"Paparazzi", di Paul Abascal

In un crescendo in/verosimile di ricatti, violenze ed inganni, non bastano pochi elementi di thriller a contaminare un'orgia visivo-sonora utile al consumarsi di una vendetta vissuta come ineluttabile.

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Il limite di Paparazzi sta proprio nei paparazzi stessi. Ovvero nella visione (in parte) distorta ed estrema che si ha di questa figura nell'immaginario condiviso. Senza tirare in ballo le morti celebri come quella di Lady Diana, l'invadenza degli obiettivi nella privacy, vera o presunta (da sempre esistono gli scoop concordati), dei personaggi pubblici è diventata una pratica accettata e spesso necessaria a soddisfare istinti vampireschi, normali antidoti ad un'altra invadenza su cui quasi nessuno riflette: quella della celebrità di corpi/pensiero iconici che, comunque sia, ci aggrediscono quotidianamente senza che noi possiamo o meno deciderne un contatto consapevole. La guerra che il film di Abascal descrive è certo parossistica, anche se la serie di tamponamenti in auto adottati dai paparazzi hollywoodiani per aggirare legalmente la privacy sono un'evidente strategia bellica di riferimento. Ma la guerra esiste veramente? Nessun "tamponatore" è stato ancora denunciato per evitare intrusioni ulteriori ed infatti lo stesso protagonista, malgrado il giustizialismo di facciata, si arrende da subito al diabolico meccanismo. Quando l'attore emergente Bo Laramie, con moglie e figlioletto al seguito, subisce gli agguati della banda dei "cecchini della visione", con tanto di incidente spettacolare, notiamo da subito una rassegnazione, quindi un'invisibile complicità, al sistema mediatico ed un inevitabile scivolamento nella risoluzione illegale. Presto si attuerà la mutazione genetica nel vendicatore più o meno notturno che aiuterà non poco il film ad infilarsi in un crescendo in/verosimile di ricatti, violenze ed inganni. La figura del detective, che ricompone il puzzle e poi non accuserà Laramie perché ritenuto giustificato nelle sue azioni, sembra così quella di uno spettatore comune, esterno al tutto. Come gli elementi di thriller che instilla senza riuscire a contaminare l'orgia visivo-sonora utile al consumarsi della vendetta. Il fatto che l'esordiente Abascal sia l'ex parrucchiere di Mel Gibson (qui in veste di produttore oltre che in un cameo come Chris Rock e Matthew McConaughey) è questione marginale, in fondo Paparazzi non è girato peggio di mille altri film simili, che può interessare strumentalmente detrattori pettegoli. Gli stessi che non mancheranno di accostare il film al suo omonimo italiano del '98 (per una volta che la distribuzione avrebbe fatto bene a modificare il titolo originale…).

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Titolo originale: Paparazzi


Regia: Paul Abascal


Interpreti: Cole Hauser, Robin Tunney, Dennis Farina, Daniel Baldwin, Kelly Carlson


Distribuzione: Eagle Pictures


Durata: 84'


Origine: Usa, 2004


 

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