Nick’s Film, di Nicholas Ray e Wim Wenders

Questo è forse il film più controverso e difficile di Wim Wenders, anche perché in realtà non è solo un “suo” film, ma è anche un film di Nicholas Ray, anche se diretto – di fatto – dal letto di morte. E’ un film fatto e rifatto più volte, perché Wenders prima se ne volle allontanare, tirar fuori in qualche modo, lasciando al montatore Pere Przygodda il compito di rimontare il tutto, ma poi, dopo la presentazione a Cannes nel 1980 di Lighting Over Water, che di fatto era divenuto un documentario sulla morte di Ray e sull’amicizia con Wenders, il regista tedesco decise di riprendere in mano il progetto, convinto che – come disse – “il film non era finito, non riposava in pace, dunque non mi avrebbe lasciato riposar in pace o almeno non mi avrebbe mai lasciato tranquillo se l’avessi mantenuto nello stato in cui era”. e lo rimontò personalmente, “fisicamente”, mixando materiali diversi, mettendo il suo corpo in gioco, accanto a quello dell’amico morente, inserendo la voce fuori campo che raccorda il tutto, e cambiando il titolo in quel “Nick’s Film” che è un omaggio e anche una concessione al regista da lui tanto amato. Wenders conobbe Nicholas Ray (autore di pellicole straordinarie come Gioventù bruciata, Il diritto di uccidere, Il temerario, La donna del bandito, ecc..) all’epoca de L’amico americano, dove gli fece interpretare la parte di un pittore falsario. Da lì però nacque l’idea di Ray di riprendere a lavorare a un film, magari di concludere il suo We Can’t Go Home Again mai finito. Ma tra il ‘78 e il ‘79 le condizioni di salute di Ray peggiorarono, si sottopose a diversi interventi chirurgici mentre il cancro gli si estendeva anche ai polmoni e al cervello. Quando Wenders andò a trovarlo i due parlarono di un progetto da fare assieme, e, nel tempo, questo progetto si legò con l’atto stesso del morire di Ray. Un po’ alla volta il film divenne un documentario impossibile, l’atto di filmare la propria morte per Ray, o di filmare quella di un amico morente per Wenders. E la morte, al cinema, è un tabù. La si può fingere, non filmare. E così il film divenne la storia di questa straordinaria amicizia tra un uomo, un regista, morente, e il suo amico di trent’anni più giovane, quasi un figlio, che cerca di raccogliere il più possibile, dell’umanità, del talento, della vita di questo suo vecchio amico. E Nick’s Film risulta alla fine un qualcosa di impossibile, di indigesto, e allo stesso tempo di dolcissimo e profondamente umano. Luogo pericoloso dove il confine tra il filmabile e l’infilmabile è sottilissimo. Resta, alla fine, una grande dichiarazione d’amore per un uomo e per il suo cinema, anche se molti ritengono l’operazione di Wenders vicina alla necrofilia. Ma in realtà Nick’ Film è, probabilmente, il film più “pieno di vita” del regista tedesco, paradossalmente il meno controllato – anche se lo ha montato con le sue mani, sicuramente il più sentito e vissuto, drammaticamente sulla propria pelle e nel cuore.

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Bernardo Bertolucci sul film di Wenders e Ray

“Come tutti i film sulla vita finiscono inevitabilmente per evocare l’idea della morte, questo film sulla morte ha tutte le porte e le finestre spalancate su un mondo di grande vitalità. Che altro non è che nostalgia della vita mentre la si vive, simulazione, recitazione, finzione. Così il film procede in progresso con la morte, questa volta veramente al lavoro, in 35mm, in videotape… a Nick è data l’occasione di essere creativo fino all’ultimo respiro, col piacere, la fatica e l’esibizionismo che la creatività richiede ad un cineasta.”

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