Opera senza autore, di Florian Henckel von Donnersmarck

Un’atmosfera alla Heimat dove c’è il piacere del racconto. Non è un film particolarmente inventivo ma il suo romanzo dal sapore popolare comunque funziona

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È il fascino del racconto a catturare l’attenzione di von Donnersmarck, già autore di Le vite degli altri. Opera senza autore è un film di oltre tre ore durante le quali il regista tedesco ha modo di distendere la sua narrazione, fare trascorrere il tempo e gli anni per creare un’atmosfera alla Heimat per i suoi personaggi che, nel prima e nel dopo della Seconda guerra mondiale, dentro alle spire del nazismo, vivranno la loro difficile vicenda umana. Si parte da Elisabeth che ama l’arte e la vive in modo originale e trasmette questa passione al nipote Kurt. Il nazismo distruggerà le vite e i carnefici, a volte, la fanno franca. Elisabeth morirà gasata perché la sua vita sarà considerata inutile, ma vivrà nel futuro grazie all’amore che nutriva per Kurt.
Il piacere del racconto, dicevamo, quello che, come da sempre accade, lega lo spettatore ai personaggi e se von Donnersmarck non è particolarmente inventivo, particolarmente geniale, in compenso il suo romanzo dal sapore popolare funziona anche nel rivelare, con una certa lucidità e con efficacia precisa che è direttamente percepibile, le ferite ancora non perfettamente rimarginate dopo l’infuriare della guerra e della dittatura degli anni precedenti.

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Nel film di von Donnersmark si ritrovano i temi di una Germania che ancora a distanza di tempo deve completamente metabolizzare i postumi lunghi di quella feroce dittatura nazista e poi di una occupazione successiva, altrettanto dura e difficile, come quella che ha dato vita alla DDR nella quale si svolge tutta la prima parte del film. Uno sforzo questo che gli va comunque doverosamente riconosciuto.
Opera senza autore è un film che racconta di Kurt e della sua ricerca artistica che diventi pura espressione personale e che si faccia, al contempo, ricerca di quella verità da rivelarsi solo attraverso il percorso dell’invenzione artistica. Si tratta di concetti comuni e condivisibili che diventano, nella storia del film, il vademecum artistico di Kurt che solo dopo vani tentativi troverà gli strumenti per restituire verità al proprio lavoro.
Ma ciò che rileva, e von Donnersmarck lo sa bene, non è tanto il “prodotto artistico”, non è questo a generare la rivelazione della verità, quanto, piuttosto il percorso che è sempre fatto di sofferenza, che l’autore deve attraversare per raggiungere il vero. Il regista lavora esplicitamente su questi concetti e li mette ben stesi alla luce del sole. Forse è proprio questo il punto critico del suo film. Manca quel mistero che non va spiegato, quel rapporto con ciò che non deve essere detto, con quel lato oscuro della sofferenza dovuta all’arte che non può essere definito e diventare canone e regola generale.

Un cinema che oggi sembra fuori tempo quello che ci propone Opera senza autore che nel suo lungo sviluppo, in fondo, vuole anche raccontare il percorso di una intera nazione del dolore di un popolo dopo il crollo del nazismo, affidando alla componente romantica il compito di ricucire queste ferite e restituire ad una dimensione più umana e sicuramente più alta, il suo protagonista Kurt. Un personaggio che lentamente assume le vesti e il carattere di un uomo che appartiene ad una incipiente modernità. Opera senza autore diventa così una storia che fa della sua variegata composizione, un tratto distintivo e il suo fluviale racconto è fatto di guerra e dolori, arte e amori, paura e desiderio di rinascita, nei quali ritroviamo i temi eterni di ogni narrazione. Esplicito tanto da apparire televisivo e dove come si diceva tutto è spiegato, Opera senza autore è però un film che nasce da una istintiva sincerità, da un desiderio autentico di raccontare i personaggi, le vicende e di entrare, ancora una volta, nel cuore ferito di una nazione che ha avuto un ruolo centrale negli equilibri politici del novecento e continua ad averli ancora in questo secolo. Certo il suo film più conosciuto, con quel premio Oscar che conquistò, Le vite degli altri, resta su un altro livello di ricerca di una verità attraverso una certa invenzione del mistero svelato. Qui di misterioso non c’è molto, mancano le ombre che possano dare chiaroscuro, suscitando quel ricordo successivo che spinga ad una nuova analisi. Ma in fondo il film raggiunge il suo scopo, traducendo nella sua fluviale esistenza, l’anima tormentata e romantica della Germania che da sempre ha ricercato nell’arte l’espressione più vicina a quella sottile e proficua inquietudine che sembra costituire un essenziale e non trascurabile tratto identificativo.

 

Titolo originale: Werk ohne Autor

Regia: Florian Henckel von Donnersmarck

Interpreti: Tom Schilling, Sebastian Koch, Paula Beer, Saskia Rosendahl, Oliver Masucci, Ina Weiss

Distribuzione: 01 Distribution

Durata: 188′

Origine: Germania/Italia 2018

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