Paolo Virzì racconta la sua pazza gioia

Prima dell’imminente passaggio alla ricchissima Quinzaine des réalisateurs, Paolo Virzì ha presentato alla stampa italiana il suo ultimo film La pazza gioia.

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Prima dell’imminente passaggio al Festival di Cannes, nella ricchissima selezione della Quinzaine des réalisateurs, Paolo Virzì insieme alle sue due protagoniste Micaela Ramazzotti e Valeria Bruni Tedeschi ha presentato alla stampa italiana il suo ultimo film La pazza gioia. Il regista livornese parla della sua reazione all’invito del Festival (il primo della sua carriera).”L’invito a Cannes è stata una vera sorpresa per tutti noi. L’uscita del film, e ci sono ancora diversi cartelloni in giro a testimoniarlo, era prevista per i primi di marzo. Non avevo programmato di portare La pazza gioia al Festival ma la Quinzaine ci ha contattato entusiasta e non potevamo certo rifiutarci di andare. La Quinzaine è una sezione che mi ha sempre affascinato. Sono felice di essere stato selezionato insieme a grandi nomi come Pablo Larrain e Paul Schrader. Inolte ci sono anche Marco Bellocchio e  Claudio Giovannesi. Sarà un’esperienza stimolante.Sulla genesi del progetto, Virzì parla di un’ispirazione improvvisa nata sul set de Il capitale umano, la sua opera precedente. Stavo girando un altro finale del film con Valeria. La scena prevedeva che lei che scappasse dal marito. Anche se poi non abbiamo usato la scena, vederla correre follemente, mi aveva fatto scattare qualcosa. Poi un giorno è venuta sul set Micaela per farmi una sorpresa ed è stata accolta proprio da Valeria. Mentre giravo le vedevo da lontano, insieme, cosi particolari insieme. Avevo quasi la voglia di spostare la cinepresa su di loro. Dalla voglia di raccontare una storia su loro due è partito tutto. Il soggetto è stato quasi automatico, mentre per la sceneggiatura, l’aiuto di Francesca Archibugi, un’amica che mi ha sempre dato un enorme mano con mie storie, ha fatto tutto il resto.

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L’altro tema decisivo del film è, appunto, la malattia mentale. “La psicopatologia scorre nella nostra realtà. Quello che mostriamo nel film è ciò che la sanità italiana offre per la cura delle malattie mentali. Trovo molto triste questa paura verso le psicopatologie, questo desiderio di volerle tenere lontane. Avere sul set delle ragazze realmente affette da problemi psichiatrici ha regalato al film un’atmosfera unica. Le riprese sono state gioiose insieme a loro, una vera liberazione.” Virzì, inoltre, è ben consapevole della sua grande attenzione verso i personaggi femminili:forse è perchè da piccolo oltre a Salgari, leggevo anche Piccole Donne. Io amo le storie femminili, credo siano narrativamente fantastiche. E’ per questo che adoro i film di Woody Allen con protagoniste femminili e ho sempre preferito Io la conoscevo bene a il Sorpasso. Ho un grande interesse per le donne sbagliate, quelle stigmatizzate da tutti come poco di buono. Scrivere di queste donne, a Francesca e a me, ci ha fatto sentire bene. Ci siamo innamorati di loro e, forse, ci siamo anche identificati in loro.” Quindi il film è una sorta di Thelma e Louise nelle psicopatologie?In realtà non abbiamo pensato molto a quel film, ammette Virzi. “io ad esempio di quella pellicola ricordo solo lo splendido finale. Scrivendo abbiamo più guardato a Tennessee Williams, cui abbiamo rubato intere frasi, o a quel cult della mia giovinezza che è stato Qualcuno volò sul nido del cuculo di Forman. Certo, però, il paragone con il film di Scott lo accettiamo ben volentieri.”

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