"Non aprite quella porta 3D", di John Luessenhop

non aprite quella porta 3d
Il marchio di The Texas Chainsaw Massacre era stato già logorato dai remake e dai prequel: lo sfruttamento ulteriore è affidato ad un sequel a posterioriche non si risparmia la blasfemia di riproporne intere sequenze del capostipit e appre come un noioso tentativo di imitare Rob Zombie e le sue famiglie di pazzi omicidi

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L'horror tenta spesso di affidarsi a delle nuove strade e spesso questa ricerca trova dei sentieri narrativi abbastanza spericolati. Il ricordo di Texas Chainsaw Massacre era stato decisamente sbiadito da prequel e remake ma fino a questo momento nessuno aveva tentato la carta blasfema della citazione diretta del capostipite. Il film di John Luessenhop è un sequel a posteriori: gli eventi vengono riallacciati dopo quasi quaranta anni di tempo e le sequenze iniziali riprendono il materiale dell'epoca per riassumere quello che era capitato nella casa dei macellai folli del Texas. Il tuffo nel passato ha i connotati dell'eresia ma è uno dei pochi momenti interessanti di quello che sembra essere soltanto il giro di prova di un aspirante regista: è un modo per iniziare un film che riporta indietro ai riepiloghi del cinema degli anni ottanta. L'intenzione è quella di lavorare su un brand ormai logoro e di rinnovarlo secondo l'ultima moda delle riletture di Rob Zombie. L'esempio di quello che è successo con Halloween è una traccia esplicita e dichiarata: la storia diventa un questione di clan e i Sawyer somigliano molto ai Firefly de La casa dei 1000 corpi e The Devil's Rejects senza avere il fascino nostalgico del western. Se quello era un omaggio da appassionato, questo suona molto più come una forma di adescamento. La protagonista riscopre lentamente lo stesso legame di sangue che la lega a Leatherface e deve combattere con l'attrazione/repulsione dei richiami familiari. Il film ha un sussulto quando prova a rompere lo schema della haunted house e propone la sortita dell'inesorabile omicida nel bel mezzo di una processione cittadina: è un azzardo che viene smentito in pochi minuti e che ripiega immediatamente nel luogo sicuro del suo antro/macelleria. L'unica attrattiva non è il progressivo rovesciamento dei ruoli e l'emersione dei lati più malsani della società texana: è un gioco che è stato già visto. Le famiglie violente, corrotte e dedite alle armi dei redneck sono un luogo comune che è stato sviscerato con molta più poesia dalla follia materna di Sheri Moon: la giovane Alexandra Daddario e il resto del cast non fanno nulla per nascondere l'insofferenza di questa esperienza di lancio e la voglia di arrivare presto a qualche ribalta più ambiziosa. L'unico movente per vedere Texas Chainsaw 3D non è nemmeno il sangue che viene dispensato in quel modo innocuo a cui l'horror di questo tipo ci ha ormai abituato e annoiato. Il momento in cui Leatherface lancia la sua motosega verso lo schermo e sfrutta l'effetto tridimensionale viene esaurito a metà film: tutto il resto è veramente superfluo.

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Titolo originale: Texas Chainsaw 3D

Regia: John Luessenhop

Interpreti: Alexandra Daddario, Scott Eastwood, Tania Raymonde, Bill Moseley, Richard Rihele

Origine: USA, 2013

Distribuzione: Moviemax

Durata: 92'

 

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