Nina, di Vincente Minnelli

Un fascino senza tempo e meditazione sul potere immaginifico del cinema. L’utimo film realizzato dal regista nel 1976. Stanote, ore 2.45, Rete 4

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Si muore solo se si è dimenticati. Vincente Minnelli mette in ordine i ricordi di una vita e affida alla figlia Liza il testimone di un cinema ormai al crepuscolo, superato dalle fibrillazioni della New Hollywood. Madame Bovary incontra Cenerentola. L’Ethel Barrymore dell’episodio Mademoiselle di Storia di tre amori abbraccia la Leslie Caron di Gigi. In un lungo flashback l’attrice di successo Nina (Liza Minnelli) ricorda i tempi di quando era cameriera a Roma e il fatale incontro con la contessa Lucrezia Sanziani (Ingrid Bergman) che la trasforma da brutto anatroccolo in cigno.

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Il segreto è non essere la copia di qualcun altro ma affermare sé stessi e la propria unicità come in un ritratto di Boldini. Il fascino dell’ultima opera di Vincente Minnelli sta nelle diverse contaminazioni di genere: c’è naturalmente il musical che fa capolino nella canzone che apre e chiude il film A Matter of Time e nella splendida Do it Again cantata a Venezia a Palazzo Ca’ Rezzonico da una conturbante Liza Minnelli; c’è la commedia classica con i divertenti duetti tra Nina e la ruspante cugina Valentina (Tina Aumont); c’è il melodramma romantico di personaggi che sembrano provenire da altre pellicole d’epoca (Amedeo Nazzari, Charles Boyer); c’è l’atmosfera decadente di Morte a Venezia concentrata nel personaggio della contessa, perennemente fuori luogo e fuori tempo. Ma l’ultima opera di Vincente Minnelli è anche una meditazione sul potere immaginifico del cinema: non è un caso che la mente di Nina metta in scena frammenti di una esistenza passata della contessa Sanziani rivivendo quello splendore e quel lusso: quando si troverà davanti alla macchina da presa la sua completa fusione tra arte e vita la renderà unica protagonista.

Roma, già utilizzata come sfondo in Due settimane in un’altra città (1962), è il set ideale per questa favola moderna in cui Cinecittà è la fabbrica dei sogni. Il film è inoltre un percorso di padri e di figlie, di madri e di figlie: il rapporto tra la contessa e Nina richiama quello tra Vincente e Liza così come non è un caso che ad assistere Ingrid Bergman morente ci sia la figlia Isabella Rossellini nel ruolo di Suor Pia. Anche l’incontro tra Ingrid Bergman e Charles Boyer è una citazione del capolavoro Angoscia di Cukor in cui i due confrontavano passione e razionalità. Nei colori autunnali con prevalenza del rosso e del giallo si staglia indimenticabile la figura della Bergman che guarda i tramonti romani mentre il cielo è tempestato di voli d’uccelli. Il suo make-up è curatissimo: capelli imbiancati, mascara e rimmel, gioielli e vestiti eleganti. E attraverso lo specchio la diva osserva contemporaneamente il proprio tramonto e l’alba di una nuova stella.

Vincente Minnelli sembra osservare il dissolversi di questo mondo con le lacrime agli occhi, con un velo offuscato che è il sogno di un artista dentro il sogno del Cinema. Nina spicca il volo verso il successo ma tiene in vita la contessa Sanziani con il suo ricordo denso di riconoscenza e gratitudine. E’ una questione di tempo perduto e ritrovato, di vecchio e di nuovo: il 1976 è l’anno de Gli ultimi fuochi di Kazan ma anche di Taxi Driver di Scorsese.

Basato sul romanzo La volupte d’etre di Maurice Druon adattato da John Gay, montato in una prima versione che oltrepassava le tre ore, Nina venne massacrato in postproduzione e alla fine disconosciuto dal regista. Eppure anche nella versione deturpata di 97 minuti è possibile intravedere il film immaginato da Vincente Minnelli, quello bigger than life, strabordante, in precario equilibrio tra la dura realtà di un tempo che relega nell’oblio e una finzione spettacolare capace di fermare le lancette dell’orologio e donare l’illusione dell’eternità.

Titolo originale: A Matter of Time
Regia: Vincente Minnelli
Interpreti: Liza Minnelli, Ingrid Bergman, Charles Boyer, Spiros Andros, Tina Aumont, Gabriele Ferzetti, Fernando Rey, Orso Maria Guerrini, Isabella Rossellini, Amedeo Nazzari
Durata: 97′
Origine: USA, 1976
Genere: drammatico/sentimentale

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
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