OMBRE ELETTRICHE – Cheang Pou-soi: le macabre pulsioni dell'amore

Con “Home Sweet Home” il regista hongkonghese prosegue nella personale indagine che accosta l'orrore profondo dei legami familiari alla decadenza post-industriale del territorio urbano. Mescolando melodramma sociale e horror psicologico, si dimostra autore maturo, sottilmente inquietante, in grado di trascendere i limiti di genere.

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Cheang Pou-soi appartiene a quella generazione cresciuta con il digitale, pronta a sperimentare e a mettersi in gioco in produzioni certamente minori ma necessarie alla costruzione di una poetica personale essenziale, diretta, cionondimeno consapevole. La consapevolezza data dalla libertà di poter giocare con le immagini, con le storie, con il montaggio in modi nuovi. Con Love Battlefield il regista è passato definitivamente nelle fila del cinema che conta, allargando con entusiasmo i temi di sempre ma senza perdere un approccio diretto, frontale. Il nuovo Home Sweet Home racconta di ulteriori traguardi raggiunti. È la storia di Ray e May, sposati con figlio, in cerca di una casa in cui vivere. Trovano un appartamento che fa al caso loro in una zona residenziale di nuova costruzione. Vicini accoglienti, ambiente salubre, tutto sembra perfetto: eppure May ha la sensazione che i corridoi e le ombre siano percorsi da creature in agguato. Le sue paure si materializzano quando all'improvviso suo figlio scompare. La polizia sospetta proprio di lei, a causa dei suoi comportamenti iperprotettivi, sulla soglia del patologico. Ma ben presto diventa chiaro che negli interstizi di una modernizzazione forzata si nasconde una figura figlia del dolore. Un dolore in cerca di una consolazione che non può trovare. Cheang Pou-soi torna alle atmosfere di Diamond Hill. Se là c'era la disperazione per la separazione tra fratello e sorella, qui viene esplorata la relazione di dipendenza/assuefazione tra madre e figlio. Se là c'era la nostalgia per un quartiere/banlieue completamente raso al suolo e ricostruito, qui c'è la rabbia per uno sgombero di abusivi per innalzare palazzi. Se là il legame tra i due inseparabili protagonisti era deformato dalla lente della ghost story, qui tutto è visto nell'ottica del mostruoso, dell'estraneo, dell'emarginazione.

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Ma Home Sweet Home non è una semplice rilettura di Diamond Hill con più mezzi e attori conosciuti (una Shu Qi febbrile, una Karena Lam sfigurata e disperata). Cheang Pou-soi opera un vero e proprio slittamento, integrando tutto il suo cinema in un percorso ascendente di grande risonanza. In Home Sweet Home c'è l'eleganza algida e geometrica di New Blood, con una fotografia metallica cromaticamente attestata su colori tenui, impersonali; c'è l'attenzione alle sfumature e al caso di Love Battlefield, con dialoghi ridotti all'osso e la predominanza lasciata ai corpi, agli sguardi, ai fremiti delle sensazioni. E c'è soprattutto il coraggio di portare fino alle estreme conseguenze un discorso allegorico scoperto ma non per questo meno aspro, meno politico, meno sincero. Home Sweet Home si maschera da horror della paranoia classico, in cui una figura estranea, mostruosa appunto, minaccia l'unità famigliare. Ma in questo caso c'è un completo ripensamento delle opposizioni, perché l'empatia pervasiva della macchina da presa arriva a comprendere anche il diverso. Da un lato lo sfaldarsi nell'orrore di una famiglia reale, dall'altro il ricrearsi immaginario di una famiglia ideale, spazzata via dal nuovo che avanza. Non c'è un bene e un male, un assolutamente giusto e un definitivamente sbagliato, solo la lotta tra due dolori troppo grandi per essere sopportati; entrambi i fronti vorrebbero reintegrare e riparare ciò che ormai non esiste più, costi quel che costi. Il risultato supera qualsiasi dicotomia, qualsiasi voglia di rivalsa e, non meno significativo, qualsiasi inscatolamento nei film di genere. Il fervore paranoico può ricordare ad esempio Flightplan. Mentre però nella pellicola hollywoodiana tutto era risolto in un rilancio esponenziale della concitazione da thriller, Home Sweet Home sceglie sfumature più personali, richiamando con prepotenza il Dark Water di Nakata Hideo. Il grande coinvolgimento emotivo non è perciò dato dalla totale immedesimazione con la protagonista "positiva" (May/Shu Qi), minacciata e violentata nella sua identità di madre, ma dall'impossibilità endemica di scegliere tra le due parti. Non c'è via di fuga perché non esiste un fronte privo di scelte difficili, dubbie, terribili, dolorose. Solo un istinto di sopravvivenza e di unità inestinguibile.

FILMOGRAFIA


paese: Hong Kong


anno: 2005


regia: Cheang Pou-soi


sceneggiatura: Szeto Kam-yuen, Tang Lik-kei


cast: Shu Qi, Karena Lam, Alex Fong, Lam Suet, Li Peng, Zhou Xianxin


 


LINKS


http://www.kaijushakedown.com/2005/12/home_sweet_home.html (inglese)


http://slasherp.nexcess.net/htm/reviews/hsh.php (inglese)


 


DOVE ACQUISTARE


Home Sweet Home è disponibile in dvd nella versione hongkonghese (regione 0). Il film è presentato nel corretto formato anamorfico con audio originale cantonese (Dolby Digital 5.1 e Dts Es) e sottotitoli in inglese. Gli essenziali extra comprendono trailer e making of.


http://global.yesasia.com


http://www.charmes.de


http://www.dddhouse.com

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