Oltre la nebbia – Il mistero di Rainer Merz, di Giuseppe Varlotta

Con il desiderio di mettere dentro un po’ di tutto si finisce per diluire attenzione ed emozione in una continua commistione di generi, ma Pippo Delbono e Corinne Clery duettano con credibilità

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E’ sorprendente assistere a un film che inizia omaggiando Il Lungo Addio di Altman e finisce citando il Polanski di Rosemary’s baby. Al secondo lungometraggio, l’astigiano Giuseppe Varlotta prova con molto coraggio ad esplorare i territori del mistero attingendo a diverse fonti cinefile e affidandosi a flashback onirici che frammentano il tessuto narrativo.
L’investigatore Giovanni Andreasi (Pippo Delbono) viene assunto dalla costumista Rosa (Corinne Clery) per indagare sullo scomparsa del marito attore Rainer Merz (Cosimo Cinieri) durante le riprese di un film storico su Federico II. Sul detective pesa come un macigno l’ombra del suicidio, qualche tempo prima, di una ragazzina nei pressi dell’ex fabbrica Cima Norma a Blenio-Torre in Svizzera. Scandito liturgicamente nei sette giorni del periodo pasquale, il tempo rimane sospeso nella nebbia delle valli svizzere e sulle acque dei laghi: la fotografia di Fabio Olmi esalta l’ambiguità dei paesaggi e delle figure umane e nei momenti onirici trasmette un senso di pericolo imminente.

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Nonostante Pippo Delbono e Corinne Clery riescano a duettare con mestiere e rendere credibili i rispettivi personaggi, la sceneggiatura di Varlotta sembra incepparsi nella indecisione tra il noir d’atmosfera e l’horror dai risvolti satanici. L’oscillare continuo tra Marlowe e Dylan Dog fa implodere il personaggio di Giovanni Andreasi, divorato dagli incubi e dilaniato da tensioni tenute nascoste sotto l’impermeabile. La trovata della regressione ipnotica a scopo manipolatorio sembra importata da Regression di Amenabar ed è una via di fuga facile verso il complotto di un manipolo di folli che aspirano all’eternità. Dopo un inizio lento che indugia sui rapporti tra i personaggi, negli ultimi venti minuti si verifica una accelerazione esponenziale che collega il passato al presente in maniera superficiale.

Rispetto a film dello stesso tema come Il Profumo della signora in nero troppi elementi vengono proposti sul tavolo da gioco e poi non utilizzati: il set cinematografico dell’opera su Federico II, le due donne misteriose disegnate sull’esempio delle streghe di Suspiria, i rimandi a Twin Peaks e Shining nell’apparizione dei fantasmi del passato, gli elementi religiosi ed esoterici, le proiezioni dei sensi di colpa, la nipote rapita, i sacrifici umani ripresi con la telecamera fino ad arrivare all’apoteosi dell’ Anticristo.
I paesaggi esterni lasciano rapidamente il posto a interni claustrofobici con porte segrete che si aprono sull’orrore. Lo stesso ribaltamento della natura femminile che si rivolta contro il potere maschile sembra più un pretesto che un colpo di scena.

Di fronte a Delbono e Clery, gli altri personaggi di contorno perdono di rilevanza narrativa fino a diventare figure diafane e in certi tratti irritanti (soprattutto la moglie di Andreasi e l’aiuto-detective Bonfiglio). Buona invece la scelta delle musiche di Maurizio Fiaschi e le ricorrenti note di Je reste là di Giorgio Conte e Titi Zaro che accompagnano l’investigatore dentro la vertigine della verità.
Coproduzione italo-svizzera, Oltre la nebbia è una coraggiosa costruzione noir che si sgretola troppo presto nella indecisione tra il volere mostrare e il dovere suggerire: con il desiderio di mettere dentro un po’ di tutto si finisce per diluire attenzione ed emozione in una continua commistione di generi.

Regia: Giuseppe Varlotta
Interpreti: Pippo Delbono, Corinne Clery, Cosimo Cinieri, Luca Lionello, Vincent Nemeth, Joe Capalbo, Frédéric Moulin
Origine: Italia, 2018
Distribuzione: PFA Films
Durata: 86′

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