NUOVO CINEMA BAGNACAVALLO 2008

Programma gennaio/febbraio 2008

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CORSO DI SCENEGGIATURA ONLINE DAL 6 MAGGIO

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NUOVO CINEMA BAGNACAVALLO 2008
Il cinema del presente
www.cinemabagnacavallo.blogspot.com
 
programma gennaio/febbraio 2008
 
Seconda parte della seconda edizione della rassegna invernale "Nuovo Cinema Bagnacavallo" in programma nel ex-convento di San Francesco dal 12 gennaio fino al 28 febbraio, con due proiezioni la settimana (giovedì e sabato).
Dopo una prima parte della rassegna dedicata al cinema documentario, autodistribuito e anteprime, con ben 6 incontri con gli autori; la seconda parte sarà riservata ai film di qualità usciti in questa stagione cinematografica, ad una serata dedicata alla musica e libri ed un incontro con i documentaristi dell’emilia-romagna. inoltre, grande novità, sarà l’introduzione di corsi di formazione: il primo dedicato alla formazione di videomakers attraverso l’uso della videocamera e il montaggio video tutti i giovedì dal 24 gennaio al 28 febbraio tenuto da Gianni Gozzoli e Alan Angelini, il secondo sarà un workshop col foro stenopeico tenuto dal fotografo Beppe Bolchi, il 23 e 24 febbraio.
 
Sabato 12 gennaio
Si parte il 12 gennaio con alle 18.30 l’inaugurazione della mostra fotografica di Sabrina dal titolo roCKmagna mia… dove va la musica !?! bel reportage artistico sulla fruizione e ascolto della musica nella nostra regione oggi.
Alle 19 sarà la volta dell’incontro con lo scrittore e musicista bolognese Gianluca Morozzi.. Gianluca Morozzi è nato a Bologna nel 1971, dove vive. Di se stesso ci racconta, un po” a casaccio: «Ho studiato giurisprudenza senza nessunissimo motivo al mondo, sono fermo alla tesi da tre anni. Sono il piú grande tifoso del Bologna mai esistito. Prima di perdere tragicamente i capelli, assomigliavo a Kabir Bedi interprete di Sandokan. Adesso, tristemente, assomiglio a Pancaro il terzino. Vivo circondato di fumetti Marvel e Dc, i fumetti continuano ad aumentare, a crescere, occupano tutti gli spazi, s”infilano dappertutto. La mia serie a fumetti preferita di tutti i tempi è The incredible Hulk, nei dodici anni in cui è stata scritta da Peter David. Sono alto un metro e ottantatré, ma sulla carta d”identità mi attribuiscono un centimetro in meno. Ho un occhio bicolore, nel senso che nell”iride sinistra (marrone) c”è un visibilissimo spicchio azzurro. Cose che succedono. Il mio gruppo preferito di sempre sono gli Who. Il mio cantante preferito è Bruce Springsteen. Il mio gruppo italiano preferito sono gli Afterhours».
Lanciato dalla casa editrice Fernandel nel 2001, Gianluca Morozzi, con una scrittura asciutta e ironica, è uno degli scrittori piú interessanti nel panorama della narrativa contemporanea. “Blackout”, il primo romanzo pubblicato per il grande pubblico, uscito da Guanda nel 2004, lo ha lanciato definitivamente sugli scaffali dei nomi piú prestigiosi.
Per Guanda, oltre al grande successo di “Blackout” (da cui è tratto un film in lavorazione) ha pubblicato: “L”era del porco” (2005), “L”Emilia o la dura legge della musica” (2006) e “Il vangelo del coyote” (2007).
Alle 21 ci sarà uno speciale dedicato al film d’animazione culto del 1968 dei Beatles “Yellow submarine”.
l paese di Pepelandia (Pepperland) è una terra paradisiaca e meravigliosa che si trova in fondo all'oceano. Lì regnano la musica, i colori, i fiori, l'allegria e, soprattutto, l'amore. Ma si scatena l'orda dei Biechi Blu che pietrificano tutti gli abitanti e opprimono Pepelandia con la forza delle armi, rendendo il paese grigio, silenzioso e triste.
L'unico che si salva è il Giovane Fred, che, sfuggito ai dai Biechi Blu, prende il suo sommergibile giallo e va a Liverpool dove incontra i Beatles e chiede loro aiuto perché liberino Pepelandia dalla tristezza. Dal porto di Liverpool incomincia per i Fab Four una incredibile avventura tra terre e isole lunari e psichedeliche e strane creature, attraversando ben 6 mari (il Mare del Tempo, il Mare della Scienza, il Mare dei Mostri, il Mare del Niente, il Mare delle Teste e il Mare dei Buchi). Attraversato quest'ultimo, i Beatles e il Giovane Fred sbarcano a Pepelandia dove incomincia la sfida finale contro i Biechi Blu che vengono sconfitti anche con l'aiuto di un bizzarro individuo arcidotto e clownesco, l'uomo inesistente (Nowhere Man). Pepelandia è libera e per festeggiare la liberazione i Beatles fanno un concerto. Lo stile e la grafica del film contrastano decisamente con quelli più noti all'epoca, in particolare con lo stile della Disney e di altri prodotti hollywoodiani. Il film utilizza un tipo di animazione molto lontana dal realismo, dipingendo paesaggi psichedelici in cui si mischiano surrealismo e pop art.
Presenta la serata Luigi Bertaccini, dj, musicista ed esperto di storia del Rock.
 
Giovedì 17 gennaio
Proiezione del documentario LE VIE DEI FARMCACI , che ha vinto il premio per il miglior documentario italiano al X festival di Torino CinemAmbiente, e incontro con i registi MICHELE MELLARA E ALESSANDRO ROSSI.
Perché nel Sud del mondo ci sono ogni anno quindici milioni di persone che muoiono a causa di
malattie che sarebbero facilmente curabili?” Questo è l’interrogativo che muove i due registi Michele Mellara e Alessandro Rossi in un’accurata indagine capace di svelare i meccanismi che si nascondono dietro al vero e proprio monopolio planetario messo in atto da Big Pharma (ovvero il cartello delle cinque più importanti multinazionali produttrici), responsabile, in maniera più o meno diretta, del perdurare di emergenze sanitarie apparentemente irrisolvibili. Mostrando i legami tra WTO, grandi case farmaceutiche e governi dei paesi sviluppati, focalizzando la propria attenzione sul meccanismo-trappola dei Trips (brevetti internazionali creati appositamente per salvaguardare gli interessi di Big Pharma), Levie dei farmaci affronta in maniera lucida e approfondita un argomento quanto mai attuale.
Autori, registi, ideatori di eventi, Michele Mellara e Alessandro Rossi lavorano insieme da circa quindici anni. Cimentandosi, con una buonadose di eclettismo, nel cinema, nel documentario creativo, nel teatro e nella creazione di eventi, il loro originale percorso artistico è stato riconosciuto dal pubblico e dalla critica sia a livello nazionale che internazionale. In particolare, oltre al lungometraggio Fortezza Bastiani(2002), vincitore di numerosi riconoscimenti nazionali ed internazionali, vanno ricordati i documentari Tic-tac Man (1996), Domà-Case a San Pietroburgo (2003) e Un metro sotto i pesci (2006), quest’ultimomenzione speciale alla scorsa edizione di Cinemambiente.
 
Sabato 19 e giovedì 24 gennaio
Tideland – Il mondo capovolto di Terry Gilliam.
Jeliza-Rose vive assieme ai genitori, entrambi dediti all'uso di eroina: dopo la morte della madre per overdose, la bambina si trasferisce assieme al padre da Vancouver a una vecchia casa in mezzo alla campagna. Qui, deceduto anche il padre, la piccola inizia una nuova vita, circondata da bizzarri personaggi e a metà tra sogno e fantasia…
l senso della vita, Terry Gilliam, non l'ha trovato con i Monty Python. Lì il suo talento è esploso, si è scontrato con altri cinque geni, ha contribuito alla creazione di capolavori cinematografici, televisivi, comici. Quattordici anni di leggenda, dal "Flyng Circus" all'immenso Brian di Nazareth. Ma Terry Gilliam, come e più di quei compagni di viaggio, è molto altro. E' uno storico, è un cartoonist, è un cinematografaro a tutto tondo (scrive, produce, dirige da sempre). Ora che va per i 70 non ha rallentato e continua a far l'amore con il cinema, nonostante per lui sia sempre stato un amante bizzoso e pericoloso. Brazil, La leggenda del re pescatore, Le avventure del barone di Munchausen, Paura e delirio a Las Vegas, L'esercito delle 12 scimmie. Capolavori. Eppure pochi di questi film hanno avuto un riscontro immediato, critica e botteghino sono stati avari con questo genio. Un perdente di successo, o viceversa, come dimostra Lost in la Mancha, struggente documentario su La mano che uccise Don Chisciotte, suo film con Johnny Depp, incompiuto per un'incredibile susseguirsi di catastrofi (e tutt'ora bloccato da controversie legali). Brillante metafora di una carriera, di una vita senza rete. Iconoclasta e visionario, estroso e surreale, per il cinema Gilliam è pronto a perdere anni, soldi, serenità. Così è successo (anche) per Tideland, fermo da ben due anni e ora in sala in Italia appena 25 copie per il coraggio di Ubu cinematografica. Il regista incontrò il bellissimo e folle romanzo di Mitch Cullin attorno al 2000, l'autore glielo spedì per avere una frase del suo idolo in quarta di copertina. Ottenne due parole: «Fottutamente brillante». La storia di Tideland è quella di Jeliza-Rose (Jodelle Farland, un'attrice a cinque voci, straordinaria), incrocio tra un'Alice nel paese degli orrori e una Dorothy senza mago di Oz. Ha quattro teste di bambola come amiche, a cui dà voce e pensieri, è una bimba in fuga. Baby sitter di genitori junkies, prepara loro quotidianamente dosi di eroina con infantile accuratezza. Fugge col padre Noah (Jeff Bridges) in campagna, dove troverà l'amore in un piccolo adulto svitato ed epilettico (Brendan Fletcher, che bravo!) e una nuova vita grazie a uno squalo, d'acciaio. Una fiaba nera, racconto di amori disperati e realtà avvilenti a cui supplire con fantasie eroiche. Un mondo parallelo fatto delle parole, dei sogni e delle speranze di una bambina incredibile, adorabile e mai melensa, malata di una fiducia irriducibile nella sua ipervisione della realtà. Gilliam subisce molte influenze: dal Laughton de La morte corre sul fiume (un cult che fallì commercialmente, guarda un po') ai suoi amati fratelli Grimm, con Jeliza-Rose che in qualche modo non è lontana dalla determinata, quasi feroce innocenza di Gretel. L'ex Monty Python racconta una storia dolorosa di disagio con la forza visiva ed emotiva di sempre, più intimista e meno esplosivo del solito, confezionando un piccolo capolavoro, un'opera deliziosamente cinica, un gioiello di capacità registiche e narrative. Senza paura, come disse di lui Matt Damon, di «gettarsi nel fango per il suo film». Gran bella favola nonno Gilliam.
 
Sabato 26 e giovedì 31 gennaio
In questo mondo libero di Ken Loach
Angie è una giovane donna divorziata con un figlio undicenne, Jamie, che vive con i nonni. Licenziata in tronco da un'agenzia per cui procurava manodopera proveniente dai paesi dell'Est, Angie decide di mettersi in proprio. Insieme all'amica Rose crea un'agenzia di reclutamento che gestiranno in coppia. Il confronto con la realtà dell'immigrazione, clandestina e non, le imporrà delle scelte che non andranno tutte nella stessa direzione.
Ken Loach è un regista che si potrebbe definire 'necessario'. Necessario perché a ogni film (sia che parli di Glasgow, di Irlanda o di Spagna nella guerra civile) ci ricorda che questo mondo, il nostro mondo occidentale, non è il paradiso ma, a differenza di altri che accettanno ciò come un dato di fatto ineludibile, lui pensa che qualcosa si possa fare. L' "I care/Mi riguarda" di kennediana memoria è per lui un imperativo categorico a cui va data attuazione.
La quasi debuttante Kierston Wareing gli offre un valido aiuto sfaccettando il suo personaggio e offrendogli quelle variazioni dal positivo al negativo che spingono lo spettatore ad alternare adesione e repulsione nei suoi confronti.
Loach afferma: "Lo sfruttamento è cosa nota a tutti. Quindi non si tratta di una novità. La cosa che ci interessa di più è sfidare la convinzione secondo la quale la spregiudicatezza imprenditoriale è l'unico modo in cui la società può progredire; l'idea che tutto sia merce di scambio, che l'economia debba essere pura competizione, totalmente orientata al marketing e che questo è il modo in cui dovremmo vivere. Ricorrendo allo sfruttamento e producendo mostri".
Angie è un 'mostro' che sembra non accorgersi di esserlo. In lei convivono il bisogno di riscatto, la generosità e la più fredda e letale determinazione. È una donna che vuole sfondare in un territorio tipicamente maschile finendo con il fare proprie le caratteristiche più negative dell'altro sesso. Quasi come se Loach sentisse su di sé la differenza di approccio generazionale alle problematiche sociali le offre (grazie alla scrittura del suo più che fedele sceneggiatore Paul Laverty) uno specchio in cui riflettersi: l'anziano padre che, vedendola all'opera, non può non dirle: "Stiamo tornando ai vecchi tempi"? Ai vecchi tempi si usavano termini come sfruttamento, riduzione in schiavitù, proletariato. Oggi tutto è molti più soft. Il lavoro è 'interinale'. I contratti sono 'a termine'. Ma la realtà è ancora, dolorosamente quella.
 
Sabato 2 e giovedì 7 febbraio
Sicko di Michael Moore
Michael Moore colpisce ancora. Questa volta il suo bersaglio è il sistema sanitario statunitense che costringe migliaia e migliaia di persone a morte certa perché prive di un'assicurazione. Ma questo argomento non è che il prologo di Sicko perché in un breve arco di tempo l'attenzione si concentra su quelli che invece una copertura assicurativa ce l'hanno ma scoprono che le grandi e piccole società del settore escogitano qualsiasi strategia per evitare di pagare il dovuto.
Moore conosce alla perfezione i meccanismi della denuncia e quando ci mostra persone rispedite a casa (con taxi pagato però) senza alcuna cura perchè non in grado di sostenere le spese di ricovero o un uomo che, essendosi tranciato falangi di due dita lavorando, ha dovuto scegliere quali farsi riattaccare e quali non sulla base del prezzo, colpisce il bersaglio. La situazione americana in materia ha superato il limite del sopportabile e l'accusa è precisa e circostanziata. Moore però mostra, ancora più che nei film precedenti, i suoi punti deboli. Non ama il contraddittorio se non per metterlo in ridicolo e in questa occasione ha deciso di escluderlo totalmente. Nessun dirigente delle Società di assicurazione compare nel documentario. Ciò che poi più colpisce è l'immagine da Alice nel Paese delle Meraviglie che ci propone delle società canadese, inglese e, in particolare, francese. In quei mondi tutto sembra essere perfetto e idilliaco in materia di assistenza medica. Sappiamo bene che non è così ma Moore non sa resistere alla tentazione di idealizzare rischiando così in realtà di indebolire un j'accuse assolutamente fondato.
Quando fa scorrere sullo schermo con la grafica di Star Wars l'elenco delle malattie escluse da copertura assicurativa si ride ma lo si fa con l'amaro in bocca. Quando poi ci mostra i volontari che l'11 settembre 2001 si precipitarono a Ground Zero per aiutare nei soccorsi riportando malattie croniche che nessuno si preoccupa di aiutarli a curare non si ride più. Si pensa solo al cinismo e alla retorica della dirigenza di una grande nazione che 'usa' i propri veri eroi. Moore risponde a tutto ciò con il grottesco che gli è proprio. Subissato come tutti i suoi compatrioti da informazioni tranquillizzanti sul trattamento (anche dal punto di vista medico) dei detenuti di Guantanamo decide di portare i suoi volontari malati nella base americana per garantire loro le cure che l'Amministrazione Bush dichiara di prestare ai membri di Al Qaeda arrestati. Ovviamente non riesce nell'impresa e li fa curare dai medici di Cuba nelle cui farmacie un medicinale che negli States costa 120 dollari può essere acquistato per 50 centesimi. Questo lo ha fatto mettere sotto inchiesta per espatrio illegale e altre violazioni dell'embargo nei confronti di Cuba. È il tipo di clamore che il regista cercava? Forse sì. Forse no. Nonostante le esagerazioni di cui sopra resta però nello spettatore la sensazione che Moore creda profondamente alla frase di Tocqueville che inserisce nei titoli di coda: “La grandezza di un Paese si misura sulla sua capacità di porre rimedio ai propri errori"
 
Sabato 9 e giovedì 14 febbraio
Le ragioni dell’aragosta di Sabina Guzzanti
Un pescatore di aragoste contatta Sabina Guzzanti per sensibilizzarla sullo spopolamento del mare nella Sardegna occidentale. Inizialmente non interessata, l'attrice si entusiasma quando scopre il passato di operaio alla Fiat del pescatore. Non solo, ma allestire uno spettacolo per attirare l'attenzione dei media sulle aragoste potrebbe essere l'occasione per riunire la banda di Avanzi dopo 15 anni. Senza contare che Pierfrancesco Loche, una delle colonne del gruppo di allora, si è trasferito nel villaggio di Su Pallosu e sarebbe felice di ospitarli. Inizia così un'avventura artistica e umana esaltante ma anche densa di ostacoli.
A due anni dal successo di Viva Zapatero, la Guzzanti torna al cinema con Le ragioni dell'aragosta, un film meno politico, polemico e compiaciuto, percorso da una vena felicemente introspettiva e personale. La riunione del cast di una trasmissione di culto degli anni Novanta è spunto per una sorta di Grande freddo all'amatriciana mai patetico o autocelebrativo, bensì fresco, sincero e accorato. Accanto alla gioia di rivedere gli altri e di rievocare una parentesi di lavoro e di vita irripetibile, ciascuno porta in dote i fallimenti personali: Loche ha abbandonato la recitazione per dedicarsi alla batteria nel suo eremo, Antonello Fassari e Francesca Reggiani cedono al panico pochi giorni prima dello spettacolo. Ma il momento di vulnerabilità più commovente appartiene a Cinzia Leone: il suo pianto a dirotto sulla terribile malattia superata mette i brividi. E anche la storiella sul brodo con cui Loche rincuora la Guzzanti in camerino prima dello spettacolo lascia il segno.
Non mancano divertenti accenni di satira contro Berlusconi e la Fiat, ma il fulcro del film sta nel pudico ritratto di una generazione che credeva di cambiare il mondo e che dal mondo, come tutti, è stata molto ammaccata.
 
Sabato 16 e giovedì 21 febbraio
Fast food nation di Richard Linklater
Il direttore marketing della Mickey's Food Restaurants (una catena di fast food) si trova a dover lasciare il suo comodo ufficio in California per raggiungere il luogo dove si trova l'industria che macella le bestie e produce gli hamburger che fanno la fortuna della sua impresa commerciale. C'è infatti il sospetto che la carne non sia igienicamente a norma. Nello stabilimento di macellazione lavorano numerosi immigrati messicani giunti negli States illegalmente. Il film segue le loro vicende e quelle del manager.
Richard Linklater si è ispirato al libro-inchiesta omonimo scritto da Eric Schlosser. Invece di trasformarlo in un documentario ha deciso di trarne una fiction con numerosi attori importanti. Dopo SuperSize Me parte un altro attacco conto le catene di fast food. Se queste si giustificano dicendo che è grazie a loro che i meno abbienti possono nutrirsi di carne a un prezzo contenuto, Linklater non è dello stesso avviso. Decide di dirlo seguendo un doppio binario. Segue il percorso della carne animale mostrando l'immacolata asetticità degli spazi in cui la si macella ma anche la scelta di parti di scarto finalizzate alla produzione degli hamburger. Ma, e questo rafforza la denuncia, segue anche la strada che la 'carne' umana (i lavoratori clandestini) si trova costretta a percorrere tra umiliazioni, rischi fisici e necessità per le donne di piegarsi ai voleri dei maschi che possono decidere del loro futuro.
 
Sabato 23 e giovedì 28 febbraio
Piano Solo di Riccardo Milani
Rimasto profondamente turbato dalla morte accidentale della madre, il piccolo Luca Flores trova una scappatoia dalla realtà suonando il pianoforte. Dopo il diploma al conservatorio viene introdotto al jazz di Bud Powell e nel giro di qualche anno si fa notare dai maggiori musicisti italiani e da Chet Baker, che lo chiama ad accompagnarlo nel tour europeo.
Piano, solo racconta la storia di un artista tormentato, la sua vita privata, l'ascesa al successo fino al drammatico suicidio.
La storia è piena di "musicisti dall'inferno", artisti così sensibili da perdere qualsiasi contatto con la realtà – agevolati o condannati da una latente patologia psichica – al punto da venire risucchiati dalla musica stessa. Luca Flores è uno dei talenti nascosti del jazz italiano, un pianista vissuto tra il 1956 e il 1995 che durante la sua carriera ha suonato con veri e propri mostri sacri della musica colta, da Massimo Urbani a Chet Baker, ma che sognava di esibirsi in una casetta-giocattolo lontano dagli sguardi del pubblico. A sottrarlo all'oblio, prima ancora di Riccardo Milani, fu Walter Veltroni che nel suo libro "Il disco del mondo" ne narrava la breve vita ricca di trionfi ma di altrettanti dolori. Se il titolo del libro faceva riferimento a un disco amato dal musicista – "Il clavicembalo ben temperato" di Bach – quello del film trova nel preludio di Sergei Rachmaninoff una doppia chiave di lettura, musicale e umana.
Fedele alla ricostruzione letteraria, Piano, solo ne mette in scena i punti salienti: gli anni spensierati in Africa, la morte della madre che graverà come una tacita colpa fino alla fine dei suoi giorni, l'affermazione come pianista, i primi concerti, il favore dei colleghi, l'amore per Cinzia, i primi segnali di squilibrio.
L'installazione drammatica volta a cogliere il lato più oscuro del musicista non offre neanche uno scorcio di leggerezza all'uomo, che persino dinanzi all'amore sembra titubante, distante. Trascendentale di fronte alle scale infinite che ripete al piano con devozione ossessionata – quasi a voler creare un contatto con quella madre che pensa di aver tradito, di aver ucciso – Luca Flores rivive sullo schermo attraverso la postura e lo sguardo di Kim Rossi Stuart.
Fa onore a Riccardo Milani aver riportato alla luce uno dei più formidabili talenti custoditi nella storia del jazz italiano e aver trovato dei protagonisti – notevolmente sobri – che ne potessero preservare la memoria. Tra tutti spicca la Baba di Paola Cortellesi, l'adorata sorella che fu la prima ad avvertire la caduta agli inferi della mente e dello spirito di Luca Flores.
 
 
Da segnalare inoltre le seguenti iniziative che si svolgeranno all’interno della sala cinematografica:
 
dal 12 gennio al 28 febbraio all’interno del cinema mostra fotografica di Sabrina dal titolo roCKmagna mia… dove va la musica !?! Bel reportage artistico sulla fruizione e ascolto della musica nella nostra regione oggi.
 
tutti i giovedì dal 24 gennaio al 28 dalle 18 alle 20
Corso per videomakers
uso della videocamera e il montaggio video, tenuto da Gianni Gozzoli e Alan Angelini.
Il corso vuol dare una preparazione di base per organizzare e gestire l’intero processo di creazione di un video.
Il laboratorio audiovisivo sarà diviso in due momenti: il laboratorio visivo e quello pratico. Nel laboratorio visivo si attraverseranno le varie forme della produzione audiovisiva (film, videoclip, cortometraggi, documentari). Affronteremo quindi la fase di scrittura e di sviluppo del progetto attraversando i momenti “classici” dello scrivere per immagini: soggetto, trattamento e sceneggiatura. Il Laboratorio pratico fornirà le conoscenze tecniche di base, necessarie alla realizzazione di un video: tecniche di ripresa, utilizzo delle videocamere e dei programmi di montaggio al computer. L’obiettivo finale sarà la realizzazione completa di un prodotto audio-video, risultato di un percorso che vedrà i partecipanti affrontare sia problemi di natura tecnico-pratica che di natura artistica ed estetica.
Docenti: Gianni Gozzoli educatore ai mass media e alla multimedialità nelle scuole medie superiori, operatore culturale nell'ambito cinematografico, videomaker e presidente di un cineclub.
Alan Angelini videomaker, laureato al Dams di Bologna ha lavorato come fotografo, operatore video, assistente al montaggio e alla regia.
Durata: 6 Lezioni – Lezioni di 2 ore – Totale 12 ore
Sede: Convento di San Francesco, via Cadorna 14 Bagnacavallo ̀
Periodo: giovedì sera. 24/01, 31/01, 7/02, 14/02, 21/02, 28/02
dalle ore 18 alle 20
Costo: 90 euro – 80 euro studenti
Per info e prenotazioni: 347 1819575 – fuoriquadro@libero.it
 
 
venerdì 23 e sabato 24 febbraio
il secondo sarà un workshop col foro stenopeico tenuto dal fotografo Beppe Bolchi
Beppe Bolchi collabora con le più importanti Scuole di Fotografia in Italia. Ha partecipato ad Arles, al Festival Internazionale della Fotografia 2000,2001 e 2005 come curatore di Workshop sulle tecniche creative con l'utilizzo delle pellicole a sviluppo immediato. Sue fotografie sono esposte al Museum of Fine Arts di Boston, Milano, Villajoyosa in Spagna, Glasgow. Sue fotografie fanno parte della Collezione Italiana Polaroid. Molte delle sue immagini vengono regolarmente pubblicate da numerose riviste. Dal 2002 si dedica alla organizzazione di mostre ed eventi fotografici, fra cui la mostra su Ansel Adams dalla Collezione Polaroid tenutasi al Castello Sforzesco di Milano e quella su Giovanni Gastel al Museo del Tessile di Busto Arsizio.
per info e prenotazioni: 349 5758562 – photo@polaser.org
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