Nuova bufera su Emilia Pérez: i tweet razzisti di Karla Sofía Gascón
Continuano le polemiche sul film di Jacques Audiard, ma questa volta non riguardano né il cambiamento di genere, né il Messico, né la violenza, ma alcuni vecchi tweet dell’attrice protagonista.

Se fosse una commedia, sarebbe black-humour e magari la potrebbe girare Quentin Dupieux. Emilia Pérez ottiene 13 nomination agli Oscar, un record per un film europeo. È un’opera che parla ampiamente di accettazione, prendendo la via difficile di mettere in scena un personaggio problematico e con una doppia morale. Purtroppo, la transizione di genere non può cambiare quello che per tanti anni siamo stati o ciò che è insito in noi, quindi il personaggio di Emilia, che cerca di fare del bene ed espiare le sue colpe, non può smettere di essere Manitas.
Il film è stato già accusato di avere una visione stereotipata del Messico, fatto solo di violenza e mercati all’aperto, di aver scelto un cast esclusivamente straniero senza prediligere attori autoctoni e di essere in parte superficiale sulla transizione di genere, mostrandola come qualcosa che si può fare da un giorno all’altro. Tacciato, inoltre, di basarsi su una narrazione calda, sentimentale e loca, ma a tratti confusa. Il film rimane comunque un invito all’accettazione di sé e all’apertura verso l’altro.
Karla Sofía Gascón, la protagonista del film, è candidata all’Oscar come miglior attrice protagonista, la prima donna trans della storia. Tuttavia, sembra essere perseguitata dal suo passato, proprio come il personaggio del musical che interpreta. Emergono infatti, dal suo account di X, vecchi tweet denigratori sull’Islam, definito “profondamente disgustoso”, su George Floyd, chiamato “un truffatore tossicodipendente”, e sull’Academy Award per le sue politiche di apertura alla diversità, affermando che ormai “è un festival afro-coreano”. La cosa risulta ancora più ridicola, visto che qualche giorno fa l’attrice aveva incolpato, sempre attraverso dei tweet, i social media manager dell’attrice brasiliana Fernanda Torres, candidata anch’essa come migliore attrice per il suo ruolo in Io sono ancora qui, di aver diffuso una campagna d’odio contro di lei e il film.
Fino ad ora, il film ha vinto numerosi Golden Globes (miglior commedia e film musical, miglior film straniero, miglior attrice non protagonista vinto da Zoe Saldaña e miglior canzone originale). Netflix, che l’aveva acquistato a Cannes, aveva puntato tutto per vincere il suo primo Oscar come miglior film e aveva incentrato tutta la campagna promozionale sulla figura di Karla Sofía Gascón, facendone il volto del marketing del film. Tanto che, quando Emilia Pérez viene premiato come miglior commedia o musical, è l’attrice stessa a ritirare il premio e a pronunciare un discorso politico, attaccando in maniera velata le politiche anti-trans del neo presidente Donald Trump.
La domanda centrale è: cosa farà l’Academy Award, toglierà la nomination? Karla Sofía Gascón si è già scusata con le seguenti parole: “Come membro di una comunità emarginata, conosco fin troppo bene questa sofferenza e sono profondamente dispiaciuta per coloro che ho fatto soffrire.” Qualcuno si chiede perché questi tweet non siano usciti prima, ma forse la vera domanda è: perché, in un concorso che dovrebbe premiare il talento, dobbiamo dare importanza a a ciò che scrivono o che hanno scritto in passato gli attori, a cosa faranno i membri del cast o l’Academy Award?
Vale la pena soffermarsi anche sul livello di indignazione: siamo più arrabbiati perché lei stessa fa parte di una minoranza? Abbiamo scoperto solo ora che chi è discriminato può a sua volta discriminare? Hollywood e l’Academy impareranno la lezione che la diversità non si riduce solo a una pelle di colore diverso o a una maggiore rappresentazione di persone bisessuali o omosessuali nei film? In una fase storica e politica estremamente delicata per Hollywood e per gli Stati Uniti, Emilia Pérez sta diventando un vero e proprio “caso” dal destino indecifrabile.