Occupato il Globe Theatre di Roma

I lavoratori dello spettacolo occupano lo storico teatro all’interno di Villa Borghese. La protesta è il culmine delle tensioni che da un mese percorrono l’Italia per una riforma strutturale

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A noi gli occhi, please“. La citazione del più famoso spettacolo di Gigi Proietti, nume tutelare del luogo appena occupato, che campeggia nello striscione è un affettuoso omaggio all’artista appena scomparso che allo stesso tempo indica la natura del messaggio lanciato dai loggioni. Perché sta forse in quel please finale il senso ultimo dell’occupazione messa in atto la mattina del 14 aprile da un gruppo di lavoratrici e lavoratori dello spettacolo che ha invaso pacificamente il Silvano Toti Globe Theatre dentro Villa Borghese a Roma. Un atto forte che giunge sì al culmine di settimane di tensioni che hanno vista altri teatri già occupati in Italia ma che intende porsi da subito come occasione di un confronto collettivo, per mettere al centro del dibattito le problematiche di un’intera categoria di professionisti travolta dalla crisi del Covid-19 e dimenticata dalle istituzioni. La contestazione è stata promossa dal sindacato indipendente Camere del Lavoro Autonomo e Precario (Clap), gli Autorganizzati dello Spettacolo di Roma, il collettivo artistico Il Campo Innocente, Mujeres nel Teatro e molte altre realtà locali ed è stata subito supportata da tanti protagonisti della cultura romana, come Ascanio Celestini.

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Nel comunicato stampa rilasciato alla fine della prima assemblea, svoltasi tamponando i partecipanti e rispettando le misure di distanziamento, si cerca di prendere le distanze dalle categorie sociali e politiche che rivendicano aperture immediate: “Non siamo qui per chiedere la riapertura dei teatri: troppi spazi piccoli e medi non riuscirebbero a riaprire in queste condizioni, tropp_ lavorat_ continuerebbero a rimanere a casa senza reddito. La falsa ripartenza della scorsa estate ce lo ha dimostrato“. La perdurante chiusura delle sale e dei teatri, posticipata dopo l’improvvido annuncio della ripartenza inizialmente fissato per il 27 Marzo, ha portato ad una situazione per l’intero settore culturale insostenibile: “Adesso, mentre si discute di piani di ripresa e di Recovery Fund, è il momento giusto per strutturare una continuità di reddito e un’equa redistribuzione delle risorse per tutt_ i/le lavorat_ precar_, intermittenti, autonom_, al nero, del nostro settore e di tutti gli altri. Abbiamo idee, modelli, proposte“.

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Proposte che vengono puntualmente presentate e che servono come base di partenza per le assemblee pubbliche che le lavoratrici e i lavoratori dello spettacolo intendono portare avanti all’interno del Globe Theatre: “È indispensabile una revisione dei CCNL per superare le disparità contrattuali e la confusione burocratica che governa le nostre relazioni lavorative. È necessario un riconoscimento giuridico delle nostre categorie e delle nostre attività differenziate. È urgente inserire alcune categorie nella lista dei lavori usuranti e rivedere completamente il sistema previdenziale. Chiediamo che vengano assunt_ e internalizzat_ tutt_ i/le lavorat_ a tempo determinato dei grandi Enti, Fondazioni, Teatri e Musei. Non è più tollerabile che ci siano nello stesso luogo di lavoro disparità contrattuali, remunerative e tutelari, spesso causate anche dalla presenza di differenti parti datoriali: ecco perché è fondamentale vietare o ridurre al minimo la pratica degli appalti e subappalti. Rivendichiamo il diritto a una formazione retribuita e permanente, a un tempo di ricerca e di non-produzione. Servono nuove forme di tutela per i nuovi diritti sociali che stanno prendendo forma. Occorrono strumenti contro le discriminazioni, gli abusi e le disuguaglianze tra soggetti, per salvaguardare l’accesso all’arte e alla cultura per tutt_. Vogliamo che venga difesa l’informalità degli spazi di produzione artistica e culturale attualmente esclusi dai circuiti di finanziamento, e ribadiamo la necessità di una revisione dei criteri di accesso ai fondi pubblici“.
Il dialogo con le istituzioni è quindi cercato con convinzione, come dimostra la presenza sin dall’inaugurazione della protesta dell’intervento del deputato Stefano Fassina di LeU e l’assessora alla cultura del Comune di Roma Lorenza Fruci che l’hanno appoggiata con convinzione.

L’occupazione del Globe Theatre di Roma è l’ultimo passo di una serie di contestazioni simili già avvenute in tutta Italia e che sta ancora proseguendo con alterne forme. Già il 27 Marzo il Coordinamento spettacolo Lombardia, insieme alle studentesse e gli studenti delle scuole, delle università e delle Accademie di Milano, aveva deciso di occupare il Piccolo Teatro Grassi di via Rovello a Milano. L’occupazione però, dietro invito del direttore del teatro Claudio Longhi, si è presto trasformata in un presidio permanente che rispetta gli orari di apertura e chiusura del teatro e il giorno di riposo. Il presidio pacifico da giorni è comunque interessato da interventi fatto dal “le lavoratrici e i lavoratori, le imprese culturali, le piccole e medie compagnie, le istituzioni e tutte le realtà che compongono il settore, per un’assunzione di responsabilità condivisa e per costruire una ripartenza sostenibile da tutti, a partire dai più fragili, considerando il lavoro come centralità e motore di tutte le categorie, non solo del settore culturale“. A Napoli, l’intervento della polizia il 26 Marzo ha fatto sì che l’occupazione del teatro Mercadante sia diventato un presidio diurno composto di dieci lavoratrici e lavoratori, che rispetterà gli orari di apertura e chiusura del Teatro e svolgerà attività di comunicazione e confronto sulle problematiche del settore. Anche a Padova, dopo una prima occupazione del Teatro Verdi, i comitati dei lavoratori e delle maestranze stanno portando avanti incontri e discussioni su come riformare il settore per garantire i diritti dei suoi operatori. Come si vede, la situazione in Italia è ben diverso dal “Marzo francese“, dove a partire dal 4 marzo – data dell’occupazione dell’Odeon a Parigi – sono ad oggi più di novanta le strutture teatrali occupate in tutto il Paese, spesso in modo permanente.

L’iniziativa del Globe Theatre, che terminerà già Domenica 18 Aprile, vive invece delle stesse contraddizioni dei suoi colleghi. Come si legge nello stesso comunicato stampa rilasciato alla fine della prima giornata, le critiche avevano un destinatario ben individuato: “Le manovre delle istituzioni, in questo anno di crisi, ci sono apparse del tutto inefficaci. Dai “bonus-elemosina” con criteri di accesso inappropriati, ai proclami sulle riaperture, risulta evidente come la politica – anche chi ha degli incarichi specifici – non conosca le dinamiche, i tempi e le normative del mondo dello spettacolo, della cultura e dell’audiovisivo. Non a caso un’enorme fetta di fondi pubblici è stata utilizzata per l’extra fus (a esclusivo vantaggio delle parti datoriali) e per la piattaforma digitale ITsART (ad oggi inutilizzata): misure fortemente volute dal Ministro Franceschini“.
Ministro Franceschini che è stato già ieri invitato a parlare all’interno del Teatro occupato di Villa Borghese, forse con una fretta un po’ intempestiva dato che si trattava proprio di una protesta rivolta verso le sue politiche. Il responsabile del dicastero ha tenuto a rassicurare i lavoratori all’interno del suo intervento: “Ci tenevo a venire qui. Ho apprezzato il vostro tono costruttivo e propositivo. Io non sono la controparte, ma ho il dovere di essere il vostro rappresentante nelle istituzioni ed è quello che ho cercato di fare dall’inizio della pandemia, di questa bufera che ha travolto tante categorie e in modo particolare il mondo della cultura e dello spettacolo […] Nel corso di questo lavoro abbiamo avuto la possibilità di censire un mondo di cui non si conoscevano i numeri. Si parlava da tempo dell’esigenza di regolarizzare i lavoratori del settore, di farli uscire da un rapporto con poche protezioni sociali e questo ha consentito, così, di avere una mappa precisa dei lavoratori intermittenti. C’è una legge delega che consente di andare con uno strumento legislativo accelerato ad approvare una norma che renda permanente alcune protezioni che abbiamo introdotto nella fase di emergenza. Stiamo anche affrontando, in queste ore, il problema di coloro che hanno avuto i contributi dell’emergenza ma non hanno potuto versare la quota relativa a coprire il proprio percorso pensionistico per il 2020/2021 e stiamo cercando di capire come evitare che ci siano dei ‘vuoti previdenziali’ per quest’ultimi. È una grande operazione che stiamo facendo con il ministero del Lavoro e lo vogliamo fare ascoltando le associazioni di categoria e tutte quelle che se ne stanno occupando e che sono sorte in questo anno e mezzo di emergenza in modo spontaneo e molto vivace. La Commissione parlamentare ha finito un’indagine conoscitiva e la renderà nota la prossima settimana e darà un quadro più chiaro in cui poter intervenire per dare non solo una garanzia dell’uscita dall’emergenza ma anche nuove prospettive per i lavoratori del settore che per troppi decenni non le hanno avute”, ha concluso il Ministro, che ha confermato l’incontro previsto con i rappresentanti di categoria per il prossimo 22 aprile insieme al Ministro del Lavoro Andrea Orlando. Ad un anno dalle prime chiusure il problema del settore culturale è al centro del dibattito. Speriamo che per la risoluzione ci voglia meno tempo.

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