Neda was an iranian girl

Munich immagine dal film di Spielberg

Il breve filmato della morte di Neda ha fatto il giro del mondo e ha scosso le coscienze di tutti quelli che lo hanno visto. E' la prima volta che un video di YouTube riesce a rendere universale un esempio ed un sacrificio, e soprattutto è la prima volta che internet si impone come il solo veicolo per la formazione dell'immaginario collettivo. Inevitabilmente il cinema – che fino ad oggi ha attinto al serbatoio iconografico della televisione – dovrà fare i conti con questa nuova prospettiva. Per raccontare le storie degli Jan Palach di questa epoca.

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Munich immagine dal film di SpielbergIn uno dei momenti più riusciti del suo Munich, mentre mette in scena l’attacco all’appartamento della squadra olimpica israeliana, Steven Spielberg si concentra su un momento di grande evocazione/superamento dell’immaginario collettivo. Mentre il mondo segue gli eventi attraverso le notizie della televisione, la celebre immagine dell’attentatore palestinese incappucciato, che tutti abbiamo imparato ad associare come uno dei simboli del terrorismo arabo, è sullo schermo acceso nella stanza degli atleti sequestrati, e la cinepresa è invece nella stanza, mostrandoci lo stesso uomo senza volto uscire dal balcone e mostrarsi alle telecamere, in una specie di nuova versione – una versione capovolta – di un telegramma ormai abusato. Fino ad ora, si può ben dire che la nostra memoria ha focalizzato e ha codificato gli eventi più importanti del dopoguerra attraverso il riflesso del piccolo schermo. Oppure, al massimo, per mezzo del filtro delle fotografie di "Life" o della Magnum (i tableaux vivants dei titoli di testa di Watchmen di Zack Snyder). Senza tirare in ballo lo strepitoso lavoro di Ron Howard nel suo recentissimo Frost/Nixon (il discorso delle dimissioni del Presidente dal dietro le quinte della diretta), basterebbe ricordare come ogni film sugli anni sessanta debba per forza prevedere un televisore acceso sul Vietnam – la voce di Walter Cronkite della CBS in sottofondo – come

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neda was an iranian girl contestualizzazione di un’epoca storica. I giorni della nuova gioventù iraniana ci stanno dimostrando come la televisione si stia preparando all’abbandono di questo ruolo in favore di Internet. Un dato ancor più sorprendente perché avviene immediatamente dopo il più grande evento universale che la televisione abbia mai trasmesso, assieme allo sbarco sulla Luna (e senza voler nemmeno accennare ai sospetti – fondati ma anche affascinanti – che piuttosto che una diretta, il viaggio dell‘Apollo fosse una messa in scena cinematografica): l’incalzante tragedia dell’11 settembre. L’impatto è stato così forte che tutti ricordiamo con precisione il momento esatto – dove eravamo, cosa stavamo facendo appena un secondo prima – in cui, alla televisione, abbiamo visto la colonna di fumo salire dal World Trade Center. Il momento più importante della breve storia di questo secolo è stato immortalato attraverso la visione televisiva. Eppure, quello è stato insieme il suo apogeo e la sua fine. Non solo perchè la crudeltà dell’assassinio della giovane Neda nelle strade di Teheran – operata da bande di squadroni della morte armati dal governo, i basiji che sono il braccio criminale ed indottrinato della teocrazia degli ayatollah – resta impressa per giorni negli occhi di chi l’ha vista. Non è la prima volta che si assiste a spettacoli tanto disumani: i monaci tibetani che si danno fuoco, l’esecuzione sommaria del sospetto vietcong con un colpo in testa, il ragazzo solitario che sfida i carriarmati a piazza Tien An Men a Pechino. E’ il fatto che filmino amatoriale di Abraham Zapruder a Dallas 63per la prima volta sia YouTube a farsi tramite della storia, a fornire l’unica testimonianza di un evento epocale, a fare il ritratto dei nostri tempi e a costruire il nostro immaginario collettivo. Se la cronaca degli eventi sembra lasciare il tragico sospetto che Neda e i suoi compagni – uccisi, arrestati, sottoposti alla privazione morale e fisica di una tirannia – faticheranno ad avere giustizia per il loro sacrificio, non c’è dubbio che dopo la morte della donna il cinema avrà un nuovo referente, un nuovo serbatoio di immagini a cui attingere per la costruzione della sua storia. La forza di quei due minuti è la stessa del filmino amatoriale che Abraham Zapruder fece a Dallas, quando spararono a John Kennedy, ma il suo impatto è ancora più dirompente. Perché se la morte del Presidente è stata immortalata – per la prima volta nella storia – da un cineamatore, da una fonte non ufficiale, il caso iraniano dimostra come Internet e YouTube la storia la stiano facendo, e non la stiano solo conservando: in senso postmoderno, forniscono i pezzi del puzzle, come un mosaico di informazioni da ricomporre per avere un quadro generale. Inevitabilmente, il passaggio di consegne è tanto epocale che prima o poi il cinema dovrà farci i conti. Se la strada è stata finora battuta da tentativi che possono definirsi pioneristici come Redacted di Brian DePalma (un film che non parla dell’Iraq, quanto piuttosto riflette su quale possa essere il modo migliore per parlare dell’Iraq) o da Diary of the Dead di George A. Romero, e peneda era una ragazza iranianarsino da un monster-movie come Cloverfield, prodotto da J. J. Abrams, che hanno cercato di affrontare i nuovi orrori nella prospettiva necessaria dell’assimilazione dei nuovi linguaggi, è evidente che nel raccontare la contemporaneità il cinema non possa più prescindere da quello che è ormai l’unico modo per avere un punto di riferimento iconografico credibile. Perché adesso c’è un salto di qualità notevole, che è impossibile non considerare: siamo oltre persino i video dei bombardamenti di Bagdad ripresi con il telefonino, dal terrazzo dell’albergo Palestine. La consapevolezza che Internet e YouTube arrivano dove la televisione non può arrivare: nella Teheran in cui nessun giornalista può più circolare, in cui qualsiasi ripresa è bandita, in cui la realtà evidente cerca di essere cancellata o presa in giro, con il Consiglio dei Guardiani che da validità ad un’elezione nello stesso momento in cui ammette che è stata truccata. Forse, è l’unico modo ormai rimasto al cinema per raccontare la storia. Ed è in questa forma – non più lo schermo della televisione, ma quello del nostro monitor – che verranno ricordati gli Jan Palach di questo tempo.

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