Palombella rossa, di Nanni Moretti
Uno dei film più teorici, ironici e commoventi del cinema italiano anni ’80, segnando la fine di un’epoca, di un personaggio e di un modo di amare/criticare il cinema. Stasera, ore 21.10, La7
Cosa scrivere oggi su Palombella Rossa? Insomma quali riflessioni operare ancora sul film italiano forse più amato, odiato, citato e analizzato degli ultimi trent’anni? In mente tornano subito tormentoni come “Ti ricordi? Ti ricordi? Ti ricordi?“… e allora l’atto critico non può che farsi istantaneamente privato, personale, cercando di svelare nel (frat)tempo ulteriori riflessi contemporanei dell’opera. Io non ricordo esattamente quando vidi per la prima volta il film. Credo a metà anni ‘90, rigorosamente in VHS, pressoché l’unico modo per immergersi in universi cinematografici passati in una provincia del Sud Italia. La fascinazione personale per il cinema di Nanni Moretti, però, nasceva da suggestioni differenti rispetto a ogni dibattito ideologico che ammantava puntualmente i tanti giudizi critici che leggevo su quotidiani o riviste. Insomma amavo (e amo) i film di Moretti soprattutto perché sono riusciti a far vivere (truffauttianamente) un personaggio trasversale che travalica le storie e lo schermo, che soffre e sorride, che canta e ama, che prova passioni e sconfitte, ma che ha sempre il coraggio di confrontarsi a viso aperto con il proprio presente. Michele Apicella è stato il personaggio centrale del cinema italiano anni ‘80 proprio perché intercettava un sentimento comune, quell’impalpabile post, un’intima coscienza del proprio tempo e una altrettanto intima appartenenza al passato. Una riflessione sovrapponibile a ogni età della vita. Insomma Moretti è riuscito come pochi a fondere pubblico e privato, individualismo e collettività, creando un immaginario indiscutibilmente cinematografico proprio in un decennio di fortissime mutazioni sociali che il cinema italiano faticava a intercettare come nelle stagioni precedenti.
Veniamo ora alla palombella d’addio a Michele, dopo un lungo percorso fatto di autarchia e sogni d’oro, amori impossibili e sconfitte generazionali. Una sequenza in particolare (col senno di poi) credo illumini al meglio il percorso “futuro” del cineasta romano. Piscina di Acireale, partita fuori casa per il Monteverde, il risultato è impietoso (9 a 2) e l’allenatore Silvio Orlando urla dalla tribuna che si può ancora recuperare “un gol alla volta, un gol alla volta, un gol alla volta!”. Una radio si accende… parte I’m on Fire di Bruce Springsteen e contagia tutti come una calda carezza. Una canzone così lontana dall’immaginario morettiano (costruito sin lì tra Battiato e Lauzi), in una scena che continua ad emozionare proprio perché segna una pausa, uno scarto di vita, come quegli improvvisi momenti di profonda commozione per ognuno di noi (gli I’m on Fire sinceri e sussurrati) che hanno sempre un tempo tutto loro. Anzi sono per definizione fuori-dal-tempo. Quella canzone è una parentesi emotiva tra le amnesie e le epifanie, le ossessioni della politica (la crisi del Pc nel fatidico 1989) e della famiglia (come si fa a essere padri se ci sente intimamente figli?), tra gli schiaffi dati perché le parole sono importanti e le tribune Tv dove cantare la propria differenza; unendo in coro dilettanti e professionisti, mentori e allievi, tifosi e infiltrati, arbitri e telecronisti. Un coro che non ha più il sapore amaro dell’ossessivo “ti ricordi? Ti ricordi? Ti ricordi?”, ma che riesce ad esplodere in un sentimento tutto-presente.
Nanni Moretti ci ha regato uno dei film più teorici, ironici e commoventi del cinema italiano anni ’80, segnando la fine di un’epoca (i partiti, le battaglie ideologiche e le “grandi narrazioni”), di un personaggio (Michele e il suo eterno scontro generazionale) e di un modo di amare/criticare il cinema. La piscina di Acireale dove si gioca la partita della storia – abisso temporale che pone il pubblico in un teatro terribilmente privato – è la carezza immaginaria che Moretti lancia al suo mondo prima di confinarlo definitivamente in un (Caro) diario scritto da adulto. E rivisto oggi, finalmente liberato dalla stretta contingenza del suo tempo, il film ci appare come una bellissima parentesi tra i miti della gioventù che fanno urlare a squarciagola (Il Dottor Zivago e la passione politica) e la piscina dell’età adulta dove le palombelle di vittoria si fanno sempre più ardue e dove i singoli momenti strappati alla bagarre sono quelli che contano davvero. Singoli momenti che come una “merendina di quand’ero bambino” danno senso a tutto il resto… aprendo alla stagione di Aprile.
Regia: Nanni Moretti
Interpreti: Nanni Moretti, Silvio Orlando, Mariella Valentini, Asia Argento
Durata: 89′
Origine: Italia 1989
Genere: commedia