"Non mi interessa il cinema senza donne". Intervista a Peter Del Monte

Peter Del Monte torna al cinema a sette anni di distanza da Controvento. Il regista di Irene,Irene, Tracce di vita amorosa, Compagna di viaggio, La ballata dei lavavetri racconta a Sentieri Selvaggi i personaggi di Mavi (Kasia Smutniak – Caos Calmo) e Teo (Marco Foschi – Fame chimica, Come tu mi vuoi), protagonisti di Nelle tue mani: un film sulla stabilità e sul caos, sul conflitto, sulla ricerca dell’ignoto scientifico e vitale. Tra uno sguardo al cinema italiano e suggestioni d’oltremare – da Sean Penn fino al Petroliere…VIDEO

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Kasia Smutniak fa talmente ‘suo’ il personaggio che la domanda diventa quasi superflua: perché l’ha scelta come protagonista?

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Questa è la prima cosa importante che Kasia ha fatto per il cinema. Volevo mettere in scena una donna in qualche modo disturbata e inquieta, che avesse però un appeal per contrasto di dolcezza, in modo che non risultasse ‘respingente’. Si trattava di trovare un’attrice che avesse delle corde di mansuetudine, al tempo stesso capace di sferrare colpi mortali.

 

Con Marco Foschi come ha lavorato?

Mentre il personaggio di Mavi è accattivante – è sempre lei che spara i fuochi d’artificio – quello di Teo è un ruolo più ingrato. Ma sotto la recitazione, oltre ad un disincanto che io volevo che avesse – un po’ alla Cary Grant…- c’è anche una certa solidità. L’unico riferimento che gli ho dato – non parlo molto con i miei attori – è stato quelli di pensare, magari, un po’ a De Niro in Il cacciatore.

 

Al di là della narrazione, sembra che il personaggio di Mavi rappresenti la Vita…

Nel mio cinema c’è sempre una riflessione sul bisogno di razionalità, di stabilità, di ordine, e sull’incognita che irrompe in una vita apparentemente prestabilita. Il caos. Questo non è un caos ‘calmo’, ma turbolento…mi interessa raccontare questo conflitto. Non a caso il protagonista fa l’astrofisico, è un uomo che si confronta con l’ignoto,  però protetto nel suo laboratorio…mi piaceva l’idea di intrecciare questa ricerca dell’ignoto scientifico, cosmico, con l’ignoto della vita, con l’elemento caotico e destabilizzante. E’ un pò come se Mavi rappresentasse, per Teo, il suo viaggio Into the wild…"Se c’è la possibilità che la ragione governi completamente la vita, vuol dire che non c’è possibilità di vita". Questa è l’anima di questo film.

 

Mavi è anche la persona più ‘tradizionale’ del film…

Lei, in questa sua violenza con cui si rapporta spesso col mondo, porta dentro al contempo anche una vitalità animale, primitiva, quasi primordiale, che in qualche modo contagia gli altri, soprattutto quelli che il ‘primario’ non ce l’hanno più. Questo primario così forte fa da richiamo. Nell’amore in genere l’altro non esiste, l’altro condensa tutte le nostre proiezioni del momento e tanto è più forte il bisogno dell’altro, tanto più dietro si celano le nostre mancanze.

 

Pensa che gli attori siano, in questo momento, una forza propulsiva per il cinema italiano?

Ci sono molti buoni attori, ultimamente mi sembra che siano più valorizzati gli uomini che le donne. Non perché non ci siano ruoli, ma perché certi nomi femminili che stanno emergendo ricalcano un po’ delle proiezioni adolescenziali dei maschi, e per me sono meno soddisfacenti rispetto ai ruoli affidati a giovani attori che apprezzo molto, Germano ad esempio.

 

Il cinema italiano attualmente schizza tra estetica televisiva e ritorno al genere. Cosa ne pensa?

Noi arriviamo sempre un po’ tardi, i francesi il ‘genere’ lo facevano venti-trenta anni fa, anche con nomi illustri. E’ bene che il distacco venga colmato; ma rispetto a quella che è la nostra peculiare ricchezza culturale, dubito che fare finalmente cinema di genere porti a granché. L’Italia è andata forte quando è uscita fuori dei canoni, in modo imprevedibile rispetto alle direttive dominanti della cinematografia internazionale. Non credo che ora rafforzarci sul genere possa aiutarci ad emergere; bisognerebbe valorizzare di più i talenti fuori del coro.

 

Fonti di ispirazione di Nelle tue mani?

In Italia no, perché si tratta il femminile o idealizzandolo, o dandone una visione adolescenziale, in cui dominano la paura o il senso di colpa. E’ un cinema impaurito quello italiano…All’estero, invece, rispetto alla femminilità, mi viene in mente La sposa turca, e i primi film di Cassavetes. In Il Petroliere, ad esempio, questo personaggio con ambizioni shakesperiane che non si rapporta col femminile, per me è una mancanza…A me non interessa il cinema senza donne.

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