Oleg, di Juris Kursietis

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Corso estivo di MONTAGGIO, dal 22 luglio

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L’aspetto religioso aggiunge una componente onirica ad un plot essenzialmente drammatico in un film credibile dal modo in cui mostra la violenta spirale psicologica.

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L’Unione Europea dalla sua nascita ad oggi doveva rappresentare l’accesso in una entità sovranazionale unica, facilitare gli spostamenti tra i paesi eliminando le frontiere e moltiplicare, insieme alle occasioni di viaggio, le opportunità lavorative. Oleg è ambientato a Bruxelles. Il protagonista Oleg arriva da Riga, in Lettonia, munito di un permesso idoneo a lavorare in un macello. Appena il tempo di ambientarsi in una routine già abbastanza complicata, viene licenziato, in seguito all’accusa di un collega rimasto ferito durante un incidente. Disoccupato, vulnerabile, cade tra le grinfie di un delinquente polacco, Andrzej, bravo ad attirarlo nella sua rete. Confuso dalle lusinghe dell’uomo, e dalla gentilezza della donna che lo accompagna, Malgosia, reputa credibili l’offerta di aiuto e la promessa di un’occupazione, tanto da lasciare la capitale per andare a Gand. Dietro il volto bonario in realtà, si nasconde un giro di sfruttamento, teso ad approfittare delle condizioni precarie degli immigrati per perseguire delle attività criminali.  Dopo un primo disperato tentativo di allontanamento, si assiste ad una inesorabile discesa nell’angoscia. Il cerchio si stringe e le catene diventano percepite.


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Il destino di Oleg nel cadere vittima innocente di tante disavventure viene incorniciato dalla similitudine con l’agnello sacrificale della tradizione cristiana, immolato in remissione dei peccati altrui, ed in ogni episodio della storia segue uno schema riferibile a quel simbolo. L’aspetto religioso aggiunge una componente onirica ad un plot essenzialmente drammatico. Le incursioni, siano versi o componenti iconografiche, sono comunque discrete, l’esegesi biblica si visualizza dentro un sogno, o meglio un incubo, ricorrente. Il ricorso alla camera mobile accentua la fragilità del contesto, reso credibile da una violenta spirale psicologica, cominciando dalla prevaricazione per arrivare ad un vero e proprio ricatto. Gli spazi interni si trasformano, da accogliente luogo di rifugio, in una trappola, riducendo drasticamente la prospettiva dello sguardo verso l’orizzonte. La chiusura rispetta le premesse, si lascia quasi trasportare dalla fatalità, risulta logica senza premeditazione, sembra anzi soltanto uno dei tanti finali possibili, evita di essere eccessivamente risolutivo ed avanza dubbi e motivi di domanda inevase. La presunta integrazione viene invece stigmatizzata, i contatti con il paese ospitante, il Belgio, sono associabili al lavoro o alla polizia, sono sempre privi di calore, inaccoglienti, l’esatto opposto dei principi sbandierati.

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Titolo originale: id.
Regia: Juris Kursietis
Interpreti: Valentin Novopolskij, Dawid Ogrodnik, Anna Próchniak, Guna Zarina, Adam Szyszkowski
Distribuzione: Kitchen Film
Durata: 108′
Origine: Lettonia, Lituania, Belgio, Francia, 2019

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.3
Sending
Il voto dei lettori
2.5 (2 voti)
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