Nato di uomo e di donna (addio Richard Matheson)


Se ne è andato a 87 anni uno dei più grandi scrittori della fantascienza del '900. Se non avete mai letto niente di Richard Matheson, godetevi questo racconto incredibile, pubblicato nel 1950. Dopo non potrete più smettere di leggerlo!

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 Regola per sopravvivere Richard MathesonQuesto giorno quando ha fatto chiaro la mamma mi ha chiamato vomito. “Vomito” ha detto. Le ho visto negli occhi la rabbia. Mi chiedo che cosa sia un “vomito”.

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Questo giorno è caduta acqua da sopra. E’ caduta tutt’attorno. Io l’ho vista. Ho guardato il terreno sul retro dalla finestrella. Il terreno risucchiava l’acqua come labbra assetate. Ne ha bevuta troppa, gli è venuta la nausea e ha assunto un colorito nerastro. Non mi è piaciuto.
La mamma è bella, lo so. Nel posto dove dormo con le pareti fredde ho una cosa di carta che ho trovato dietro alla caldaia del riscaldamento. Su di essa c’è scritto SCHERMO-STELLE. Vedo tra i disegni visi che assomigliano alla mamma e al papà. Papà dice che sono belli. L’ha detto una volta.
E ha detto che lo è anche la mamma. La mamma così bella e io abbastanza decente. Guardati, ha detto e non aveva una bella faccia. Gli ho toccato un braccio e ho detto che è un padre come si deve. Si è spostato e si è messo dove io non potevo raggiungerlo.

 

Oggi la mamma mi ha lasciato un po’ senza la catena perciò ho potuto guardare dalla finestrella. Ecco perché ho visto l’acqua cadere dall’alto.

 

Questo giorno in cima alle scale c’è stato chiarore. Quando l’ho guardato gli occhi mi hanno fatto male. Dopo che lo guardo, la cantina è rossa.

 

Penso che fosse ora di chiesa. Loro scendono. La grossa macchina li inghiotte, si muove e se ne va. Nella parte posteriore c’è la piccola mamma. E’ molto più piccola di me. Io sono grande. E’ un segreto, ma ho strappato la catena dal muro. Dalla finestrella posso guardare tutto ciò che mi piace.
Questo giorno, quando è diventato buio, ho mangiato il mio cibo e qualche cimice. Sento risate venire da sopra. Mi piace sapere perché ci sono delle risate. Ho sfilato la catena dal muro e me la sono avvolta attorno. Ho camminato fino alle scale. Scricchiolano sotto i miei passi quando ci cammino sopra. Le gambe scivolano. I miei piedi si appiccicano al legno.

 

Sono salito e ho aperto una porta. Era un posto bianco. Bianco come i gioielli bianchi che vengono da sopra, qualche volta. Sono entrato e mi sono fermato. Sento ridere ancora di più. Mi dirigo verso il suono e guardo tra la gente. Ce n’è più di quanto pensassi. Pensavo che avrei riso con loro.
La mamma è uscita e ha spinto la porta che mi colpisce e mi fa male. Sono caduto all’indietro sul pavimento liscio e la catena ha fatto rumore. Ho gridato. Lei ha emesso un sibilo e si è messa una mano sulla bocca. Gli occhi le sono diventati grandi.

 

Mi ha guardato. Ho sentito papà chiamare. “Che cos’è caduto?” ha chiesto. Lei ha detto un’asse di ferro. Che venisse ad aiutarla a sollevarla, ha detto. Lui è venuto e ha detto che era proprio di una cosa pesante che c’era bisogno. Mi ha visto ed è diventato rosso. La rabbia è venuta nei suoi occhi. Mi ha colpito. Qualche goccia mi è caduta dal braccio sul pavimento. Non era bello. Diventava orribilmente verde sul pavimento.

 

Papà mi ha detto di tornare in cantina. La luce mi fa un po’ male agli occhi ora. Non è come in cantina.
Papà mi ha legato braccia e gambe. Mi ha messo a letto. Ho sentito ridere di sopra mentre me ne stavo tranquillo a guardare un ragno nero che dondolava sopra di me. Ho pensato a ciò che ha detto papà. Oh Dio, ha detto. E ne ha soltanto otto.

 

Questo giorno papà ha fissato di nuovo la catena prima che facesse chiaro. Devo tentare di strapparla un’altra volta. Ha detto che ero stato cattivo a salire. Ha detto di non rifarlo o mi batterà forte. Quello fa male.

 

Sento male. Ho dormito durante il giorno e ho appoggiato la testa al muro freddo. Ho pensato al luogo bianco di sopra.

 

Ho sfilato la catena dal muro. La mamma era di sopra. Ho sentito delle piccole risate acute. Ho guardato dalla finestra. Ho visto solo piccole persone che sembrano anche loro piccole madri e piccoli padri. Sono belli.

 

Facevano un simpatico rumore e saltavano sul terreno. Le loro gambe si muovevano duramente. Assomigliavano a papà e mamma. La mamma dice che tutte le persone per bene si assomigliano.
Uno dei piccoli padri mi ha visto. Ha indicato la finestra. Io mi sono lasciato andare e sono scivolato giù dal muro, nel buio. Mi sono rannicchiato perché non mi vedessero. Ho sentito i loro discorsi vicino alla finestra e piedi che correvano. Di sopra, una porta ha sbattuto. Ho sentito la piccola mamma che gridava di sopra. Ho sentito dei passi pesanti e sono corso al mio giaciglio. Ho infilato la catena nel muro e mi sono sdraiato sulla pancia.

 

Ho sentito la mamma che scendeva. “Sei stato alla finestra” ha detto. Ho sentito la rabbia. “Sta’ alla larga dalla finestra. Hai strappato di nuovo la catena”.

 

Ha preso il bastone e mi ha colpito con quello. Non ho pianto. Non posso farlo. Ma le gocce inondavano tutto il letto. Lei le ha viste e ha guardato altrove, facendo un rumore. “Oh, mio Dio, mio Dio” ha detto “perché hai fatto questo a me?”. Ho sentito il bastone rimbalzare con un tonfo sul pavimento di pietra. Lei è corsa di sopra. Ho dormito tutto il giorno.

 

Questo giorno c’è stata di nuovo l’acqua. Quando la mamma grande era di sopra ho sentito quella piccola scendere le scale. Mi sono nascosto nel recipiente del carbone perché la mamma si sarebbe arrabbiata se la piccola madre mi avesse visto.

 

Aveva una piccola cosa viva con sé. Le camminava sul braccio e aveva orecchie appuntite. Lei le diceva delle cose.

 

Andava tutto bene tranne che la cosa viva mi fiutava. Era salita sul carbone e mi guardava. Aveva i peli ritti. E faceva un rumore con la gola. Le ho fatto un verso, ma quella mi è balzata addosso.
Non volevo farle male. Ho avuto paura perché mordeva più forte di quanto facesse il topo. Sentivo male e la piccola madre gridava. Ho afferrato stretto la cosa viva. Faceva rumori che non avevo mai udito. L’ho schiacciata. Era tutta molle e rossa sul carbone nero.

 

Mi sono nascosto lì quando la mamma ha chiamato. Avevo paura del bastone. Se ne andò. Sono strisciato sul carbone con la cosa. L’ho nascosta sotto il cuscino e mi ci sono appoggiato sopra. Ho infilato di nuovo la catena nel muro.

 

Questa è un’altra delle volte. Papà mi ha incatenato stretto. Sento male perché mi ha battuto. Questa volta gli ho strappato il bastone dalle mani e ho fatto rumore. Se n’è andato, pallido in viso. E’ corso via dal mio posto e ha chiuso la porta a chiave.

 

Mi metterò a gridare e a ridere forte. Mi arrampicherò su per i muri. Alla fine penderò per le gambe con la testa all’ingiù e gocciolerò verde tutt’attorno finché non saranno dispiaciuti di non essere stati gentili con me.

 

Se proveranno a battermi di nuovo farò loro del male. Lo farò.

 

 

Richard MathesonRacconto pubblicato sul blog: http://yezekiel.wordpress.com/2007/08/31/nato-di-uomo-e-di-donna/ 

Altra traduzione nel blog: http://giorgiobaruzzi.altervista.org/blog/matheson-nato-duomo-e-di-donna/

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