"Non è peccato – La quinçeanera", di Richard Glatzer e Wash Westmoreland

Se all'inizio il realismo entomologico inseguito dagli autori sembra cristallizzare volti e corpi in un ritratto della società ispano-americana di stampo troppo folcloristico, alla lunga la macchina da presa si abbandona totalmente a una scioltezza morbida che è sempre al servizio della capacità di coinvolgere lo spettatore

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Il tema musicale dell'Aida fa da sfondo a dettagli floreali, icone cristologiche, funzioni cerimoniali e foto di gruppo che evocano una comunità 'chiusa', ancorata a tradizioni ataviche fondate sul rigore morale e religioso. Sono le immagini rubate della quinçeanera, celebrazione festosa tipicamente latinoamericana che sancisce il passaggio dall'infanzia all'età adulta di ragazze appena quindicenni. Qui ogni elemento appare solenne, perfetto nella sua ostentata purezza, imperturbabile. Ma è solo l'aspetto apparente di un involucro che nasconde stravolgimenti culturali profondi. Sono soprattutto i figli a nascondere queste crepe. I padri no, loro sono il Messico, la fede e la famiglia, questi figli invece pur continuando a vivere e a credere nel rito, alimentano dentro se stessi una linea di scissione che nasconde i desideri di ogni figlio d'America (benessere economico, indipendenza, libertà sessuale). Non bisogna perciò aspettare troppo per vedere stravolto l'ordine precostituito: l'omosessualità di Carlos, la misteriosa gravidanza di Magdalena, il loro allontanamento dalle rispettive famiglie e la conseguente dignità nel cercare una strada tutta loro, grazie anche alla commovente generosità dell'anziano zio Tomas, uomo del 'vecchio mondo' ma capace di andare oltre ogni sovrastruttura moralistica.

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Se all'inizio il realismo entomologico inseguito dagli autori sembra cristallizzare volti e corpi in un ritratto della società ispano-americana di stampo troppo folcloristico, alla lunga la macchina da presa si abbandona totalmente a una scioltezza morbida che è sempre al servizio della capacità di coinvolgere lo spettatore nella dimensione intima delle storie che racconta. Tutto però attraverso una semplicità visiva, che lungi dall'impoverire la pellicola, riesce a con-fondersi perfettamente nello spazio-set (il quartiere losangelino di Echo Park). Un territorio, quello in cui prende forma Non è peccato, che alla lunga pare il vero protagonista di un work in progress, che interessa non solo il duo registico Glatzer- Westmoreland e il loro lavoro di aderenza fotografica, ma anche e soprattutto il rapporto con le geometrie e i sapori di un quartiere che sembra assecondare la tensione emotiva della narrazione e i destini dei personaggi, quasi plasmandosi con essi. Quello di Echo Park diventa quindi uno spazio pulsante capace di fondere l'identità privata con quella pubblica. Non è un caso se vediamo Magdadela e Carlos ritratti spesso nell'atto di camminare. I due giovani attraversano le strade del loro quartiere, i marciapiedi, i viali, disegnando traiettorie che compiono un immaginario tragitto casa-città-casa, quasi in una sorta di continuo passaggio metaforico dall'heimat di provenienza (il Messico) a quella di adozione (l'America). Non è peccato diventa così anche un film sul transito, opera che attraversa continuamente due mondi e due culture che sembrerebbero inconciliabili nella loro diversità ma che poi alla fine finiscono con il rivelarsi speculari a una identità narrativa che cerca il cuore e (quasi miracolosamente) riesce a trovarlo senza mai cedere al ricatto.


 


Titolo originale: Quinceañera


Regia: Richard Glatzer, Wash Westmoreland


Interpreti: Emily Rios, Jesse Garcia, Chalo Gonzalez, David W. Ross, Ramiro Iniguez, Araceli Guzman-Rico


Distribuzione: Teodora Film


Durata: 90'


Origine: Usa, 2006

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