PADRENOSTRO, di Claudio Noce

Tratto dalla tragica vicenda dell’attentato al padre del regista, PADRENOSTRO è sospeso tra realtà e immaginazione e fa fatica a trovare un suo equilibrio. Concorso

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“Respira con la pancia”. Nell’affanno di un attacco di panico avvenuto in metropolitana ai giorni di oggi ci sono i segni di un passato che ha lasciato le sue tracce per sempre. Un evento tragico, avvenuto nell’estate del 1976, ha sconvolto la vita di Valerio, un ragazzino di quasi 11 anni; con i suoi occhi ha assistito all’attentato di un gruppo di terroristi nei confronti del padre. Da quel momento la sua famiglia, composta anche dalla madre e dalla sorella più piccola, ha spesso paura che ogni volta possa accadere qualcosa di brutto. Ciò avviene, per esempio, il giorno in cui Valerio scappa da scuola. Il ragazzino ha anche una fervida immaginazione. E proprio in quei giorni difficili conosce Christian, un ragazzino poco più grande. Di lui si sa poco o nulla. Non si sa chi è la sua famiglia e da dove viene. Solitario e ribelle, spunta all’improvviso mentre Valerio è in Calabria con la sua famiglia a casa dei nonni.

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Claudio Noce, al terzo lungometraggio dopo Good Morning Aman e La foresta di ghiaccio, utilizza un titolo che è quello di una preghiera e scrive una lettera al padre a cui il film è dedicato. PADRENOSTRO è infatti ispirato a un evento realmente accaduto. Il padre del regista, il vicequestore Alfonso Noce, aveva infatti subito un attentato da parte dei NAP (Nuclei Armati Proletari) il 14 dicembre 1976. Diventa quindi un film personalissimo,  in cui lo sguardo del cineasta è avvolto completamente dentro la storia che racconta. Dietro ciò che vede Valerio, sospeso tra realtà e immaginazione, c’è la ricostruzione dei ricordi del cineasta, che all’epoca aveva un anno e mezzo.

Sono film difficili quelli come PADRENOSTRO. Perché si avverte uno scarto tra le intuizioni e il risultato. Ed entra per forza in gioco l’elemento soggettivo. Dal nostro punto di vista, quel senso di paura, di smarrimento, è arrivato solo parzialmente. Forse perché da una parte in Italia è difficile ancora oggi fare film sul terrorismo. Solo Bernardo Bertolucci ci è riuscito alla grande, anche se da un punto di vista periferico, con La tragedia di un uomo ridicolo. Inoltre perché quelli sono gli anni culminanti del terrorismo. Noce privilegia l’angolo soggettivo. Accenna a figure come il calciatore Luciano Re Cecconi durante la partita di Subbuteo che verrà ucciso per sbaglio da un gioielliere il 18 gennaio 1977 in pieni anni di piombo. Il punto di vista è sicuramente coerente e viene seguito fino alla fine del film. Però quel determinato periodo storico resta sullo sfondo, sottolineato dalla fotografia di Michele D’Attanasio che restituisce pi

ù i colori che il clima dell’epoca. Resta la visione de padre con una prova notevole e difficile da parte di Pierfrancesco Favino che di PADRENOSTRO è anche uno dei produttori. Meno convincente è l’interpretazione dei due ragazzini, Mattia Garagi e Franceco Ghegi nei panni rispettivamente di Valerio e Christian che appaiono a disagio soprattutto nel momento in cui sono come sospesi e proiettati in un altro mondo. C’è una scena in Calabria vicino a uno scoglio dove i due si rivedono. Christian gli tende la mano. Valerio è indeciso se dargliela o no e si sente subito dopo il grido del padre.

Inoltre la paura. Come si è detto attraversa tutto il film. Almeno dal nostro punto di vista, è stata percepita più dai dialoghi dei personaggi che visivamente. C’è solo una scena in cui prende forma da un punto di vista cinematografico. Il padre di Valerio sta guidando l’auto in Calabria. Dietro ha la macchina di scorta. A un certo punto viene sorpassato da una moto. Lì pensa che possa essere tutto finito.

Appaiono poi soprattutto discutibili due soluzioni. La prima è la scena dell’attentato con le note di Buonanotte fiorellino di De Gregori sulle scariche dei mitra. La seconda riguarda la telefonata in cui il padre di Valerio riceve la notizia dell’attentato al magistrato Francesco Guarna l’8 giugno del 1976. In realtà il suo vero nome era Francesco Coco e venne ucciso quel giorno a Genova dalle Brigate rosse. Perché cambiare il nome? Forse la componente più visionaria funziona quando quell’estate è mostrata attraverso gli occhi di Valerio. Perché comunque PADRENOSTRO è un film che ‘respira con pancia’. Nelle due soluzioni citati, sempre secondo il nostro punto di vista, si richiedeva un maggiore realismo.

 

Regia: Claudio Noce
Interpreti: Pierfrancesco Favino, Barbara Ronchi, Mattia Garaci, Francesco Ghegi, Anna Maria De Luca
Distribuzione: Vision Distribution
Durata: 120′
Origine: Italia, 2020

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.2

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
2.88 (73 voti)
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