Blog VISIONI – noi crediamo: qui… ora… oggi…

Parto dal presente: qui,ora, oggi, non ieri e nemmeno l’altro ieri… Mi capita – in questo momento – di scrivere su Mario Martone, di ripercorrere il suo cinema, film dopo film, e di accorgermi di come parla inesauribilmente del malessere del presente, di quanto stiamo male in presenza del nostro tempo, di come disapparteniamo tragicamente al fulgore abbagliante della nostra piccola storia personale, fatta di ore e giorni, laddove apparteniamo fatalmente, nostro malgrado, alla fuliggine che svapora dalle ceneri della grande Storia.

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#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

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Lo faccio – scrivere di Martone, voglio dire, ma anche svaporare… – mentre in streaming passa la seduta parlamentare che garantirà la fiducia al governo Berlusconi, fuga di dignità monetizzata arroccata nel Palazzo, mentre fuori il paese civile, quello vero, cerca di cambiare le cose: teatro di guerra, vien da pensare, la tragedia burlesque della politica messa in scena tra macerie e monnezza del qui che ci appartiene. Crispi che, nel finale di Noi credevamo, offre la sua fantasmatica prolusione a un parlamento sabaudo di spettri… Dentro/fuori (il Palazzo): prestidigitazioni dell’apparire/scomparire a fronte della realtà del nostro sguardo. Noi che guardiamo, noi che – disillusi – crediamo, coniugato al presente invece dell’imperfetto: perché qui ed ora ci tocca stare, pronipoti di Domenico e Angelo e Salvatore che credevano

Francesco Giullare di Dio, di R. Rossellini (1950)

Contiamo i cento passi che ci separano dal Palazzo del potere (perché mai cito questo pessimo film? Dissolvenza incrociata e forzata tra Peppino e Domenico sul corpo di Lo Cascio…) o piuttosto contiamo i giri che, in Francesco giullare di Dio, deve fare Frate Giovanni (“il sempliciotto”) prima che gli giri la testa… Gli altri frati son già lì per terra, ognuno vettore per se stesso di una traiettoria che lo porterà nel mondo, nella realtà: la vertigine dell’altrove descrive le storie che vagano fuori dal centro, la traiettoria in fuga dalla Storia che illumina le macerie. Il capogiro che fa da bussola alla partenza dei frati rosselliniani si oppone alla beatitudine composta ai margini della guerra dai monaci di Paisà: come dire le storie e la Storia, la vertigine delle vite e il rigore della Vita, il vagare di tre giovani mazziniani e il febbricitante stare nelle stanze perenni di Mazzini… Lui, intanto, nel Palazzo s’è preso la sua fiducia col pallottoliere… A me gira la testa, socchiudo gli occhi e seguo la mia traiettoria, il mio vag(heggi)are…

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