Nico D'Alessandria al Cinema Trevi

Giovedì 21 maggio

--------------------------------------------------------------
CORSO COMUNICAZIONE DIGITALE PER IL CINEMA DALL'11 APRILE

--------------------------------------------------------------
giovedì 21 maggio
Cinema Trevi (Vicolo del Puttarello 25 – Roma)
 
Nico D’Alessandria, l’imperatore del cinema indipendente
Orgogliosamente indipendente. Controcorrente. Indefinibile come il suo cinema. Sempre e comunque d’autore. In due parole: Nico D’Alessandria (1941-2003). Si diploma in regia al Centro Sperimentale di Cinematografia nel 1967 con il bellissimo saggio d’esame Il canto d’amore di Alfred Prufrock, da una poesia di Eliot. Lavora come aiuto regista (La bambolona, Cuore di mamma, L’urlo…) e come documentarista televisivo, dedicandosi spesso e volentieri al cinema militante (Occupazione delle case a Decima e Cinegiornali ideati da Zavattini). La sua voglia di sperimentare non si ferma solamente al cinema e nel 1978 realizza un programma radiofonico Processi mentali dedicato alla follia che successivamente verrà “proiettato” in sala “a schermo bianco”. Il suo vero e proprio esordio alla regia avviene con Passaggi in 16mm sul problema degli anziani. Ma il suo capolavoro è L’imperatore di Roma (1988), al quale seguiranno L’amico immaginario (1994) e Regina Coeli (1999). Ecco come ricorda questi film Gaetano Gentile, che ha avuto la fortuna di conoscere e di lavorare assieme a Nico D’Alessandria: «Vidi L’imperatore di Roma e L’amico immaginario. Del primo mi colpì Jerry Sperandini che camminava, urlava, […] dietro non si sa bene quale traccia, che si scontrava con borghesi tipo, anche loro coinvolti inconsapevolmente in una corsa nel nulla, verso un obiettivo fatto di illusioni e basato su una triste sopravvivenza. Centrale il tema della follia, a lui caro. Cosi lo ricordava Nico: “Lo girai muto, in 35mm, eravamo in tre, io, l’operatore Roberto Romei e Giuliana Mancini, lo sonorizzai dopo con le voci dei protagonisti, e lo montai personalmente. La pellicola era la più economica, la ORVO , che mi feci mandare dalla Germania Est. Con seimila metri feci il film. Quando iniziai, il protagonista Gerardo Sperandini era internato all’ospedale psichiatrico di Aversa, e mi fu affidato dal magistrato di sorveglianza… Abbiamo vissuto insieme per trenta giorni, il periodo delle riprese, anche di notte perché era assolutamente rischioso lasciarlo da solo” […]. De L’amico immaginario, film con una produzione più tradizionale seppur essenziale, mi colpirono il coraggio, l’onestà intellettuale dell’autore di mettersi a nudo attraverso la figura fortemente autobiografica di Dino, interpretato dal grande attore romano Victor Cavallo, […] nel quadro di un crudo ripensamento generale delle rivoluzionarie idee del sessantotto, della loro evoluzione/involuzione, fatto senza piagnistei e retorica, asciutto, diretto. Ancora le parole dell’autore: “Dino, il protagonista, attraversa una crisi esistenziale frutto delle delusioni del dopo ’68, ritrovandosi solo e inadeguato, crisi che arriva a livelli patologici, tanto da ricorrere a uno psicologo. Nel film, l’amico immaginario a cui Dino si rivolge, rappresenta un punto di vista laico del tema dell’aldilà” […]. Si parla anche della preparazione di Regina Coeli, e io mi offro come assistente volontario, come fanno tanti giovani bramosi di set, folgorato sulla via del cinema dalla coincidenza per la passione per il prison-movie, sottogenere del noir americano ormai elevatosi a genere vero e proprio […]. Di Regina Coeli ho davanti a me tre versioni della sceneggiatura: una prima battuta a macchina, la seconda datata 1998, la terza quella che usammo sul set. Mi ricordo le difficoltà per avere Magali Noël, la Gradisca felliniana da lungo tempo assente dai set italiani, che arrivò anche grazie alla mediazione di Luciano Emmer, […] i sopralluoghi per trovare location giuste e, perché no, gratuite, […] le bocciature, i finanziamenti che ci sono solo per pochi, […] tanto che Nico alla fine ipoteca la casa per fare il film. E ricordo soprattutto la sua volontà granitica, la forza e la capacità di risolvere una serie di problemi che di solito le produzioni affidano a non meno di dieci, quindici persone, con l’imperativo dell’obbligato risparmio, le mille telefonate, i ritocchi forzati alla sceneggiatura […], la pazienza, la dolcezza nonostante tutto. Mi ricordo anche il primo giorno delle riprese, era il 17 maggio 1999, con questa troupe volenterosa e ridotta all’osso, la burocrazia snervante per entrare al carcere di Rebibbia dove si girarono parecchie scene […], la collaborazione del direttore Giannelli, il coinvolgimento entusiasta dei detenuti […], i cestini di Franca Scagnetti che arrivava ogni giorno con la sua 127 sgangherata dal lontano Quartaccio, vicino a Primavalle, i camei preziosi di Victor Cavallo (direttore del carcere), Rossella Or (amica di Regina), Jerry Sperandini (detenuto), Mario “Stracci” Cipriani (vecchio marinaio) e FrancaScagnetti (gattara), la scelta della Citroen DS come macchina di scena di Regina (Magali Noël) […]. In questo film, […] feci un po’ di tutto, dall’assistente alla regia al location manager, dall’attore al segretario di produzione, ma tutti erano presi dalla febbre di Nico e i compiti per ognuno erano molteplici, […]. Una volta montato il film (Nico preferì la moviola tradizionale di Maurizio Baglivo alla fantasmagoria dell’Avid), iniziò l’odissea della distribuzione, che Nico risolse facendosela da solo, dopo vari rifiuti, […] e con l’aiuto dell’amico Silvano Agosti, che tenne il film in cartellone per parecchio tempo al suo Azzurro Scipioni, dopo l’uscita al Cinema dei Piccoli di Villa Borghese. Poi, mosso dalla stessa inossidabile, ferrea volontà, il giro dei festival, […] spesso con l’amico Mario Cipriani […]. Adesso niente più. L’ultima volta lo vidi alla Piramide, andammo in moto in una sala di montaggio di via del Porto Fluviale per riversare da Betacam a miniDV un pezzettino di Mario Cipriani che doveva far parte di un documentario sulla vita di “Stracci” a cui stava lavorando. Lassù ritroverà parte del cast di Regina Coeli, Victor Cavallo, Gerardo Sperandini, Franca Scagnetti, “Stracci”. Non prendetemi per folle, ma me lo immagino anche lì a combattere per fare un film» (www.frameonline.it).
 
«Sono nato/morto al cinema con Rebecca, la prima moglie (Rebecca, Alfred Hitchcock – 1940). Sono morto/rinato con il cinema-verità. Sono stato vicino al cinema sperimentale con Il canto d’amore di Alfred Prufrock (1967) e Carmelo Bene, e al cinema militante con Occupazione delle case a Decima (1973) e Zavattini nel bombardamento della cupola di San Pietro. Da morto, al cinema, ho cominciato a sognare di vivere in un film e tante volte la stessa sequenza finale. Per radio ho dato parola all’immagine della follia con “Processi Mentali”. Mi hanno costretto a essere imprenditore e ho soppresso il contabile. Ho pedinato la vecchiaia con Passaggi (1980). Ho visto camminare per Roma l’Imperatore. Ho fatto della mia vita un film, L’amico immaginario (1994). Ho incoronato la Gradisca con Regina Coeli (2000).
La mia gaffe preferita è “questo cinema va distrutto!”»
Nico D’Alessandria
 
ore 17.00
Regina Coeli (1999)
Regia: Nico D’Alessandria; soggetto: N. D’Alessandria; sceneggiatura: N. D’Alessandria, Giuliana Mancini, Cecilia Mangini Del Frà; fotografia: Piergiorgio Bottos; musica: Antonello Neri; montaggio: Maurizio Baglivo; interpreti; Magali Noël, Luciano Curreli, Rossella Or, Victor Cavallo, Mario Cipriani, Gerardo Sperandini; origine: Italia; produzione: D’Alessandria Domenico Produzione; durata: 88’
«Una donna, non più giovane ma ancora piacente, è assistente volontaria nel celebre carcere romano. Soprannominata “Regina Coeli”, da un po’ di tempo dedica il suo tempo e le sue attenzioni ad un giovane detenuto sardo, accusato di sequestro di persona, che si proclama innocente» (Poppi). «500 milioni, completamente autoprodotto. Ho perfino dato in garanzia l’ipoteca sulla casa. Mi viene anche rimproverato che io l’ho potuto fare perché avevo la casa. Ma io ho la risposta: il 50% degli italiani lo possono fare perché hanno la casa di proprietà, per non parlare dei registi che sono il 100% a possederne anche più di una. Ma non lo farebbero mai. […] Ho voluto usare la bellezza della vecchiaia femminile che sa essere dolcissimamente spietata. Magali l’ho conosciuta nell’’87, lei aveva 55 anni ed era bellissima, stupenda, sembrava una fata. La conobbi al festival di Annecy, praticamente mi innamorai e mi rimase nel cuore di fare un film con lei, come se fosse stata Marilyn Monroe. Mi sarebbe anche piaciuto fare un nudo…ma ci sono sempre le concessioni che si debbono fare rispetto a quello che uno vorrebbe. Questa caratteristica per esempio mi accomuna al grande Rossellini Roberto, questa trasandatezza che c’è nei suoi film o noncuranza della perfezione purché si arrivi al risultato, perché se ci si perde ad inseguire la perfezione si diventa Visconti» (D’Alessandria).
 
ore 19.00
L’amico immaginario (1994)
Regia: Nico D’Alessandria; soggetto e sceneggiatura: N. D’Alessandria; fotografia: Bruno Di Virgilio; fotografia: Bruno Di Virgilio; musica: Riccardo Fassi; montaggio: Maurizio Baglivo; interpreti: Victor Cavallo, Valeria D’Obici, Rocco Mortellitti, Roberto D’Alessandria, Fulvia Mosconi, Giancarlo Parodi; origine: Italia; produzione: N. D’Alessandria; durata: 85’
«Il cinquantenne Dino fa un bilancio della propria vita, dei suoi rapporti con il suo bambino, con le donne che ha amato, con il proprio lavoro e con gli amici intimi, uno dei quali, sacerdote, muore un giorno improvvisamente. Anche dall’al di là, però, l’amico continua ad essergli vicino, come un angelo custode, per sostenerlo nei momenti più angosciosi della sua esistenza» (Poppi). «C’è tutta una parte di cinema italiano che, se non proprio sommersa, è perlomeno emarginata, confinata negli angoli di uscite estive frettolose, fatte di poche sale d’essai e di cineclub. […] Anche se girato in un evidente stato di precarietà, con pochi mezzi a disposizione e con penuria di pellicola, anche se qua e là acerbo e stentato, L’amico immaginario – interpretato da quello straordinario attore colpevolmente trascurato dal cinema italiano che è Victor Cavallo – trae il suo vigore poetico dalla commossa sincerità con la quale Nico D’Alessandria va alla ricerca di quella strada smarrita che è la concezione religiosa della vita» (Natta).
 
ore 20.40
Evelina e Marcoaldo (1966)
Regia: Nico D’Alessandria; soggetto e sceneggiatura: N. D’Alessandria; fotografia: Laure Caroline; origine: Italia; produzione: Csc; durata: 10’
Marcoaldo, marito oppresso, si addormenta in poltrona e sogna una partita a carte con un individuo mefistofelico in cui la posta in gioco è sua moglie Evelina.
 
a seguire
Il canto d’amore di Alfred Prufrock (1967)
Regia: Nico D’Alessandria; soggetto e sceneggiatura: N. D’Alessandria; fotografia: Elio Bisignani, Michele Picciaretta; operatore alla macchina: Demostene Nicolau; ambientazione: Francesco della Noce; suono: Luciano Berio; interpreti: N. D’Alessandria; voce: Carmelo Bene; durata: 20’
«Impressioni visive su uno splendido testo di Eliot, con centro nell’autore dello short. Faticata fusione tra poesia e immagini, perché la prima parla di una miseria sconfinata dell’esistere (e la dizione strascicata di Bene le si attaglia a pelle) e le seconde, invece, tendono ad esplodere – per la ricerca di plasticità corporee, per lambiccate congruenze simboliche di superficie, ecc – nell’autocompiacimento dell’autore-attore» (De Benedictis). Autentico cinema sperimentale, visionario, esperimento visivo originale… indimenticabile. Prendere o lasciare.
 
a seguire
L’imperatore di Roma (1988)
Regia: Nico D’Alessandria; soggetto e sceneggiatura: N. D’Alessandria; fotografia: Roberto Romei; musica: Al Luntati, Carlo Giugni; montaggio: N. D’Alessandria; interpreti: Gerardo Sperandini, Nadia Haggi, Giuseppe Amodio, Agnese De Donato, Fulvio Meloni; origine: Italia; produzione: N. D’Alessandria; durata: 89’
«Gerry vive a Roma, dormendo in squallide pensioni e camminando senza meta per la città. Vive in solitudine, per unica compagna la droga. Evitato dai “bravi” cittadini, poco considerato dagli amici, egli immagina la sua fine, come un moderno “Accattone” o con una siringa conficcata nel braccio» (Poppi). «Ricordate Accattone di Pasolini? Muore per un banale incidente di motocicletta alla curva del ponte del Mattatoio. In quella stessa curva cade l’imperatoredi Roma ma si rialza imprecando, pronto a riprendere la strada a piedi. Il suo nome è Gerry ma forse è più giusto pensarlo Nerone o Commodo. Anche lui desidera trovare la morte nell’arena (magari per un buco di addio). Anche lui ama Roma, di un amore-odio e vorrebbe distruggere il Colosseo a picconate. Conosciuto il personaggio e scritta la sceneggiatura, mentre passavano gli anni in attesa di ottenere i finanziamenti dello stato, il povero Gerry finiva riconosciuto pericoloso socialmente e rinchiuso ad Aversa. Qui nasce il cult-movie. Nico D’Alessandria aspetta tre anni, scrive a Gerry 48 lettere e ne riceve 171. Si occupa di lui nel tentativo di ricucire il tessuto familiare strappato e rifiuta di realizzare il film con un attore diverso dal suo imperatore. Crede che la fatica di fare cinema possa ripagarsi meglio se aiuta un Gerry qualsiasi a riconoscere la strada per uscire dall’inferno. Raccontare un film o raccontare la vita? L’importante è raccontare… E Roma? Già … Roma! Roma in bianco e nero, per giocare con il chiaroscuro più che con i colori. Degradata e splendida. Roma Tevere e polvere, luogo di ogni delirio e set cinematografico. Protagonista e oggetto di sberleffo» (D’Alessandria).
Film vietato ai minori di anni 14
--------------------------------------------------------------
CORSO ONLINE SCRIVERE E PRESENTARE UN DOCUMENTARIO, DAL 22 APRILE

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative