Noise, di Steffen Geypens

Frutto di una ibridazione ben poco ragionata, è forse la manifestazione più netta del formulario Netflix votato al “tutto e subito e tutto insieme”. Tanto rumore per nulla

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Una donna cammina, a passo spedito. Dà le spalle a una grande casa, cammina verso un piccolo lago. Attorno a lei un bosco. Un uomo la insegue, corre, disperato chiama il suo nome. Lei entra nell’acqua, scompare nelle profondità.

Lo spettro architettonico di un’abitazione, una foresta, uno specchio d’acqua, un piccolo nucleo familiare, l’eterna compenetrazione tra un presente inquietante e un passato che torna insistentemente a bussare alla porta. Emana prepotenti “Flanagan vibes” l’opening di Noise, lungometraggio di Steffen Geypens distribuito su Netflix dal 17 marzo e ormai da diversi giorni nella top 10 della piattaforma. Incastra tessere di un mosaico horror che, visivamente affine all’immaginario cinematografico e seriale del regista americano – The Haunting of Hill House, The Haunting of Bly Manor, Oculus – Il riflesso del male, Hush – Il terrore del silenzio – sembra ripercorrerne le orme, risalendo lungo la medesima fiumana di genere che ha ispirato – e continua a ispirare – il collega d’oltreoceano (dalle atmosfere gothic  di Shirley Jackson ai bestseller di King).

Ad abitare Noise, seconda regia di Geypens dopo Logger (2022), è Matt (Ward Kerremans), social media influencer da poco trasferitosi nella vecchia dimora di famiglia insieme alla compagna Liv (Sallie Harmsen) e al figlio appena nato. La casa sorge a poca distanza  dalla vecchia fabbrica – ormai abbandonata – del padre di Matt. E una inaspettata visita dell’uomo, anziano in casa di riposo, rivelerà vecchi fantasmi e reconditi segreti. Presenze destinate a infestare il tranquillo viver quotidiano di Matt, conducendolo sull’orlo della follia.

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In seno però ad un micro-cosmo alla Shyamalan, all’interno del quale il mondo esterno e tutto ciò che ne fa parte è confinato in fuori campo – o in questo caso nel campo virtuale delimitato dallo schermo di uno smartphone – Geypens spreca la scintilla di un promettente incipit disperdendola in un forzato e confusionario garbuglio e dando vita a una narrazione che, tentando uno sfortunato sviluppo su più piani, somma l’horror al thriller psicologico, per assumere poi toni da inchiesta giornalistica. Noise, tra depressione post-partum, corpi martoriati, misteri aziendali e crisi familiari, inizia così a perdere punti di riferimento, a vagare disorientato, navigando a vista, privato della rotta dal suo stesso nocchiere. Fino a smarrirsi, definitivamente, in un finale obnubilante ed evanescente.

Un’evanescenza che, in fin dei conti, rivela più del film stesso; di un progetto che, frutto di una ibridazione ben poco ragionata, è forse la manifestazione più netta del formulario Netflix votato al “tutto e subito e tutto insieme”. Di quel cinema-reel da dare in pasto ai followers e al bulimico desiderio di “scroll” della massa.

 

Titolo originale: id.
Regia: Steffen Geypens
Interpreti: Ward Kerremans, Sallie Harmsen, Johan Leysen, Jennifer Heylen, Jesse Mensah, Daphne Wellens, Lize Feryn, Mieke De Groote, Katelijne Damen, Simon D’Huyvetter
Distribuzione: Netflix
Durata: 90′
Origine: Belgio, Olanda 2023

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2
Sending
Il voto dei lettori
2 (1 voto)
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IL N.14 DELLA RIVISTA DI SENTIERI SELVAGGI

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