Orvieto Musical Cinema: un festival tra Frank Zappa e San Francesco

Si è svolta a Orvieto l'edizione zero di un nuovo festival nato per celebrare la musica nel, del e per il cinema. Un viaggio tra lo sperimentalismo di "200 motels" di Frank Zappa e la classicità di un film del 1918 su San Francesco per scoprire i diversi modi di interazione tra note e immagini

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Immaginate di arrivare sui dolci pendii delle colline di Orvieto per seguire un festival nato per celebrare la musica nel cinema. E immaginate che il primo film che vedete è un film del 1918 sulla vita di San Francesco proiettato all'interno del magnifico duomo della cittadina umbra con un accompagnamento musicale dal vivo suonato da un'orchestra di centoventi elementi. Il bianco e nero delle immagini si fonde con le eleganti bicromie delle navate trecentesche, la rigorosa composizione delle inquadrature sembra riflettere le precise geometrie dell'architettura gotica. La sacralità della visione coincide, fuor di metafora, con la sacralità del luogo. E quando San Francesco declama il suo cantico in lode di Frate Sole non possiamo fare a meno di aggiungere un Laudato sii mi Signore per Frate Cinema e Sora Musica. Il punto di forza di Orvieto Musical Cinema sta proprio nella felice intuizione di "celebrare" due componenti essenziali della vita di ciascuno di noi, necessarie quanto il sole, l'acqua, il fuoco e le stelle. Ci sono tanti modi in cui cinema e musica possono incontrarsi per intrecciare i loro linguaggi, complementari pur nella loro diversità, in un gioco continuo di rimandi emozionali tra le immagini suggerite dalle note e la "musicalità" delle immagini. Orvieto Musical Cinema nasce per indagare questo affascinante rapporto e l'edizione zero si è mossa su molteplici binari tra proiezioni, spettacoli teatrali e seminari gettando le basi per ciò che vuol diventare da grande: un evento per ospitare retrospettive sul musical, omaggi a compositori che hanno legato il loro nome a indimenticabili colonne sonore, incursioni per approfondire le felici sinergie che spesso s'instaurano tra musicisti e registi, workshop e altre iniziative, anche di tipo formativo, che si articoleranno lungo tutto l'anno per interagire con un territorio già da anni sensibile alla cultura musicale, come dimostra la longevità e il successo di Umbria Jazz.

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Le scelte fatte quest'anno dagli organizzatori (Pierluigi Frassineti, Daniela Bendoni, Cesare Ferrario) testimoniano vivacità di idee e una capacità di differenziare le proposte che fanno ben sperare per il futuro. La riuscita del festival è dovuta alla volontà di celebrare non solo la musica nel cinema ma anche la musica del e per il cinema. Un esempio di musica per il cinema è dato proprio da Frate Sole, a cui abbiamo già accennato. La pellicola, diretta nel 1918 da Ugo Folena e Mario Corsi, rimanda a un periodo della storia del cinema in cui la dignità della settima arte non era ancora riconosciuta da tutti e necessitava della nobilitazione e del sostegno di altre arti. In questo caso il processo di "nobilitazione" fu affidato al compositore orvietano Luigi Mancinelli che, rovesciando il tradizionale rapporto gerarchico tra regista e compositore, intervenne a film già iniziato e riuscì ad assumerne la paternità trasformandolo in un Poema sinfonico e Corale in quattro canti. La musica concepita per accompagnare il film ne diventa così la parte strutturante, drammatizzando le scene e individuando in ogni canto un cuore espressivo che dona unità alla costruzione narrativa.

Lontano anni luce dalla classicità dell'opera "francescana" è lo sperimentalismo di 200 Motels di Frank Zappa. Girato nel 1971, 200 Motels è una surreale rappresentazione teatrale in cui i protagonisti, lo stesso Zappa con gli altri componenti dei Mothers of Inventions, mettono in scena le loro esperienze di vita durante i vari tour. La macchina da presa documenta ciò che accade per restituircelo poi, sullo schermo, montato in un burroughsiano cut-up filmico in cui si intrecciano balletti coreografati, inserti musicali sinfonici e rock, animazioni tradizionali. La continuità narrativa lascia il posto a un frenetico balletto di immagini, per dimostrare che la musica non è semplice accompagnamento al film ma spesso determina il ritmo delle immagini che diventano esse stesse musica per gli occhi. Per quanto riguarda la musica nel cinema, a ricordare quanto sia importante l'interazione tra musica e immagini, il festival ha presentato in anteprima italiana Exils di Tony Gatlif, vincitore del Premio alla regia a Cannes 2004. Un omaggio a un regista (al quale il festival il prossimo anno dedicherà una retrospettiva completa) le cui origini tzigane-algerine impregnano le musiche (da lui stesso scritte ) dei suoi film regalando allo spettatore uno straordinario coinvolgimento emotivo che dimostra quanto il linguaggio universale delle note e delle immagini riesca ad avvicinare popoli e culture diverse.


Particolarmente attenti alle contaminazione etniche sono anche Pivio e Aldo De Scalzi autori delle colonne sonore di alcuni dei film italiani più interessanti delle ultime stagioni (tra gli altri ricordiamo Il bagno turco, El Alamein, Casomai) di cui il festival ha riproposto Harem Suaré la cui colonna sonora ben testimonia la ricerca portata avanti dai due compositori sulla musica trance dell'area mediterranea e mediorientale. Ma uno dei momenti più emozionanti del festival si è vissuto nell'incontro con Nicola Piovani. Intervistato da Ernesto Assante, Piovani ha ripercorso le tappe fondamentali della sua carriera parlando del suo metodo di lavoro, dei rapporti che lo legano ai vari registi con cui ha collaborato (ricordiamo tra gli altri, Silvano Agosti, Bellocchio, Taviani, Moretti, Fellini, Benigni) alternando aneddoti a brani suonati dal vivo. Oltre a rivivere le atmosfere di alcuni dei film italiani più importanti degli ultimi trent'anni, il pubblico ha potuto così apprezzare la profonda umanità e la simpatia di un musicista che sa fondere come pochi altri una tradizione musicale colta con una componente popolare che riesce ad andare dritta al cuore degli spettatori-ascoltatori. Un brivido ha sfiorato tutti quando il compositore ha accennato al tema principale di Il suonatore Jones di De André, con il quale Piovani scrisse le musiche di Non al denaro, non all'amore né al cielo e Storia di un impiegato. La struggente citazione ha attivato un vero e proprio cortocircuito emotivo, ha sottolineato ulteriormente il continuo gioco di rimandi, di contaminazioni reciproche su cui vive il rapporto tra cinema e musica riconosciuto dallo stesso De André quando, nell'introduzione di Rimini, ricordava che la situazione da lui descritta in quella canzone era già stata raccontata da  Fellini ne I vitelloni. Un rapporto quello tra cinema e musica costante nel tempo, che nel tempo ha saputo però rinnovarsi ed evolversi, per cui se nel 1918 era il cinema a cercare una "nobilitazione" nella musica, successivamente è stato il cinema a influenzare la musica stessa e le altre forme di espressione artistica offrendo numerosi spunti di riflessioni che potranno animare le future edizioni di Orvieto Musical Cinema.


 

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