Nardjes A., di Karim Aïnouz

Il ritratto di una manifestante algerina diventa un potentissimo documentario sulla rivolta democratica e sull’esperienza collettiva della protesta. Dal MedFilm Festival

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Nei primi mesi del 2019 la popolazione algerina scende in più occasioni in strada a manifestare contro la candidatura del presidente Bouteflika, allora ottantaduenne ma eletto nel 1999, giunto al quinto mandato ed espressione di un regime supportato dalle frange militari. L’8 marzo, Giornata internazionale della donna, sono in migliaia a esprimere la loro protesta. Tra questi c’è anche la giovane Nardjes Asli, partita dalla sua casa in periferia per portare avanti una lunga tradizione familiare di rivoluzionari e dissidenti al potere. La donna è seguita dall’iPhone di Karim Aïnouz. Ecco di nuovo una storia di donne e di emancipazione per il regista brasiliano di La vita invisibile di Euridice Gusmão. Nardjes A.: un altro nome proprio come traccia da cui partire. Un volto e una voice over da filmare e da ascoltare. Insomma siamo davanti ovviamente al ritratto di una giovane donna che mette in scena il suo impegno politico, il suo esserci e rappresenta la possibilità di una nuova Algeria democratica.

All’inizio Karim Aïnouz si muove nella precisa tradizione del cinema documentaristico e di memoria. Pedina la sua protagonista per raccontarne la giornata da manifestante nelle strade chiassose, vive e contagiose di Algeri. Ma il punto di vista singolo presto si espande a una visione collettiva dell’esperienza. La donna entra nella folla, si perde tra gli individui che lottano per la democrazia come lei. Si sfumano le distinzioni religiose, ideologiche e di classe sociale. E il film allora diventa presto generazionale, liberissimo, sensoriale. Il documentario si trasforma nell’esperienza adrenalinica, quasi allucinatoria, di una festa. Il set di Algeri diventa il teatro di una rivoluzione dal basso che pare ricolorare e risonorizzare persino lo spazio urbano. Tutti, compresa Nardjes, usano i telefonini per testimoniare, fotografare e registrare l’evento. Così la pratica del filmare non è più prerogativa del cineasta, ma mezzo di comunicazione condiviso e imprescindibile per sovvertire il “vecchio” mondo. Erano anni che la rivolta di massa non era raccontata con tale forza immersiva e rispetto morale. Breve (80′), essenziale e privo di sovrastrutture, è un film a suo modo unico, miracoloso per la forza delle sue immagini e di ogni singolo gesto rappresentato.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4.3

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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