Paolo e Francesca, di Federico Caponera

Una partenza un po’ faticosa poi il corto cresce alla distanza. Interpretato da Fabrizio Rongione e Barbora Bobulova e presentato ad Alice nella Città.

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Francesca parla di Paolo. Paolo di Francesca. Sono sul divano. Sembra una storia come tante altre. Potrebbe somigliare anche a quelle commedie sentimentali dove la coppia fa terapia parlando di se stessi, tra Woody Allen ed Harry ti presento Sally. C’è la storia d’animazione. Lì c’è l’altra realtà parallela. Paolo scrive storie per bambini. Francesca arreda spazi. Poi c’è la minaccia con l’arrivo di un corvo gigante. Un tumore stravolge la loro vite.

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Fabrizio Rongione e Barbora Bobulova sono i protagonisti di questo cortometraggio diretto da Federico Caponera, presentato ad Alice nella Città. Può apparire, soprattutto all’inizio, piuttosto schematico il contro-campo simbolico tra la realtà e la fiaba. Poi diventa claustrofobico. La stanza dove i due protagonisti sono sempre sul divano diventa un drammatico confronto. C’è la paura, la speranza, la tentazione di evadere, la necessità di restare e affrontare la malattia.

Caponera lavora sul tempo. Lo spazio è sempre quello ristretto di un ‘cinema da camera’ che fa di Paolo e Francesca un film efficacemente oppressivo. Un anno dopo, due anni prima. C’è la vita che guarda all’indietro nel primo caso, in avanti nel secondo. Poi lì, la frattura. Paolo e Francesca si prende il tempo necessario per alzare la temperatura emotiva e infatti cresce alla distanza. I viaggi sembrano un addio infinito. I punti di frattura sono molteplici, a volte esplosivi: “Sono io che ho il tumore. Perché sei incazzato?”. Un percorso prima di tutto mentale ma dove Rongione e la Bobulova mettono in atto la fisicità della parola. Si chiude con una citazione dal 5° canto dell’Inferno ed è sottolineato dal brano Torazina Porteña dei Mistonocivo.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.4

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
5 (1 voto)
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