Noi 4. Incontro con Francesco Bruni e il cast

francesco bruni

Lo sceneggiatore e regista ha presentato oggi il suo secondo film dietro la macchina da presa dopo Scialla!.  All'incontro sono intervenuti i protagonisti Fabrizio Gifuni e Ksenia Rappoport e i giovani protagonisti Lucrezia Guidone e Francesco Bracci Testasecca. In uscita il 20 marzo distribuito da 01.

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francesco bruniFrancesco Bruni ha presentato oggi Noi 4, il suo secondo film dietro la macchina da presa dopo Scialla! dove i destini quattro protagonisti di una scombinata famiglia – un artista inaffidabile, un ingegnere ansiosa, una ragazza idealista e irrequieta, un ragazzino che deve svolgere l'esame di terza media – s'incrociano nel corso di un'afosa giornata di giugno. All'incontro sono intervenuti i protagonisti Fabrizio Gifuni e Ksenia Rappoport e i giovani protagonisti Lucrezia Guidone e Francesco Bracci Testasecca. In uscita il 20 marzo distribuito da 01.

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Anche qui, come in Scialla!, c'è al centro il rapporto genitori-figli

Francesco Bruni: I due film li trovo molto affini. Luca di Scialla! potrebbe aver frequentato la stessa scuola di Giacomo di Noi 4. Il mio orizzonte di narratore è limitato. Ora per fortuna ho cambiato quartiere, sono andato a Trastevere e posso fare qualcosa di diverso. Questo film nasce da una riflessione un po’ problematica di circa due anni fa che mi ha rimesso in discussione con la mia famiglia. Non c’era più l’armonia di prima e mi stavo rendendo conto che stavo invecchiando. Volevo che gli attori restituissero un’immagine verosimile della famiglie che ho intorno. Ho pensato subito sia a Fabrizio che a Ksenia e poi ho trovato Lucrezia e Francesco con molta fortuna

 

 

francesco bruni e ksenia rappoport sul set di noi 4Come avete lavorato sui vostri personaggi?

Fabrizio Gifuni: Per me è stato un grande regalo interpretare, a pochissima distanza di tempo,  due personaggi come Il capitale umano e Noi 4. Anche il film di Virzì viene dalla penna di Francesco. E ho incarnato due personaggi diversissimi,  uno ricchissimo, l’atro squattrinato. Erano poi tanti anni che aspettavo con impazienza una commedia. Mi piace la figura del cialtrone che scarica le nevrosi quotidiane, ma ha anche un deficit di responsabilità. Dopo tanti anni di teatro, avevo fatto un’idiota padovano in La bruttina stagionata, poi sono stato incasellato per tanto tempo solo dentro un certo tipo di cinema.

Ksenia Rappoport: La sceneggiatura mi è piaciuta da morire e ho trovato il mio personaggio riconoscibile. Molte donne in Russia sono così e anch’io un po’ lo sono. Per me il problema era la lingua perché questa volta il personaggio porta con sé l’accento romano. Ho anche imparato la parola “porca zozza”.

Lorenza Guidone: E’ il mio primo film quindi ero emozionatissima e ho avuto dei compagni di viaggio davvero bravi. Francesco poi ha la qualità rara di mettere armonia intorno al set che crea rapporti intensi e che danno energia al film. Poi è stato bello girare al Teatro Valle

Francesco Bracci Testasecca:  Anche per me è stata la prima esperienza al cinema. Francesco ha chiamato mia madre e io mi sono trovato catapultato nel mondo del cinema. Poi mi sono trovato nel personaggio e la mia famiglia è simile a quella del film. Mia madre lavora tantissimo e porta i soldi a casa mentre mio padre fa lo scrittore squattrinato

Francesco Bruni: Un giorno Ksenia, parlandomi di Francesco, mi ha detto: "Questo attore è un cane!" Ma in Russia questa espressione, al contrario che da noi, vuole dire invece che è bravissimo. E poi era sorpresa del fatto che non avvertisse quasi la presenza per la macchina da presa.

 

 

Com'è stato il lavoro di scrittura per la tipologia dei caratteri?

Francesco Bruni: Da Suso Cecchi D'Amico ho imparato una lezione: cercare il positivo nei personaggi negativi. Ma anche il negativo nei personaggi positivi. Il lavoro più difficile nella scrittura di questo copione è creare un caleidoscopio di rapporti diversi. Ogni personaggio è differente a seconda di chi ha davanti.

 

 

E sull'infantilismo della figura di Ettore?

Francesco Bruni: L’infantilismo degli uomini è diventato una specie di epidemia. C’è gente che guarda le partite sul PC mentre c’è una seduta di Parlamento. L’altro giorno ho fatto una visione privata con un gruppo di amici. Alla fine del film, quando gli uomini sono usciti, hanno detto: “Io vorrei essere come Ettore”.

 

 

Come sono emerse le contraddizioni dei singoli personaggi?

Francesco Bruni: Per quanto riguarda la recitazione, loro hanno lavorato a coppie per mettere a fuoco il sentimento che animava i loro personaggi. Sono un po’ come “Gli Incredibili”. E a un certo punto si vede anche un manifesto del film

 

 

i quattro protagonisti di noi 4E' una famiglia abbastanza anomala quella di Noi 4

Francesco Bruni: Ho fatto questo tipo di film perché non vedevo nel cinema italiano una famiglia di questo tipo. Forse Francesca Archibugi l’aveva fatto. Quindi mi sembrava strano che nel nostro cinema non esistesse spazio per delle persone così normali. Che invece si concentra spesso su figure straricche e in vacanza a Cortina o malfamate o delinquenziali.

 

 

Questo è anche un film su Roma

Francesco Bruni: Ci ho sempre pensato a mostrare Roma come la vivo io: portare i figli a scuola col motorino, andare alla posta e vivere in questa città che ti regala insieme la grande bellezza e la grande bruttezza. Sono 25 anni che vivo qui e mi piaceva raccontare questa dimensione della città. Ho messo gli attori in mezzo al casino, come nella scena alla Stazione Termini e i passanti non sono comparse.

 

 

Fabrizio, quanto c'è di te in questo personaggio?

Fabrizio Gifuni: In ogni personaggio è contenuta una piccola o grande parte di te stesso che metti in campo. Il lavoro dell’attore è anche quello di metterci il naso. L’idea è sempre quella di chiedersi: cosa ho in comune con questo personaggio? Poi per la sua costruzione, ha una grossa importanza l’immaginazione. A teatro ho fatto spesso cose pensate e volute dove l’interpretazione è solo l’ultimo anello del processo creativo. Al cinema invece mi continua a divertire il gioco puro dell’interpretazione dove non sei responsabile della grande struttura del racconto. Quello che ti viene chiesto è quello di entrare con la tua struttura infantile. Per esempio: "Facciamo che eri un cialtrone”. Oppure “Facciamo che eri Aldo Moro”. Ed è da lì che parto.

 

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