.

Oltre ad una regia poco ispirata e un montaggio che non aiuta a dare ritmo al procedere della vicenda, la sceneggiatura mostra lacune nella caratterizzazione dei personaggi, fin troppo stilizzati e poco approfonditi. Il killer sciamano o sangoma interpretato da Vernon Davis – ex giocatore della NFL – aveva tutte le potenzialità fisiche per essere un villain terrificante, ma le atmosfere delle scene di violenza non hanno aiutato a creare quella tensione necessaria a temerlo ed empatizzare con le vittime. Morgan Freeman, al contrario, è un maestro in questo genere di ruoli e quando si trova in campo riesce ad illuminare la scena, come nella sequenza in cui il detective lo chiama in causa per la prima volta mostrandogli i materiali di indagine. I colpi di scena sono davvero pochi e purtroppo arrivano in ritardo, quando ormai lo spettatore ha perso interesse. Per questo stesso motivo il finale non riesce a sbalordire e terrorizzare come dovrebbe.

Muti è un thriller dal respiro internazionale poco convincente ma a tratti godibile, che purtroppo non rispetta le interessanti premesse narrative delle prime sequenze.

Titolo originale: The Ritual Killer
Regia: George Gallo, Francesco Cinquemani, Luca Giliberto
Interpreti: Morgan Freeman, Cole Hauser, Giuseppe Zeno, Peter Stormare, Murielle Hilaire, Vernon Davis
Distribuzione: RS Productions in collaborazione con Mirari Vos
Durata: 92′
Origine: USA, 2023

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.3
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Il voto dei lettori
2.43 (7 voti)
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