"Orphan", di Jaume Collet-Serra

orphan
A turbare l’equilibrio di casa Coleman è Esther, la piccola orfana adottata dopo la perdita di Jessica. L’orrore non scaturisce dalla rappresentazione del male come elemento costitutivo del tessuto famigliare, ma dal gioco crudele che Esther intrattiene con la sua nuova famiglia, rafforzato dall’insistenza con la quale Collet-Serra si sofferma sulla depravazione e sulla ferocia che regola ogni mossa della bambina

--------------------------------------------------------------
CORSO COMUNICAZIONE DIGITALE PER IL CINEMA DALL'11 APRILE

--------------------------------------------------------------
orphanNon c’è pace per la famiglia Coleman. Dopo la perdita di Jessica, morta ancor prima di nascere, dopo il tunnel dell’alcolismo che infanga il passato di Kate, la madre interpretata da Vera Farmiga in lotta con i segni della colpa lasciati dalla sua dipendenza, dopo i peccati del padre (Peter Sarsgaard), inciampato nelle braccia di un’altra donna, e oltre alla difficoltà di relazionarsi con una figlia disabile, la piccola Maxime è sordo-muta dalla nascita, a turbare l’equilibrio precario di casa Coleman e a mettere in discussione il ruolo di Kate, è Esther (Isabelle Fuhrman), la piccola orfana che si unisce alla famiglia, come se fosse possibile, grazie ad un’adozione, barattare il vuoto lasciato da una perdita con il sopraggiungere di un nuovo affetto. L’horror americano (anche se in questo caso firmato da un regista di origini spagnole, ma cresciuto professionalmente sul territorio statunitense, dove ha esordito con l’ennesima rivisitazione del racconto di Charles Belden, per poi prendersi una pausa dal mondo del terrore con Goal! 2: Vivere un Sogno) torna ancora una volta ad esplorare l’infanzia come manifestazione del male che scardina l’ordine famigliare. Il tema del soprannaturale e l’immagine demoniaca associata alla fanciullezza che, a partire da L’Esorcista o da Il presagio, non hanno smesso di popolare l’immaginario orrorifico americano, viene qui messo da parte a favore di un impianto che cerca la contaminazione con il thriller e dove l’instabilità è di ordine psicologico e non metafisico. A differenza del pur deludente Joshua, dove di nuovo Vera Farmiga, come in Orphan, è la madre caduta in una ragnatela perversa, il male incarnato dalla piccola Esther non è congenito al micro-organismo famigliare, è invece un elemento estraneo che si contrappone alla famiglia e tenta di minarne la coesione, senza però mai mettere davvero in discussione un’istituzione, che pur con i suoi difetti, rappresenta, nel manicheismo che è alla base della struttura di Orphan, il “bene”. Il tentativo di Jaume Collet-Serra di ricondurre la malvagità di Esther non solo ad un disordine comportamentale, come ci viene spiegato in una laconica telefonata nella quale viene svelata l’oscura identità della bambina, ma anche alla disfunzionalità dell’organismo famigliare (nel corso del suo lungo e sleale duello con Kate/Vera Farmiga, la piccola accusa la madre adottiva di “aver dato per scontato la sua famiglia”), è solo grossolanamente abbozzato, relegato alle sporadiche allusioni disseminate distrattamente lungo il racconto e alla colpa, l’alcolismo, che macchia il passato di Kate. Anche l’interessante equazione adozione/sostituzione, formulata all’inizio del film da Kate, è solo un raccordo narrativo ben presto abbandonato. L’orrore non scaturisce dalla rappresentazione del male come elemento costitutivo del tessuto famigliare, ma dal gioco crudele che Esther intrattiene con la sua famiglia adottiva, rafforzato dalla furba insistenza con la quale Jaume Collet-Serra si sofferma sulla cinica depravazione e sulla ferocia che regola ogni mossa della bambina. Nel chiarore delle distese innevate che circondano la casa dei Coleman e dove il bianco, in un simbolismo fin troppo scontato, è il falso candore dietro il quale Esther nasconde il suo vero volto, la paura e l’angoscia diventano dunque solo il passeggero risultato di un’architettura della tensione sicuramente avvincente, ma fine a stessa, che non disdegna di far man bassa di espedienti, come l’utilizzo di effetti sonori ben orchestrati o l’improvvisa incursione di soggettive spaesanti.
 
 
Titolo originale: id.
Regia: Jaume Collet-Serra
Interpreti: Vera Farmiga, Peter Sarsgaard, Isabelle Fuhrman, Lorry Ayers, Jimmy Bennett
Distribuzione: Warner Bros.
Durata: 123’
Origine: USA, 2009
--------------------------------------------------------------
CORSO ONLINE SCRIVERE E PRESENTARE UN DOCUMENTARIO, DAL 22 APRILE

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative


    Array