"NEW YORK STORIES":

Dissolvenza dal nero ed ecco che l'occhio del cinema (e dello spettatore) si apre sul tema principale del primo frammento filmico, curato dal grande Scorsese, Lezioni dal vero. Il tema è quello della seduzione dell'arte, con, sullo sfondo, l'unica città possibile, New York. Un' esempio di puro cinema, quello hitcockiano di Rear window (1954) per intenderci, in cui l'occhio meccanico della macchina da presa diviene un'estensione, quasi una protesi, dell'occhio del regista.
La trama è incentrata sulla vita del famoso pittore, Lionel Dobie, e il suo modo di vivere ossessivo e maniacale, di cui ne fa le spese la sua assistente, Paulette (Rosanna Arquette). 
La ragazza, scoraggiata dalle difficoltà di emergere come artista, manifesta l’intenzione di tornarsene a casa. Si lascia convincere dal maestro a rimanere, con la condizione di non andare più a letto con lui. La distanza fisica tra i due protagonisti, che condividono l'appartamento, si tramuta in energia erotica che il pittore riversa sulla tela. La forza delle falcate pittoriche, la vertigine di uno sguardo che si spinge fino all'essenza della materia e del colore, fino a sentire le vibrazioni che sospingono il pennello e la vernice sotto di esso.
Uno straordinario, visionario, Nick Nolte,con le sue violente ed empatiche pennellate, ci trascina nel vortice creativo in cui pittura, musica, attrazione amorosa e tessuto urbano si mescolano fra loro raggiungendo un tale livello di esaltazione da non riuscire a intravvederne i confini.
Cinema pittorico che, attraverso geniali scelte registiche, condensa al suo interno forme artistiche altre, come la lirica e il fumetto. L'intero frammento è costruito come un quadro. Dettagli, primi piani ossessivi e carrelli improvvisi sono come pennellate visive sulla tela del regista.
Ma finito un quadro ne comincia subito un altro. L'incontro con un'altra pittrice in erba. Altri dettagli, altri schizzi da dipingere. E la musica ricomincia.
 
La voce acerba ma decisa di una ragazzina, introduce lo spettatore, onnipresente sulla scena diegetica (come per Scorsese, di soppiatto) nella nuova storia che sta per essere raccontata. Una singolare storia, con, sullo sfondo, una New York delle possibilità e dalle personalità stravaganti. La protagonista è Zoe, una 12enne che vive da sola in un' albergo di lusso, dove i suoi genitori, famosi, sempre in viaggio e separati l'hanno parcheggiata quando era piccola. Vive una vita senza regole, dove genitori e figli si scambiano le parti. Un capovolgimento generazionale in cui il mondo dei grandi appare magicamente incantato da quello dei piccoli.
Un film che vuole essere, senza riuscirci del tutto, una favola metropolitana che mescola fantasia e realtà inventandosi una dimensione alternativa.
Una realtà glitterata, anni '80, fatta di palloncini e colori, si congiunge con quella favolistica di un mondo arabo, appena affrescato, da Le Mille e una notte, fatta di principesse, diamanti e profumi orientaleggianti. La storia si dipana in un'atmosfera fantastica, sospesa, ai limiti dell'inverosimile, ma dai toni delicati ed eleganti che ricorda quella che aleggia nella pellicola di Jeunet del 2001,Il favoloso mondo di Amélie.
Dopo la pittura e il genio sregolato di Scorsese, Coppola mette in scena l'aria rarefatta e incantata della musica. Mentre nel primo è la regia e la colonna sonora a dare una forte significazione al testo filmico, qui è il colore a connotare le immagini e a veicolarne il senso. Un senso di leggerezza che suggerisce l'idea che la fanciullezza renda immuni dai problemi e che la vita dovrebbe essere presa proprio così.
 
Un personaggio e una città come sfondo. Ancora una volta Woody Allen ci regala un quadro delle nevrosi, dei problemi e dei costumi della realtà sociale da lui prediletta. Il personaggio è un avvocato, Shaldon Mills, e la città è come sempre New York. Lo stile è inconfondibile. La profondità e la leggerezza sono quelle del miglior Allen. Giusta chiusura di un film la cui protagonista incontrastata rimane la città di New York. Le ossessioni creative di Lionel Dobie e le problematiche relazionali dei genitori di Zoe trovano la definitiva contestualizzazione nel film di Allen e nelle frustrazioni del protagonista, alle prese con un irrisolto problema edipico.
Ritroviamo la razionalizzazione pessimistica e una visione lucida delle realtà raffigurate nelle prime due parti. La città di Allen è quella in cui si infrange ogni magia, si interrompe ogni musica e dove non c'è spazio se non per il disincanto. Non c'è scampo alle proprie ossessioni. L'unica soluzione è imparare a rassegnarsi e a conviverci. Come fa la città all'assurda presenza in cielo della madre. Ma c'è spazio per un finale positivo. Il monito finale sembra essere, dunque, quello di non abbandonarsi a chimere irraggiungibili, come il sogno di fare la pittrice, né di sfuggire dalla realtà negandola a tutti i costi, come la presenza castrante della madre di Sheldon. La felicità deriva solo da una sincera accettazione di se stessi.
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    New York Stories

    La retrospettiva New York Stories, a cura di Guido Chiesa è organizzata dal Museo Nazionale del Cinema in occasione di Traffic Torino Free Festival. Dal 12 al 16 luglio 2006.

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    CORSO COMUNICAZIONE DIGITALE PER IL CINEMA DALL'11 APRILE

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    Il Museo Nazionale del Cinema presenta

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    in anteprima e in esclusiva per Traffic Torino Free Festival


     


    Perturbazione vs. Maciste


    "Maciste" musicato dal vivo dai Perturbazione inaugura


    la retrospettiva "New York Stories" a cura di Guido Chiesa


     


     


    Cinema Massimo – martedì 11 luglio 2006, h. 21.30


    ingresso libero


     


     


    In anteprima ed esclusiva nell'ambito di Soundtraxx – Anteprima Traffic, martedì 11 luglio 2006 al Cinema Massimo (sala 1 – ingresso libero) i Perturbazione musicano dal vivo il film muto Maciste, recentemente restaurato dal Museo Nazionale del Cinema e dalla Cineteca del Comune di Bologna presso il laboratorio L'Immagine Ritrovata. La serata è inserita all'interno della retrospettiva New York Stories, a cura di Guido Chiesa e organizzata dal Museo Nazionale del Cinema in occasione di Traffic Torino Free Festival (12-16 luglio 2006, www.trafficfestival.com). L'ingresso è libero a tutte le proiezioni.


     


    Maciste di Vincenzo Denizot e Luigi Romano Borgnetto, 1915, 60' c.ca, produzione Itala Film, Torino, racconta la storia di una ragazza perseguitata da uno zio che sta cercando di impadronirsi del suo patrimonio, e che va al cinema a vedere Cabiria. Osservando Maciste in azione, capisce che solo lui potrà salvarla. Si reca all'Itala Film e chiede aiuto a Maciste, che sta girando un film. Maciste accetta e finisce per liberarla dello zio. Il film è il primo della serie dedicata a Maciste, il popolare personaggio nato dall'ingegno di Giovanni Pastrone che lo utilizzò per la prima volta nel suo capolavoro Cabiria (1914).


     


    I Perturbazione sono sei musicisti impegnati da anni a tracciare una "terza via" tra la vivacità del mondo indipendente e la canzone d'autore italiana. La loro storia si declina attraverso l'esordio Waiting to Happen (1998) e il seguito 36 (1999), centinaia di concerti in tutta la penisola, svariate compilation, fino al disco In Circolo uscito nel 2002 che diventa un "best-seller" della discografia indipendente e raccoglie unanimi consensi presso la critica. Il singolo Agosto conquista le playlist dei principali network radiofonici nazionali.


    Il tour che segue tocca i principali club e i grandi festival estivi, coinvolgendo sempre maggiore pubblico. 125 concerti in 18 mesi, che valgono al gruppo l'invito all'MTV Brand:New Tour ed il premio come "Miglior Tour Italiano 2003" al Meeting delle Etichette Indipendenti di Faenza, tra le principali manifestazioni di riferimento della discografia italiana. Nel 2005 esce l'album Canzoni allo specchio. Il video del singolo Se mi scrivi è stato realizzato da Guido Chiesa e vede la partecipazione di Marina Massironi e Carlo Lucarelli.


    I Perturbazione sono Tommaso Cerasuolo (voce), Elena Diana (violoncello), Stefano Milano (basso), Rossano Lo Mele (batteria), Cristiano Lo Mele (chitarra), Gigi Giancursi (chitarra).


    Da sempre attento al corredo video delle proprie creazioni musicali, il sestetto rivolese affronta per la prima volta l'insolita sfida di sonorizzare in diretta un film muto.


     


     


     


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    Museo Nazionale del Cinema


    Ufficio Stampa: Veronica Geraci


    Tel. 011 8138509 – cell. 335 5449617 – email: geraci@museocinema.it



     


    PROGRAMMA DELLE PROIEZIONI


    New York Stories


    Cinema Massimo,  13-16 luglio 2006


     


     


    Martedì 11 luglio
    21.00 Maciste (di Vincenzo Denizot e Luigi Romano Borgnetto, 1915, 60') musicato dai Perturbazione


    Giovedì 13 luglio
    16.15 Shadows di J. Cassavetes (Usa 1959, 87', v.o. sott.it.), Pull My Daisy di R. Frank (Usa 1959, 30', v.o.)
    18.30 The Connection di S. Clarke (Usa 1962, 110', v.o.)
    20.30 Trash di P. Morrissey (Usa 1970, 110', v.o. sott.it.)
    22.30 Blow Job di A. Warhol (Usa 1963, 35', v.o. sott.it.), Flaming Creatures di J. Smith (Usa 1963, 45', v.o.), Film Magazin of the Arts di J. Mekas (Usa 1963, v.o.)


    Venerdì 14 luglio
    16.15 Trash (replica)
    18.15 Blow Job, Flaming Creatures, Film Magazin of the Arts (replica)
    20.30 The Foreigner di A. Poe (Usa 1978, 77', v.o.)
    22.00 The Blank Generation di A. Poe (Usa 1976, 55', v.o.), Black Box di Scott e Beth B. (Usa 1979, 10', v.o.)


    Sabato 15 luglio
    16.30 The Blank Generation, Black Box (replica)
    18.00 The Foreigner (replica)
    20.30 Permanent Vacation di J. Jarmush (Usa 1980, 75', v.o. sott.it.)
    22.00 Poison di T. Haynes (Usa 1991, 85', v.o. sott.it.), The Manhattan Love Suicides di R. Kern (Usa 1985, 30', v.o.)


    Domenica 16 luglio
    16.30 Permanent Vacation (replica)
    18.00 Poison, The Manhattan Love Suicides (replica)
    20.15 Shadows, Pull My Daisy (replica)
    22.30 The Connection (replica)


    ***


     


    John Cassavetes


    Shadows


    Usa 1959, 87', col., v.o. sott.it.


    Copia conservata da British Film Institute


    Hugh, Leila e Ben sono tre fratelli afroamericani che vivono a Manhattan. Hugh, il più grande, è un cantante di nightclub in declino che vede uno spiraglio di felicità quando gli viene proposta una nuova scrittura. Leila frequenta i circoli degli esistenzialisti ma dopo una sfortunata avventura accetta la corte di un ragazzo. Ben, il più giovane dei tre, tenta di superare il disagio di essere di colore frequentando un gruppo di ragazzi bianchi che passano le giornate tra flirt, risse e gioco d'azzardo finché decide di condurre una vita più tranquilla. Il film è stato concepito come saggio di recitazione improvvisata realizzato in 16 millimetri e con una troupe di quattro persone. "Shadows prova che la realizzazione di un'opera cinematografica può essere fatta con soli 15.000 dollari. Ed è un film che non trascende la vita o il cinema. Cosa comporta questo? Che noi possiamo finalmente fare film da noi stessi. Hollywood e le piccole Hollywood dei nostri cosiddetti "indipendenti" non potranno mai fare i nostri  film" (J. Mekas).


    Sc.: J. Cassavetes; Fot.: Erich Kollmar; Int.: Ben Carruthers, Leila Goldoni, Hugh Hurd, Anthony Rey.


    GIO 13, h. 16.15, DOM 16, h. 20.15


     


    Robert Frank, Alfred Leslie


    Pull My Daisy


    Usa 1959, 30', b/n, v.o.


    Ritratto della condizione più intima di un'intera generazione. Libera improvvisazione su una scena tratta da una commedia mai rappresentata di Jack Kerouac. Uno degli elementi più interessanti è il sonoro: il film è stato girato muto, mentre la voce di Kerouac doppiava tutti i personaggi commentando liberamente anche le loro azioni. In tal modo i commenti di Kerouac acquistano un'immediatezza, una poesia e una magia considerati da Jonas Mekas senza precedenti nel cinema americano. "Potrebbe quasi essere considerato un film beat – è l'unico vero film beat, se mai ce ne fosse uno – intendendo per beat l'espressione del rifiuto inconscio e spontaneo della nuova generazione nei confronti della classe media, degli uomini d'affari" (J. Mekas).


    Sc.: Jack Kerouac; Int.: Allen Ginsberg, Gregory Corso, Larry Rivers.


    GIO 13, h. 17.45, DOM 16, h. 21.45


     


    Shirley Clarke


    The Connection/L'intermediario


    Usa 1962, 110', b/n – col., v.o.


    Copia restaurata e conservata da UCLA


    Il film narra la storia di un gruppo di tossicodipendenti in attesa dell'uomo che dovrà portar loro la "roba". Il film fu un evento di grande importanza, anche perché il dramma di Gelber introduceva tutta una serie di tecniche tipiche del teatro d'avanguardia dell'epoca: dall'uso sistematico delle improvvisazioni al coinvolgimento provocatorio del pubblico. The Connection ricreava la tossicodipendenza "in diretta": infatti gli attori erano dei veri drogati, che accettavano di salire sul palco in cambio della dose. Dopo 722 rappresentazioni in tre anni, The Connection divenne un film nel 1962, diretto da Shirley Clarke. Compare come attore anche lo scrittore e poeta William Burroughs, icona del movimento della Beat Generation


    Sc.: Jack Gelber, dal suo dramma omonimo; Fot.: Arthur J. Ornitz; Int.: Warren Finnerty,  Jerome Raphael, Gary Goodrow, James Anderson.


    GIO 13, h. 18.30, DOM 16, h. 22.30


     


    Paul Morrissey


    Trash


    Usa 1970, 110', col., v.o. sott.it.


    A causa dell'uso della droga, un giovane non riesce ad avere piú rapporti sessuali con la propria ragazza che colleziona oggetti scovati tra i rifiuti e, per racimolare un po' di soldi, si fa credere incinta da un'assistente sociale. Introdottosi in una casa nel tentativo di rubare, il tossicomane viene sorpreso dai proprietari che lo utilizzano, senza scrupoli, per i propri giochi erotici. Seconda parte della trilogia prodotta da Warhol. La macchina da presa di Morrissey non arretra di fronte a nulla ma proprio per questo il film è sincero ed emozionante, senza nessun moralismo. Il doppiaggio fu curato all'epoca da Pier Paolo Pasolini, che preferì voci che non avevano mai seguito corsi di dizione.


    Sc. e Fot.: P. Morrissey; Int.: Joe Dalessandro, Geraldine Smith, Patty D'Arbantville, Holly Woodlawn.


    GIO 13, h. 20.30, VEN 14, h. 16.15


     


    Andy Warhol


    Blow Job


    Usa 1963, 35', b/n, v.o. sott.it.


    Blow Job è costituito unicamente dal primo piano fisso di un ragazzo mentre qualcuno, fuori campo, compie una fellatio su di lui. Il viso è illuminato da una forte luce che piove dall'alto e lo sfondo è un muro di mattoni. Alla fine del film il giovane si rilassa fumando una sigaretta. "Warhol parodizza il cinema pornografico che, nelle sue forme primarie, era anch'esso muto. L'illuminazione dall'alto del volto fa emergere delle ombre nelle orbite del ragazzo, che a momenti ne trasformano il volto in teschio: la morte, la petite mort che accompagna l'erotismo, fa la propria comparsa. All'opposto, ma sono opposti che coincidono, quella stessa luce, che nelle code iniziali e finali è come se "bruciasse" la pellicola, introduce una dimensione che non è azzardato definire spirituale, nella banale registrazione "documentaristica" del primo piano: come se Warhol volesse estrarre da quel volto, attraverso un cinema al di là del cinema, un'estasi divina.


    Fot.: A. Warhol; Int.: Willard Maas.


    GIO 13, h. 22.30, VEN 14, h. 18.15


     


    Jack Smith


    Flaming Creatures


    Usa 1963, 45', b/n, v.o.


    Copia conservata da The Film-Makers' Cooperative


    Uno dei film più celebri e celebrati dell'underground americano, una farsa umoristica che si sviluppa in un mondo popolato da travestiti, falli cadenti, maquillages esagerati, glamour hollywoodiano. È la gloriosa manifestazione di un istante di libertà fissato sulla pellicola da un artista che influenzerà le opere di tutta una generazione di cineasti e di performer.


    Int.: Joel Markman, Mario Montez.


    GIO 13, h. 23.10, VEN 14, h. 18.50


     


    Jonas Mekas


    Film Magazine of the Arts


    Usa 1963, 20', b/n, v.o.


    Copia conservata da The Film-Makers' Cooperative


    Il film è composto da otto sequenze indipendenti, che descrivono diverse esperienze artistiche. Esse sono girate in modo documentaristico senza interagire direttamente con le azioni, con una regia  spontanea ed improvvisata. L'idea principale che Mekas voleva sviluppare era di riuscire a raggruppare tutti i modelli principali dell'arte contemporanea newyorchese, andando dalla Pop Art all'Happening, dal teatro sperimentale, alla musica d'avanguardia.


    Fot.: J. Mekas, Ed Emshwiller, David Brooks; Int.: Andy Warhol, Jasper Johns, Jerry Joffen, Eric Hawkins.


    GIO 13, h. 24.00, VEN 14, h. 19.45


     


    Amos Poe


    The Foreigner


    Usa 1978, 77', b/n, v.o.


    L'agente segreto Max Menace arriva a New York e, in attesa di incontrare il suo contatto e di venire a conoscenza della sua prossima missione, si imbatte in una serie di strani personaggi e vive assurde situazioni senza mai riuscire a scoprire perché sia stato chiamato a New York. In questo suo vagabondaggio osserva il mondo senza trovare un senso, aspira alla violenza per noia e per paura.


    Sc.: A. Poe; Fot.: Johanna Heer, Kirine El Khadem; Int.: Eric Mitchell, Anya Phillips, Patti Astor, Deborah Harry, A. Poe.


    VEN 14, h. 20.30, SAB 15, h. 18.00


     


    Amos Poe, Ivan Kral


    The Blank Generation


    Usa 1976, 55', b/n, v.o.


    Girato in 16mm da Poe insieme a Ivan Kral, membro del Patti Smith Group, al CBGB's di New York nel 1975. Il film include riprese di band come Television, Ramones, Talking Heads, Blondie, Patti Smith Group, Johnny Thunders & The Heartbreakers (con Richard Hell), Wayne County e altri gruppi. Il risultato è un vibrante filmato, simbolo dell'estetica del nuovo cinema, in bianco e nero e con il sonoro fuori sincrono (le riprese erano mute, il sonoro è stato poi aggiunto da demo e live delle band). Frammentato, convulso, sfalsato, un documento importante, che mette in luce il talento di Poe e mostra i primi passi di alcune delle band del successivo movimento new wave americano.


    VEN 14, h. 22.00, SAB 15, h. 16.30


     


    Scott e  Beth B.


    Black Box


    Usa 1979, 10', b/n, v.o.


    Nei film di Scott e Beth B. c'è, quasi sempre, un'atmosfera di paranoia politica, di un mondo da incubo in cui la libertà può essere portata via in ogni momento da forze repressive, atmosfera che mette le persone l'una contro l'altra in modo che la gente non si organizzi mai, ma che sia invece in competizione per denaro e una migliore posizione. "Tutti i nostri film parlano degli indesiderabili. Li trovo in un certo senso più reali. La maggior parte dei film di Hollywood sono su persone dell'alta e media borghesia con cui non ho nulla in comune" (Beth B.).


    Int.: Bob Mason, Kristof Kolhofer, Lydia Lunch, Kiki Smith.


    VEN 14, h. 23.00, SAB 15, h. 17.30


     


    Jim Jarmusch


    Permanent Vacation


    Usa 1980, 75', col., v.o. sott.it.


    Allie, un ragazzo ancora adolescente, condivide un appartamento a New York con una sua amica. Soffrendo d'insonnia, la notte cammina per strade deserte, tra edifici diroccati coperti da fitta vegetazione. Le bombe di una guerra immaginaria esplodono a distanza. Dopo aver visto il quartiere in cui è nato, decide di andare a trovare sua madre, ricoverata in un ospedale fatiscente. Ma la compagna di stanza della madre lo respinge con delle risate isteriche e Allie decide di andarsene. Durante il suo vagabondaggio per le strade incontra diversi personaggi: una ragazza che canta spagnolo, un nero drogato che racconta barzellette, un sassofonista che improvvisa serenate ipnotiche. Dopo aver rubato e rivenduto un'automobile per 800 dollari, Allie torna a casa e fa la valigia, lasciando un messaggio scritto per la sua amica. Alle luci del mattino si imbarca su una nave da carico che lo porta lontano.


    Sc.: J. Jarmusch; Fot.: James A. Lebovitz; Int.: Chris Parker, Leila Castil, John Lurie, Richard Boes, Sara Driver.


    SAB 15, h. 20.30, DOM 16, h. 16.30


     


    Todd Haynes


    Poison


    Usa 1991, 85', b/n, v.o. sott.it.


    Basato sugli scritti di Jean Genet, il film racconta tre storie: in Hero un bambino di 7 anni uccide il padre e poi scompare. In Horror uno scienziato isola l'impulso sessuale in forma liquida, ma poi lo beve per errore e dà origine a una tremenda epidemia. In Homo un ladro fa il suo ingresso in un carcere dove le relazioni omosessuali sono all'ordine del giorno, e incontra una sua vecchia conoscenza. Differenziati e distinguibili nello stile, i tre episodi sono rispettivamente riflessione sull'impossibile realismo del cinema, un omaggio ai b-movie di fantascienza degli anni Cinquanta, un omaggio diretto a Jean Genet.


    Sc.: T. Haynes, dai racconti di Jean Genet; Fot.: Maryse Alberti Shore, Barry Ellsworth Tiel; Int.: Edith Meeks, Millie White, Buck Smith.


    SAB 15, h. 22.00, DOM 16, h. 18.00


     


    Richard Kern


    The Manhattan Love Suicides


    Usa 1985, 36', b/n, v.o.


    Quattro sguardi di Richard Kern in quattro cortometraggi. In Stray Dogs vediamo un pittore che gira per New York con le sue ragazze spendendo e spandendo. Woman at the Wheel segue una donna e i suoi due fidanzati vertiginosamente in giro per la città. In I Hate You Now seguiamo la giornata tipo di uno spacciatore dal viso deforme e della sua ragazza, infine, in Trust in Me una donna si taglia le vene nella vasca da bagno ma il suo partner non la nota neppure. Attraverso un misto di storie dall'umor tetro, di amore condannato e scadenti effetti gore, Kern riesce a realizzare un aggiornamento dei tormentati melodrammi hollywoodiani.


    Sc.: R. Kern; Int.: Nick Zedd, David Wojnarowicz, Bill Rice.


    SAB 15, h. 23.30, DOM 16, h. 19.30

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