Spotify risponde a Neil Young e Joni Mitchell

Alle proteste del rocker si sono aggiunti anche altri artisti come Joni Mitchell. Continua la guerra aperta tra Neil Young e Spotify, che annuncia di aver già preso contromisure

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Qualche giorno fa ha stupito la notizia della richiesta da parte di Neil Young di rimuovere la propria discografia dall’archivio di Spotify. Una richiesta che l’artista aveva già fatto nel lontano 2015, quando decise di abbandonare la piattaforma a causa della scarsa qualità in cui venivano riprodotti i brani. Fondò così Pono, un servizio che permetteva il download in alta risoluzione, ma con scarso successo vista la chiusura dopo appena un anno. Spotify ha vinto il primo round, ma dopo la decisione presa dall’artista, ricordiamo a causa della presenza di podcast come quello di Joe Rogan diffusore di fake news e con un forte seguito di pubblico antivaccinista, i giochi si sono riaperti. Tra le prime reazioni quella che ha più colpito è stata quella del competitor Apple Music che per alimentare la discussione ha twittato “è sempre giusto ascoltare Neil Young” aggiungendo un link ad una playlist dell’artista. Young ha subito risposto, prendendo la balla al balzo e ringraziando soprattutto per la qualità del servizio streaming, riprendendosi la rivincita dopo il 2015 tirando una frecciatina alla qualità dei brani riprodotti su Spotify.

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Dopo Young anche altri artisti hanno deciso di abbandonare la piattaforma. Joni Mitchell, Nils Lofgren e anche i “reali” Harry e Meghan hanno dichiarato di esser preoccupati dal ruolo del colosso svedese nella vicenda, anche se a quanto pare continueranno il loro Archwell Audio. In un periodo dove gli eventi live, vera fonte di guadagno degli artisti, sono sempre meno è una scelta coraggiosa quella di mettersi contro uno dei più importanti servizi streaming.

La risposta di Spotify, comunque non si è fatta attendere. Rendendo noto di aver rimosso più di 20mila contenuti controversi. Ed è notizia di pochi giorni fa, proveniente proprio da Daniel Ek, cofondatore del servizio, che l’azienda si sta già muovendo in cerca di soluzioni che possano rendere più sicuri i contenuti e più chiare le regole agli autori dei prodotti. L’azienda cercherà di vietare la condivisione di informazioni mediche false e ingannevoli, ma ad oggi non si sa ancora con quale modalità. Se con dei semplici disclaimer o facendo una vera e propria selezione dei prodotti in circolazione sul servizio. Sono arrivate anche le scuse di Joe Rogan su Instagram che ha ribadito come il suo volere non fosse quello di fare disinformazione, ma di permettere agli ascoltatori di sentire il parere di voci tendenzialmente lontane dall’opinione mainstream.

La verità dei fatti però è probabilmente un’altra: sia Rogan che dice di aver curato la sua positività con l’ivermectina, sia i suoi ospiti, come il cospirazionista Alex Jones e Robert Malone che aveva accusato gli ospedali di ricevere incentivi per diagnosticare false morti da Covid-19, sono tutti personaggi molto controversi. Il flusso del web e della nuova informazione però si nutre di dinamiche del genere, personaggi scomodi e fake news. Per di più il podcast di Joe Rogan, che è uno dei personaggi più influenti nel mondo dei media, è talmente tanto seguito che riesce a fargli guadagnare 100 milioni di dollari per l’esclusiva dei suoi show.

Ad oggi quindi sembra impossibile che Spotify possa rinunciare ad uno show così tanto redditizio e le mosse di Neil Young, che nel frattempo ha caricato sul suo sito personale tutto il suo catalogo al solo costo di 2 dollari al mese, sono indizi che fanno percepire come la guerra sia totalmente aperta. Forse è veramente arrivato il punto di svolta, forse gli autori hanno trovato il modo di combattere lo streaming re-impossessandosi dei propri prodotti artistici?

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