Neuralink: il futuro è (davvero?) adesso

Mentre Neuralink inizia i primi esperimenti sugli esseri umani, Elon Musk dimostra come si possa vendere un prodotto che ancora non c’è lavorando sull’immaginario. L’innesto è il vero pericolo?

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Un paio di settimane fa Elon Musk ha aperto un’altra finestra sul futuro.

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Neuralink, l’azienda di cui è proprietario che si occupa di studiare l’ibridazione tra tecnologie di ultima generazione, dimensione digitale e corpo umano è riuscita infatti a impiantare i primi chip nel cervello di alcune cavie ed è pronta a iniziare la sperimentazione sugli esseri umani. Con il tempo, basteranno un chip ed un’applicazione per riattivare la mobilità di arti paralizzati o anche, più semplicemente, per risolvere dei difetti alla vista. L’ingresso ufficiale di Neuralink in una dimensione etica, come quella della salute conferma quanto Elon Musk sia, ancora, il più efficace comunicatore della dimensione tech, ma è evidente che ci troviamo di fronte ad un cavallo di Troia.

Ovvio che Musk abbia obiettivi di più ampio respiro ma non bisogna farsi ingannare. Considerare Neuralink l’interfaccia perfetta (ed al contempo il concorrente) del metaverso di Zuckerberg sarebbe uno spunto troppo frettoloso da assecondare. In prospettiva, anzi, Musk considera tutto il Metaverso di Zuckerberg solo un tassello di una strategia più ampia. È lui stesso ad ammetterlo, durante un’intervista a Babylon Bee: “non vorrei passare per disfattista – dice – ma credo non ci si può considerare nel metaverso solo perché abbiamo uno schermo sulla faccia”. Subito dopo Musk, tra l’altro, afferma senza mezzi termini che quando Neuralink sarà a pieno regime “allora si, forse, quello sarà l’unico Metaverso possibile”.

Neuralink

E in effetti, mettendo a confronto i due dispositivi, il progetto di Neuralink sembra venire da un tempo indefinito.

Meta è infatti un visore per la realtà aumentata, che ibrida lo spazio fisico con elementi dallo spazio digitale. L’interfaccia di Neuralink è invece un impianto neurale che verrà impiantato nel cervello dell’utente e che comunicherà con i suoi neuroni tramite un sistema a banda larga, lo stesso sistema che permetterà la connessione con dispositivi esterni.

Rispetto a Neuralink l’azienda di Zuckerberg pare ancora legata ad una dimensione analogica, malgrado si sforzi di raccontare il contrario, ma l’abisso tra i due progetti è soprattutto comunicativo.

Basta un dettaglio a farlo risaltare: Neuralink, a differenza di Meta, non ha ancora un’interfaccia fisica a cui fare riferimento, eppure la potenza “emozionale” del progetto è straordinaria.

Meta, in effetti, ragiona ancora da azienda: ha organizzato una strategia ad ampio spettro, ha inglobato altre società, sta preparando il terreno per il futuro, Neuralink, come tutte le realtà imprenditoriali di Musk, ragiona come un prodotto pop retto dalle dinamiche della cultura dell’hype. In questo senso, raccontare l’approccio alla comunicazione di Musk basta forse ricordare il suo continuo atteggiarsi a icona pop, che fuma una canna da Joe Rogan, sposa la popstar Grimes, si ispira dichiaratamente a Kanye West, il padre nobile dell’Hype Culture, tra l’altro ospitato alla convention di SpaceX.

Musk, nel caso di Neuralink, ha probabilmente fatto tesoro della lezione di Bezos e di Blue Origin, in cui lo storytelling del prodotto è spostato tutto sulla dimensione dell’immaginario.

Qui, però, quelle stesse premesse sono potenziate a dismisura. Il dispositivo non esiste ancora, se non in forma embrionale, addirittura solo progettuale, esiste, però un immaginario di riferimento in cui incasellarlo, uno spazio ampissimo, che parte dagli spazi New Age dell’internet delle origini e intercetta il Cyberpunk, una dimensione che, già da sola, contribuisce non soltanto a colmare le mancanze comunicative del brand, ma anche a creare un contesto immaginifico al servizio della promozione del prodotto.

Basta in fondo solo una manciata di dati e supposizioni, rilasciati durante i trial clinici, per dare il via ad un’operazione che sembra più un processo alchemico che una campagna di comunicazione: Neuralink permetterà di espandere la capacità di archiviazione del nostro cervello all’inverosimile e contribuirà a contrastare la disabilità, e così da un lato la tecnologia si avvicina all’utente base, dall’altro si apre un contesto dalle potenzialità infinite, tra uomini sempre più cyborg, un’immersione autentica nel digitale ed un corpo sempre più “aumentato” dalla tecnologia. Una volta a pieno regime, Neuralink aprirà la strada ad utenti gestiti da firmware aggiornabili, ad una vita sempre più wireless, ma anche ad un reale sempre più registrabile ed archiviabile e, giocoforza, a nuove modalità espressive, tutte ancora da inventare, con cui ripensare artisticamente questi spazi, tra Tik Tok in soggettiva ed eventi sportivi direttamente streammabili sulla corteggia cerebrale dell’utente, che potrebbe percepire su di sé le emozioni e lo sforzo fisico dell’atleta.

Neuralink

Musk lascia il racconto di Neuralink al suo utente, che può costruire una ragnatela di riferimenti e di narrazioni pressoché infinita. Lui, nel frattempo, continua a seguire il progetto e si limita a svelare le possibilità di Neuralink poco a poco. Di questo passo si tutela facilmente anche da qualsiasi contrattempo o aspettativa non rispettata dal progetto, eventualmente non sarà la sua azienda ad aver peccato di troppa ambizione, ma l’utente ad essersi andato troppo oltre con la fantasia.

Chissà se Musk avrà la risposta altrettanto pronta quando l’ecosistema Neuralink mostrerà certe sue spigolosità. In quel caso, affidarsi alla sci fi aiuta ma non è fondamentale, basta riflettere sulle recenti, complesse, derive della contemporanea Data War per rendersi conto che Neuralink rischia di essere una minaccia fuori controllo per la sicurezza degli utenti. Senza spingerci ad ipotizzare violenti attacchi di biohacking alle nostre interfacce, è evidente quanto Neuralink sia di per sé un collettore di informazioni al momento senza controllo, pronto a immagazzinare informazioni biometriche ed emotive degli utenti da rivendere al miglior offerente.

Neuralink

Ma forse Musk non dovrà preoccuparsi fino a questo punto. Neuralink è già un progetto che cammina su un ghiaccio sottilissimo. Non c’entra, soltanto, l’ambiguo approccio imprenditoriale di Musk, intellettuale visionario e geniale ma anche, dicono le cronache, despota aggressivo e misogino contro i suoi dipendenti, basta anche solo un dettaglio, minimo, ma che rischia, da solo, di far fallire il progetto: siamo sicuri che un normale utente sarà disposto a sopportare una complessa operazione chirurgica al cervello per aprirsi alle potenzialità di Neuralink?

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