Questa edizione dei premi Oscar, contraddistinta – sia nel numero di nomination che in quello dei premi vinti nei mesi precedenti – dal binomio The Hurt Locker / Avatar, sancisce anche la vittoria di un genere, la fantascienza, spesso trascurato dai riconoscimenti ufficiali e oggi vincente grazie ad Avatar e District 9 . Molti italiani nelle categorie tecniche
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Davide contro Golia. È questa la formula con cui gran parte della stampa americana ha deciso di raccontare questa edizione dei premi Oscar, sostanzialmente contraddistinta – sia nel numero di nomination che in quello dei premi vinti nei mesi precedenti – dal binomio The Hurt Locker / Avatar. Un tempo compagni di vita, Kathryn Bigelow e James Cameron si contenderanno tra un mese a Los Angeles i premi più importanti e prestigiosi della stagione cinematografica. Nove candidature ciascuno: è un dato sorprendente soprattutto per The Hurt Locker, il notevole war-movie della Bigelow, che – paradossi della distribuzione cinematografica – qui in Italia fummo i primi a vedere in sala a ridosso della sua anteprima veneziana un anno e mezzo fa, e che in America è uscito l’estate scorsa incassando solo una quindicina di millioni di dollari. Un’inezia rispetto ai record interplanetari del film di Cameron. Allo strapotere mediatico e commerciale di Avatar (già vincitore dei Golden Globe per film e regia), The Hurt Locker contrappone l’appoggio della critica, la stima dei registi americani (il DGA Awards vinto dalla regista qualche giorno fa in passato è stato il termometro più attendibile della vittoria finale agli Academy) e la suggestiva eventualità di portare per la prima volta una donna a vincere l'Oscar come regista. In tutto questo emergono dalle retrovie gioielli imperdibili come Tra le nuvole e Bastardi senza gloria, entrambi con sei candidature e il rammarico che in altri anni, con meno concorrenza, avrebbero potuto ambire con maggior sicurezza alla vittoria finale.
La novità di quest’anno era rappresentata nella categoria Miglior film dal raddoppio da 5 a 10 nomination, rivoluzione molto probabilmente dettata dall’esclusione negli ultimi anni di grandi film di successo di pubblico e critica come Dreamgirls, Gran Torino e Il cavaliere oscuro. Pressioni economiche e produttive sono state all’origine di una scelta “allargata” che ha così finito con il premiare diversi film-culto che in altre edizioni sarebbero rimasti fuori. È il caso di District 9, fenomeno fanta-horror molto amato in America che si contenderà non solo Miglior Film, ma anche Sceneggiatura non originale, Montaggio, Effetti speciali e che è a tutti gli effetti la vera piccola sorpresa di questa edizione. Era dal 1983 – l’anno di E.T. – che un film di fantascienza non veniva candidato al Miglior Film, quest’anno eccone ben due: Avatar e District 9, segnale che anche a Hollywood si sta istituzionalizzando uno sdoganamento dei generi che poco ha a che vedere con la tendenza tradizionalista del passato. Sdoganamento che è ormai assolutamente compiuto nei confronti della Pixar, vera regina del cinema contemporaneo, che ha visto il valore suo ultimo Up riconosciuto con 5 candidature (Film, Film in animazione, Sceneggiatura, Colonna sonora, Suono). Il film di Peter Docter ci porta così, seppur tortuosamente, a occuparci dell’Italia.
Apparentemente – vista l’esclusione di Baaria – sembrerebbe un’annata decisamente perdente per il nostro
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cinema, che già l’anno scorso dovette subire la delusione Gomorra. Eppure partendo da Up, alla lavorazione del quale ha contribuito a vari livelli il nostro Enrico Casarosa, molte sono le maestranze che hanno visto riconoscere il proprio talento in categorie tecniche. Partiamo da Il Divo. Il film di Sorrentino – molto rispettato in America – ha avuto una inaspettata nomination per il Make-up; già candidati per Apocalypto Aldo Signoretti e Vittorio Sodano sono riusciti ad avere la meglio su film molto più quotati, raggiungendo un riconoscimento tutt’altro che trascurabile. Stessa cosa vale per il toscano Marco Beltrami – traferitosi in America ancora bambino – che è candidato per le musiche di The Hurt Locker, e, soprattutto, per Alessandro Camon, produttore e sceneggiatore padovano, un tempo critico cinematografico in Italia dove scrisse saggi su John Milius e David Lynch, candidato come sceneggiatore per The Messenger. Meriterebbe poi un discorso a parte Mauro Fiore, il pirotecnico operatore dell'avvenieristico Avatar, una nomination, quella per la Miglior Fotografia, tanto prevedibile quanto meritata.
Tutti nomi che confermano che i talenti nella nostra penisola non mancherebbero certo, se solo si cercasse anche qui da noi la via di un professionismo più illuminato e meno “familiare”. Pensiamo anche all’ultimo, bellissimo film di Paolo Virzì e all’apporto fondamentale del direttore della fotografia Nicola Pecorini.
In passato straordinario collaboratore di Terry Gilliam e William Friedkin, che in La prima cosa bella sembra davvero riportare le immagini del cinema italiano a delizie storariane.
Tutte le nomination qui
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Caro Valeri condivido molto, ma siamo orfani di Mr Mann!