Nação Valente, di Carlos Conceição

Il film segue le fasi di indipendenza in Angola ai danni dei portoghesi. Un ritratto riuscito di una storia ancora poco esplorata. Concorso Internazionale

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Nella fine c’è sempre una recisione, la necessita di un taglio, la reazione violenta della rinuncia. Spesso associata ad un vuoto che prende corpo nella solitudine, il pensiero atterrito dai fantasmi, le fantasie infiltrate dalla paura. La fine dell’esperienza coloniale portoghese in Angola, ha nel film di Carlos Conceição l’inevitabile approccio traumatico della colpa. L’isolamento di un perdono possibile solo a patto di lambire il limite della follia, per gestire il rifiuto di un atto d’amore malato. Con il fiato corto e la mania di un controllo ormai svanito, lo sguardo lascivo di un desiderio frustrato, eppure ancora tanto vicino da poter essere toccato, sensuale ed inarrivabile. Il sospiro di un piacere coperto dalle grida, seppellito sotto la luna piena. Il risveglio di un popolo è soprattutto la ricerca di un’identità appiattita, umiliata dal tiranno, preoccupato a governare dal timore di essere spodestato. I pochi personaggi della storia, soprattutto soldati, riassumono a dovere un percorso di indipendenza, fenomeno iniziato in Africa nel 1960 e che in Angola si è concluso nel 1975. L’antagonismo è racchiuso in un rapporto inquinato dalla presunzione di dominio, insensibile al canto del cigno di una nazione costretta alle catene.

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La patria, la religione, la guerra, tutto legato ad un filo mortifero, un’amalgama indistinto, l’alienazione dal mondo, l’insignificante giustificazione di una bugia venuta alla luce a smascherare il sopruso. Insieme ai cadaveri assetati di vendetta. L’eredità stanca della battaglia è un paranoico sparare nel mucchio, il sangue gelato, le mani che tremano, una minaccia sussurrata nel vento.

Nação Valente, oltre ad avere un chiaro taglio autoriale, sconfina nel prodotto di genere, lo zombie movie, e la terra di conquista diventa una trappola, la calma della natura un tripudio di tensione, la fuga l’unica alternativa. Scende la notte, lenta ed inesorabile, mentre suona la tromba del silenzio, nell’ammunitamento di un ideale. E chiama in causa la supina sottomissione agli ordini, premiata da una medaglia al valore, lascia trapelare i danni di una mente plagiata, incapace di osservare attorno a sé, resa succube, ingannata dalle promesse. In fondo al cuore però una spina, la nostalgia di casa, di una mamma da abbracciare, mettendo finalmente da parte il fucile, il futuro ancora lì, dietro gli orpelli, trasparente, lontano quanto lontana può essere un’alba, principio di libertà o di autodeterminazione. La rappresentazione del regista portoghese fa molta attenzione al lato estetico, riesce a catturare efficacemente la bellezza innocente dei luoghi, il succedersi degli eventi e le emozioni che si nascondono nell’animo dei personaggi. Il totale è il ritratto riuscito di una storia ancora poco esplorata, che si apre ad affrontare un discorso universale sulle dinamiche del potere, e sulle conseguenze quando viene esercitato su un terreno piano, sprovvisto di difese, basato non sulla conoscenza ma si un’ingenua fiducia.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.7
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Il voto dei lettori
5 (1 voto)
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