Non c’è campo, di Federico Moccia

Il coming out definitivo che ogni adolescente italiano sia o sia stato un adolescente mocciano, non può che arrivare dal racconto delle bravate sentimental-cazzone combinate nelle gite scolastiche

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Sarà la presenza, seppure qui non così centrale, di Neva Leoni (scoperta appunto al cinema nello straordinario Miami Beach), eppure ci risulta difficile non pensare che, se Non c’è campo l’avesse diretto Carlo Vanzina, anche quel Vanzina liceal-televisivo così evanescente, il film avrebbe probabilmente portato fino in fondo il gioco di intrecci adulteri e letti scambiati e messaggi sbagliati e corridoi d’albergo affollati di notte, guadagnandone così in indubbia efficacia. La blanda tirata contro l’alienazione da tecnologia mobile e l’astinenza da social non cade d’altronde in un terreno troppo lontano dalle stoccate sociologiche degli script del fratello Enrico. Da queste parti, in cui viene amato senza riserve Olè, vertiginoso Vanzina del 2006 con Boldi e Salemme professori di indomabile classe di liceo in gita in Spagna (già un autorecupero evidente da Vacanze in America), non c’è nessuna vergogna ad ammettere che i racconti delle bravate sentimental-cazzone combinate durante i viaggi di istruzione inneschino un meccanismo di istantanea aderenza e complicità.
Dunque in Non c’è campo il Salento di arcaismo turistico da Notte della Taranta in diretta satellitare prende il posto dell’Ibiza di Olè (il film stavolta avrebbe potuto chiamarsi Sciamu!), Vanessa Incontrada e Claudia Potenza sostituiscono il corpo docente comico-farsesco vanziniani, mentre rimane invariata la struttura di gelosie, tradimenti, bugie e fallimentari strategie amorose, con rivelazioni scottanti tenute nascoste fino alla fine: l’intoppo dei telefoni che non prendono viene risolto dopo minime tribolazioni (a Scorrano pare esista una terrazza salendo sulla quale la ricezione ritorna perfetta), rivelandosi poco più di un espediente per scatenare gli equivoci vecchio stile, e tacciono ben presto pure i giusto abbozzati vagheggiamenti misticheggianti dell’artista Corrado Fortuna.

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E vi dirò che va anche bene così, perché tutti quanti abbiamo vissuto almeno una gita scolastica durante la quale la bolla di sospensione spaziotemporale lontani dalle camerette di casa dei genitori ha portato alla temperatura di ebollizione tutte le dinamiche e le tensioni sottaciute tra i banchi di classe (il coming out definitivo che ogni adolescente italiano sia o sia stato in segreto un adolescente mocciano…!?).
Peccato allora dunque che il film confermi tutti i limiti del Federico Moccia regista, in più parti troppo lezioso e in contemporanea pericolosamente sciatto in altre, che non sa mai bene cosa farsene dei movimenti ariosi della mdp (continuamente indaffarata a fasciare le coppie che litigano o s’abbracciano, e a decollare o atterrare dall’alto a bordo dei numerosissimi droni, veri e propri coprotagonisti effettivi dell’opera), e che sembra inaspettatamente contenersi anche nell’appiccicosità che t’aspetteresti nei dialoghi (è quasi un peccato). Ne fa le spese soprattutto la sfocata parentesi romana del film, incentrata intorno a Gian Marco Tognazzi, mentre per i giovani e volenterosi interpreti (tutti in personaggi già 18enni in modo da poter parlare tranquillamente di inghippi sessuali) rimane il rammarico che lo script non fornisca loro alcuna chance di incarnare ruoli iconici come i loro avi Babi e Step.

Regia: Federico Moccia
Interpreti: Vanessa Incontrada, Gian Marco Tognazzi, Corrado Fortuna, Claudia Potenza, Neva Leoni, Beatrice Arnera, Mirko Trovato, Eleonora Gaggero, Serena Iansiti
Origine: Italia, 2017
Distribuzione: Koch Media
Durata: 90′

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