"Oliver Twist" di Roman Polanski

Roman Polanski sul set de “Il pianista” ha trovato un altro personaggio da seguire, ed è quello, antico e moderno insieme, di Oliver Twist. È questa l'impressione che si ricava fin dalle prime scene di un film che sembra nato tra le pieghe del precedente.

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Cercando tra le fessure della città distrutta dalla guerra, spostando lo sguardo un poco più in alto, o verso un'altra direzione, Roman Polanski sul set de Il pianista ha trovato un altro personaggio da seguire, ed è quello, antico e moderno insieme, di Oliver Twist. È questa l'impressione che si ricava fin dalle prime scene di un film che sembra nato tra le pieghe del precedente. Il pretesto è lo splendido romanzo di Charles Dickens, ovviamente, ma la materia delle immagini, il colore della storia sanno portarci più lontano, fino ad arrivare al nostro presente, ad una società ancora tanto traballante e "squilibrata" come, imprevedibilmente, poteva essere quella di fine Ottocento.  E il richiamo a Il pianista non si limita soltanto alle scene iniziali, al paesaggio che si spinge all'infinito, tra sentieri e campi coltivati e piccole colline che proseguono, dolcemente, fino a Londra, ma ad una sensazione tanto sottile quanto precisa: che si tratti, pur sempre, di un dopoguerra, quando l'attesa si sente nell'aria e si guarda sempre fuori dalla finestra per vedere quello che sta cambiando. Così Polanski descrive il suo piccolo Oliver, bambino delicato e taciturno, obbediente ma non sottomesso, capace di vedere il buono delle persone, ma anche in grado di ribellarsi quando si vuole per lui un destino in cui non crede. Personaggio quanto mai enigmatico, invenzione di una favola a lieto fine che, però, deve attraversare momenti bui e situazioni inquietanti prima di tornare a vedere un orizzonte sereno. Sballottato tra orfanotrofi e fabbriche di corde, dove si producono le cime per la flotta di sua maestà, tra spazzacamini e funerali, Oliver, con il suo sguardo assente e malinconico, fugge a Londra alla ricerca di qualcosa che non conosce ma ben determinato a conquistarlo. Quello che trova, però, sono strade fangose e affollate di povera gente, furfanti e bambini soli che sopravvivono rubando dalle tasche dei passanti. E così, seguendo le sue disavventure, ci troviamo immersi in un racconto avvincente che è anche omaggio ad un cinema semplice, che si illumina di piccole cose, costruito attorno a istanti di purezza, dove non si eccede mai, ma dove l'ironia sa portarci un po' più in alto, oltre il realismo, e conduce lo sguardo sempre vicino ai margini. La bella idea di Polanski sta nell'aver affrontato il suo personaggio come se fosse realtà e immaginazione allo stesso tempo, colui che osserva e che è osservato, imperturbabile e saggio nella sua giovane tristezza. Nessuna concessione al facile sentimentalismo. Come in Dickens, la narrazione si evolve attorno a un centro ma prende strade diverse, arrampicandosi sopra i tetti (ossessione consueta in Polanski), nella frenesia di tempi scanditi velocemente oppure in lunghe pause, sospensioni pensose, nel silenzio e nella penombra di case fatiscenti, nell'atmosfera dark lungo il fiume o su un ponte dove si svelano segreti e paure.

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Titolo Originale: Id.


Regia: Roman Polanski


Interpreti: Ben Kingsley, Barney Clark, Jamie Foreman, Leanne Rowe, Lewis Chase, Jeremy Swift


Distribuzione: Medusa


Durata: 130'


Origine: Cecoslovacchia/Francia/Gran Bretagna/Italia, 2005


 

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