"Oxford Murders – Teorema di un delitto", di Alex de la Iglesia

Il film più scopertamente teorico di Alex de la Iglesia è la rappresentazione di un immaginario già ampiamente vissuto e assimilato, messo in scena attraverso un insieme di formule e rimandi matematici: ambizioso, imperfetto e superficiale, ma anche innegabilmente affascinante, Oxford Murders segna una decisa inversione di rotta per il regista spagnolo.

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Il delitto come motore narrativo di un genere; l’investigazione come rito meccanico fondato sulla logica; i personaggi come pedine di un disegno superiore incomprensibile. Il nuovo lungometraggio di Alex de la Iglesia sin da subito si rivela essere il suo film più scopertamente teorico, la rappresentazione di un immaginario già ampiamente vissuto e assimilato, ma filtrato attraverso la lente delle formule e del raziocinio; strutturato come un giallo di impianto classico, tradizionale, quasi alla Agatha Christie, e attraversato da poche e brevi impennate grottesche (comunque più moderate rispetto agli standard del regista), Oxford Murders mette in scena l’impossibilità umana di comprendere la realtà nonostante la si cerchi di definire tramite numeri e regole, perché "di ciò che non si può definire, è impossibile parlare". Materia artificiosa e complessa quella del film, che non ci si aspetterebbe da un de la Iglesia: e infatti, da regista più di pancia che di testa quale è, non sempre riesce a mantenere il controllo del suo film, ambizioso e imperfetto, inevitabilmente superficiale ma allo stesso tempo decisamente affascinante, che non sposa nessuna tesi originale e rivoluzionaria (per il fallimento della logica come specchio del mondo il paragone più immediato è quello con Memories of murder di Joon-ho Bong, considerevolmente superiore) e che eppure si dipana in maniera contagiosa per lo spettatore, fino a un finale fin troppo generoso di colpi di scena ma non per questo deludente. Un esercizio di stile, indubbiamente; un’opera fredda e tutta di testa, colma di simboli, rimandi e teorie matematiche, alla quale è sufficiente un piano sequenza per rimarcare l’identità inferiore dei suoi protagonisti (pedine, appunto), testimoni impotenti di un mondo del quale non riusciranno mai a comprendere la portata. Per il regista spagnolo è una digressione netta rispetto alla visceralità estrema del suo cinema precedente, quello in cui – nel migliore dei casi – il grottesco si sposava con una visione cinica e orrorifica delle cose (Crimen perfecto, Perdita Durango): ora che ha scelto di salire in cattedra per ergersi a maestro ci sembra che abbia fatto qualche passo indietro, soprattutto in termini di umiltà.

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Titolo originale: The Oxford Murders

Regia: Alex de la Iglesia
Interpreti: Elijah Wood, John Hurt, Leonor Watling, Julie Cox, Burn Gorman, Anna Massey

Distribuzione: Warner Bros. Italia
Durata: 107’

Origine: Spagna/Francia, 2008

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