Nelle pieghe del tempo, di Ava DuVernay

Nelle pieghe del tempo è un blockbuster bizzarro fatto a immagine e somiglianza della sua regista. DuVernay offre candidamente la sua immaginazione al pubblico ma l’esperienza non è così esaltante

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Ava DuVernay era stata a lungo tra i candidati alla regia di un film da più di un miliardo di dollari come Black Panther. Le note di produzione raccontano che il marvel-movie le era sfuggito per incomprensioni con la casa editrice sulla visione d’insieme del personaggio. Tuttavia, il suo nome era rimasto sotto i radar della Disney e alla fine lo studio ha deciso di affidarle un blockbuster che doveva preparare la fondazione di un nuovo franchise. Infatti, A Wrikle in Time non era solo l’atteso adattamento del romanzo omonimo di Madeline L’Engle ma era anche l’occasione per aprire le porte del cinema a tutto il suo lungo ed intrecciato universo narrativo.

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Il giudizio sul film va ponderato sulla base del suo doppio compito e sul fatto inevitabile che una delle più interessanti personalità della new wave afroamericana vi facesse sopra un’operazione di racebending. Così, l’iniziale isolamento della giovane protagonista comprende la sua età inquieta, la sua reazione alla scomparsa improvvisa del padre e il suo essere nera. Il suo percorso di autoaccettazione si arricchisce dell’orgoglio per il suo retaggio culturale sotto la tutela di un esempio come Oprah Winfrey. Inoltre, è un’ulteriore dichiarazione esplicita di come la Disney abbia deciso di affrontare una questione sociale tornata al centro del dibattito politico americano.

Purtroppo, le buone intenzioni e la consapevolezza del messaggio non sempre corrispondono ad un’adeguata padronanza del mezzo. Ava DuVernay inciampa spesso davanti alla gestione di un budget sostanzioso. La sua prima volta con un progetto fuori scala non esibisce mai la stessa disinvoltura con cui il suo epigono Ryan Coogler è entrato nel mondo delle produzioni da più di cento milioni. A Wrinkle in Time è chiaramente un film orientato dalle sue idee, dalle sue influenze e dal suo rapporto intimo con il libro. La regista non può essere rimproverata di mancanza di carattere e fa di tutto per infondere il suo vissuto in quello dell’eroina. Il suo problema è la debole coesistenza tra la grandeur visiva e i comuni problemi adolescenziali che Storm Reid deve affrontare.

La sua lotta per l’equilibrio del film condivide con quella della protagonista la ricerca di una chiave per interpretare e risolvere un mondo che va oltre le loro possibilità. Una delle tre bizzarre fate che la accompagnano nei suoi viaggi attraverso un tesseract spazio-temporale le rivela che il segreto per andare e tornare è mettersi sulla giusta frequenza. Ava DuVernay non trova mai la sintonia necessaria e il film lascia procedere su binari paralleli la sua componente spettacolare e la storia di formazione di una bambina solitaria. Il danno collaterale di questa incertezza è che i due elementi si ostacolano a vicenda invece di valorizzarsi.

L’origine di questo approccio potrebbe essere rintracciata in un indomito spirito d’iniziativa della regista. Tuttavia, il risultato è uno spiazzamento del pubblico che nuoce anche alla sua empatia verso i personaggi. A Wrinkle in Time è un film tanto coraggiosamente bizzarro e lontano dalle solite aspettative da essere anche indigesto. Lo sforzo del green-screen non viene asservito alla riproduzione dei pianeti e delle galassie immaginate da Madeline L’Engle ma viene impiegato per assecondare la rilettura di Ava DuVernay. Il proposito della Disney di replicarlo in un brand viene sottomesso alla contingenza di non poter più fare a meno non delle visioni della scrittrice ma di quelle della regista.

E’ impossibile non restare affascinati dal concetto di un blockbuster tanto personale da ricordare sulla carta il folle esperimento fatto da David Lynch ai tempi di Dune. La blasfemia del metro di paragone marca tutte le differenze che determinano l’efficacia del risultato finale. Non si può prescindere dall’apprezzabile tenacia con cui la regista ha voluto regalare un viaggio nella sua immaginazione. Tuttavia, non si può fare a meno di notare che l’esperienza non è mai così esaltante da far dimenticare le frequenti sospensioni della narrazione. Se il mondo dei costumi, delle scenografie e dei colori di Ava DuVernay non è così stupefacente non lo è di riflesso nemmeno quello della ragazzina che in A Wrinkle of Time vede con i suoi occhi.

 

 

Titolo originale: A Wrinkle in Time

Regia: Ava DuVernay

Interpreti: Storm Reid, Chris Pine, Oprah Winfrey, Reese Witherspoon, Mindy Kaling, Zach Galifianakis, Gugu Mbatha-Raw, Levi Miller, Deric McCabe

Distribuzione: Walt Disney

Origine: USA, 2018

Durata: 109′

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