"Nickname: enigmista", di Jeff Wadlow

Esempio paradigmatico di teen-horror innocuo e piuttosto vacuo che rimestola cannibalicamente tante insaguinate carte vincenti del passato filmico di genere e le ripulisce, rilucidandole ma anche togliendone, così, afflato vitale

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Un gruppo eterogeneo di ragazzi e ragazze, un campus universitario e un bosco dove un killer compie la sua volontà di porre fine alla vita di una giovane studentessa… Non sarebbe "niente" se quel gruppo di ragazzi che si ritengono tanto furbi non scatenasse, con una minacciosa mail di un sedicente "Enigmista" rivolta a tutti gli account della scuola, le ire dell'assassino che, naturalmente, si ripercuoteranno sugli stessi sobillatori dimostrando che esorcizzare la paura può diventare il modo "migliore" per dover affrontare il reale terrore. La Eagle ha distribuito questa pellicola ammiccando al grande successo (meritato) di Saw – L'enigmista  nel titolarla, ma il film di Wadlow non possiede l'insana e potente sgradevolezza horror che si respirava nel "non-traspirante" film di Wan. Saltabeccando tra Cose molto cattive e Cruel intentions per il sarcasmo macabro e la supponente arguzia dei protagonisti, il coltellaccio di Scream e un tentato humour dal sapore craveniano (il figlioletto della preside che irrompe cantilenando "dolcetto o scherzetto?" durante un serioso colloquio, il finto annegamento di Dodger…), Venerdì 13 per l'ambientazione boschiva, My little eye per il versante informatico-mediatico il primo lungometraggio con attori in carne e ossa di Wadlow (che ha esordito l'anno scorso nel lungo con il cartone animato Catching Kringle, impreziosito dalle voci di Danny DeVito e Larry King) è un esempio paradigmatico di teen-horror innocuo e piuttosto vacuo che rimestola cannibalicamente tante insaguinate carte vincenti del passato filmico di genere e le ripulisce, rilucidandole ma anche togliendone, così, l'afflato vitale. Una mancata scena da possibile antologia, però, Wadlow prova a proporcela, ma è solo una timida bozza di saggio su luce/buio, colpevolezza/innocenza, un vettore visivo-morale retta/angolo (ovvero sul cinema tutto hitchcocko/langhiano). Si tratta della sequenza in cui i due protagonisti Owen e Dodger, trovandosi nella remota zona della biblioteca punteggiata da neon che s'illuminano col passaggio/movimento dei corpi, si mettono al buio rimanendo immobili "per far luce" sull'eventuale presenza dell'assassino che si muove poco a poco illuminando il proprio corridoio, laddove si intrecciano il videogiochismo del classico spara-tutto Doom e il kubrickiano labirinto di ghiacchio e neve di Shining. Tutto è così risolto con dissacrante ironia dalla vecchia bibliotecaria-signora-che-appare (al contrario di quella hitchcockiana che "scompare") e che invita i due, stretti nell'abbraccio della paura-conoscenza/amore-occultamento, a spostarsi al reparto di filosofia tedesca dove non li disturberà nessuno. Come, del resto, nessuno ha importunato quasi mai i nostri nervi e le nostre angosce durante la proiezione…

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Titolo originale: Cry-wolf
Regia: Jeff Wadlow
Interpreti: Julian Morris, Lindy Booth, Jared Padalecki, Jon Bon Jovi, Sandra McCoy, Kristi Wu
Distribuzione: Eagle Pictures
Durata: 90'
Origine: Usa, 2005


 

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