Old Boy, di Park Chan-wook

Gran Premio della Giuria e autentica rivelazione al festival di Cannes del 2004, è un’opera che si mette in luce per un impressionante e personalissimo stile visivo

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Allo scorso festival di Cannes si vociferava che Tarantino, presidente della giuria, fosse uscito fuori di testa per un film coreano in concorso e avesse cercato di fargli ottenere la Palma d’oro. Alla fine il film di Park Chan-wook si è aggiudicato il Gran Premio della Giuria ma è stato probabilmente l’autentica rivelazione della scorsa edizione sulla Croisette. Old Boy infatti si mette in luce per un’impressionante e personalissimo stile visivo capace di deformare le prospettive, di inquadrare le figure e ambienti con uno sguardo furioso, dove la violenza non è mai stilizzata ma al contrario possiede una fisicità autentica.

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Protagonista è Oh Dae-su, un uomo qualunque che vive con la moglie e con la figlia. Un giorno, nel 1988, viene rapito da sconosciuti e tenuto prigioniero dentro una stanza per oltre 15 anni dove tenta anche il suicidio. Scopre nel fratempo che sua moglie è stata assassinata e che lui è il sospettato numero 1. Una volta uscito, non vede l’ora di vendicarsi.

Ispirato a un manga giapponese del 1997 creato da Tsuchiya Garon e disegnato da Minegishi Nobuaki, Old Boy sembra riprendere le traiettorie impazzite del fumetto ma arricchite di una valenza corporea che crea una densità stravolgente, fatta di colori lividi e di accensioni improvvise tra oscurità e bagliori cromatici, dove l’immagine sembra possedere anche degli squarci quasi pittorici, dove realtà e sogno si confondono in flash visivi brevissimi ma folgoranti.

Con Sympathy For Mr. Vengeance, altra intensissima opera che Park Chan-wook aveva realizzato nel 2002, Old Boy costituisce il secondo anello di una trilogia sulla vendetta che dovrebbe concludersi con Symphathy for Lady Vengeance. Ma al tempo stesso l’opera del cineasta coreano è un film sulla mutazione del corpo, sospesa tra claustrofobici, quasi soffocanti interni (la stanza dove il protagonista viene tenuto prigioniero) e labirintici esterni. Dentro Old Boy c’è inoltre un considerevole lavoro sul tempo come elemento di separazione/riunificazione, dove la memoria viene recuperata e nuovamente dispersa e materializzata come forma visiva provvisoria in flashback, proiezioni soggettive, fotografie, video e figure del presente. C’è una straordinaria ambiguità di fondo in Old Boy sulla consistenza, sulle veridicità dell’immagine che si sta guardando dove l’oggettività dello sguardo dello spettatore appare come trainata dalla soggettività dello sguardo del protagonista (interpretato da Choi Min-sik, già visto nel ruolo del pittore Jang Seung-up in Ebbro di donne e di pittura di Im Kwon-taek) capace veramente di condurre e disperderci verso orizzonti illimitanti, dentro/fuori il campo visivo.

In patria il film ha sbancato il box-office superando colossi come Kill Bill – Volume 1 e Matrix Reloaded ed è stato visto da circa 4 milioni di spettatori. Chissà come reagirà il pubblico italiano davanti a un cinema così autenticamente stravolgente e vertiginoso.

 

Gran Prix speciale della giuria al 57° Festival di Cannes

 

 

Titolo originale: Oldboy
Regia: Park Chan-wook
Interpreti: Choi Min-sik, Yoo Ji-tae, Gang Hye-jung, Kim Byeng-o, Ji Dae-han, Oh Dal-su, Yun Jin-seo
Distribuzione: Lucky Red
Durata: 120′
Origine: Corea del Sud, 2003

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4.3

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
4.63 (8 voti)
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