"Nathalie…", di Anne Fontaine

Per essere un inferno della coppia spira un vento ben gelido in questo triangolo Ardant-Depardieu-Béart dalle punte subito tristemente spezzate, che la regia e la sceneggiatura, colpevoli in toto, soffocano tra le spire dell'inconsistenza psicologica e passionale che ci trascina in un gorgo di profonda noia dal quale non vorremmo mai essere risucchiati

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Per essere un inferno della coppia spira un vento ben gelido (ma non raggelante) in questo triangolo Ardant-Depardieu-Béart dalle punte subito tristemente spezzate, che la regia e la sceneggiatura, colpevoli in toto, soffocano tra le spire dell'inconsistenza psicologica e passionale che ci trascina in un gorgo di profonda noia dal quale non vorremmo mai essere risucchiati. Cinema depistante, falsamente elegante e denso in realtà incapace di non essere un vuoto (emozionale) a perdere. E se la Fontaine prima che a livello registico è come sceneggiatrice una "fonte" dalla quale non sgorga una sola goccia d'acqua per lo spettatore assetato, ancor più grande delusione si prova a scoprire come co-sceneggiatore Jacques Fieschi che aveva stupito nel precedente lavoro con lo straordinario e lancinante L'avversario che così profondamente e asetticamente aveva saputo scavare nell'uomo innanzitutto, ma anche di riflesso in quegli altrettanto delicati e misteriosi organismi sociali denominati "coppia" e "famiglia". L'idea alla base del romanzo di Philippe Blasband dal quale è tratto il film della regista d'Oltralpe, è indagare su sesso e sentimenti tentando di cortocircuitarli mediante l'incontro/scontro tra due metà di donna "integrabili" come la borghese spenta sessualmente ma non emozionalmente Catherine (Ardant) e la "bella di giorno" infiammata dal rapporto fisico ma senza cuore Marlène/Nathalie (Béart). A ben guardare non c'è nemmeno una smaccata supponenza in questo lavoro, l'unica cosa che esiste, in sostanza, è la manifesta incapacità di dire qualcosa di nuovo e credibile sulla complessità dell'amore, riproponendone nodi in gradevole calligrafismo senza neanche tentare di provare veramente a scioglierne qualcuno. Il colpo di grazia lo fornisce, però, la musica di Michael Nyman (Lezioni di piano e 11 film con Greenaway), inopportuna nella scelta dei tempi per inserirsi e melodicamente inerte. Il finale a sorpresa in cui si scopre che un vertice del triangolo è truffaldino non salva e risolleva nulla, perché nell'ora e mezza precedente non c'è stato niente di magicamente truffa(ut)ldino e nonostante due fiamme attoriali di tale conturbante bellezza (Béart) e accecante fascino (Ardant) si facciano in quattro, e anche Depardieu in quei pochi fotogrammi concessigli rifulga come al solito di luce propria come ci si aspetta sempre da un grande attore, il fascio di luce che colpisce lo schermo pare così fioco che si direbbe… buio.

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Titolo originale: id.
Regia: Anne Fontaine
Interpreti: Fanny Ardant, Gérard Depardieu, Emmanuelle Béart, Wladimir Yordanoff, Judith Magre, Rodolphe Pauly
Distribuzione: Istituto Luce
Durata: 105'
Origine: Francia/Spagna, 2003

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