NORDSUDOVESTEST – Lech Kowalski: scene dall'underground

Uno dei motivi di maggiore interesse dell'opera di Kowalski – nato a Londra da genitori polacchi fuggiti da un campo di concentramento russo durante la II guerra mondiale – è determinato da continue, necessarie ri-partenze. Da un luogo a un altro. Anzi, da un non-luogo ad altri non-luoghi. E il suo cinema si situa in questa frattura spazio-temporale

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Non c'è un 'unico' punto cardinale nel cinema sempre in movimento di Lech Kowalski. I suoi film, che trovano espressione nella forma di un documentario trasversale e vissuto in prima persona, sono strettamente legati alla sua biografia, ai suoi spostamenti, alle sue esperienze trasformate – anche – in immagini-memoria, al tempo stesso inscritte nel presente e affioranti dal passato. Un percorso artistico iniziato negli anni Settanta e distribuito fra Inghilterra, Stati Uniti, Polonia, ovvero i posti intimamente connessi alla sua vita privata.

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Non si può dunque prescindere da alcune note biografiche riguardanti questo filmaker underground e on the road, cui il finlandese Tampere Film Festival 2004 – tra i più importanti appuntamenti europei con le immagini fuori formato tradizionale e/o immerse nella ricerca di nuovi territori della visione – ha dedicato un significativo omaggio non casualmente titolato 'Lech Kowalski: scenes from the underground'. Kowalski nasce nel 1950 a Londra da genitori polacchi fuggiti da un campo di concentramento russo durante la seconda guerra mondiale. Ma all'Inghilterra ben presto si sostituiscono gli Stati Uniti, dove la famiglia emigra, e dove fin da giovanissimo Kowalski inizia a fare film amatoriali e svariati lavori e collaborazioni, studiando alla School of Visual Arts di New York, frequentando prima la scena porno e poi quella punk. Nel 1999, poi, il suo trasferimento in Francia, con Parigi scelta come nuova dimora, e i viaggi in Polonia, per mettere in connessione il passato e il presente, il rapporto con la propria famiglia e le proprie radici.

Si nota dunque come la persona e l'artista siano difficilmente collocabili in un 'unico spazio' e che uno dei motivi di maggiore interesse per l'opera di Lech Kowalski sia proprio determinato da queste continue, necessarie ri-partenze. Da un luogo a un altro. Anzi, da un non-luogo ad altri non-luoghi, sempre profondamente vissuti e partecipati, che nel tempo hanno assunto significati diversi, accumulando strati di storie e di Storia. Il cinema di Kowalski si situa in questa frattura spazio-temporale, evidente in ogni inquadratura, in film talvolta molto lontani fra loro come argomenti trattati, eppure straordinariamente vicini perché toccati da quella stessa dolcezza e sensibilità di sguardo che emana ovunque dall'opera filmica del regista d'origine polacca.


I due anni e mezzo passati a districarsi nell'industria del cinema porno americano, a New York, negli anni più creativi dell'hard core (ha lavorato anche con Gerard Damiano), sono alla base del suo primo film, "Sex stars", girato nel 1977 e dedicato appunto ai divi della produzione a luci rosse newyorkese. Erano momenti di grandi cambiamenti, sia sociali (il punk) sia più specificamente riferibili alla sperimentazione per immagini (il video comincia a sostituire il 16 millimetri e per Kowalski la conoscenza di Shirley Clarke e Nam June Paik è fondamentale). Il punk, in particolare, è uno degli elementi che caratterizzano la filmografia di Kowalski, negli anni della sua esplosione così come in tempi più recenti, quando il filmaker è tornato a ripensare figure mitiche di quella scena oppure a scoprire altrove nuove affascinanti derive.


Di estrema rilevanza è quindi il lungometraggio "D.O.A. (Death On Arrival)", terminato nel 1981, testimonianza del primo tour americano dei Sex Pistols effettuato nel 1978. Ancora oggi un film di forte impatto emozionale, anche perché Kowalski, nel mantenere in ogni suo lavoro la giusta distanza, sa stare vicino ai suoi 'personaggi', noti oppure sconosciuti. Ecco dunque "Hey, is Dee Dee home?", realizzato nel 2003 per rendere omaggio al leader dei Ramones Douglas Glen Colvin (Dee Dee Ramone), amico del regista, appena dopo la sua morte avvenuta nel 2002. Un film fatto recuperando materiali d'archivio e un'intervista (ma è qualcosa di più, una complicità che sgretola i confini del campo e del fuori campo) di Kowalski a Dee Dee del 1992.

Ed ecco "The boot factory" (2000), che segue la vita di un gruppo di punk polacchi che fabbricano scarpe e suonano in una band. Kowalski porta la sua camera, in 35 millimetri o video, negli ambienti privati e in quelli pubblici, documentando, sempre, la mutazione non solo dei luoghi ma dei corpi delle persone (impressionante, in tal senso, il lavoro nel tempo su quello di Dee Dee Ramone).


"The boot factory" anche come ri-inizio della filmografia del regista. Infatti, è il primo di una serie di film sulla Polonia che, ancora una volta, metteranno in sovrimpressione l'identità intima con quella storica, il ritratto della madre del regista (film al quale sta lavorando) e quello della più antica autostrada polacca, fatta costruire da Hitler, e visitata da Kowalski in "On Hitler's highway" (2002), in cui il viaggio è continuamente frammentato dalle soste ai bordi, alla ricerca di persone (una giovane prostituta bulgara, clandestini ucraini, uno zingaro…) in transito che abitano un non-luogo assoluto, 'occupandolo' con i loro corpi al tempo stesso sedimentati e in movimento. Immagine perfetta del cinema di un autore che fa coesistere con lucidità e passione il pre-testo con il testo, penetrandoli entrambi con ostinazione e discrezione.


 


 

LINK


 


INTERVISTE  IN INGLESE


http://home.eol.ca/~ifftay/movie/gene3.htm


http://www.freewilliamsburg.com/still_fresh/june/kowalski.html


 


DIARIO DI KOWALSKI dal film Johnny Thunders: Born To Lose


http://home.eol.ca/~ifftay/movie/journal.htm


 


THE FILMS OF LECH KOWALSKI


http://www.sexandgutsmagazine.com/dead_on_camera.htm


 


dal Fetival di Locarno


http://2003.pardo.ch/2003/sito/programma/director.do?id=46660


 


 


 


 

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