"Paranormal Activity 3", di Ariel Schulman e Henry Joost


Da sempre, la saga di Paranormal Activity 3 si gioca su una sola idea: potrebbe sembrare poco per un film intero, ma è una scelta che continua a regalare qualche brivido onesto ed indimenticabile. Il problema non è il banale intreccio narrativo, ma l'idea stessa che una telecamera ossessiva scateni qualcosa che deve essere ripreso: questa volta, la definizione e la percezione di uno spazio sempre incerto senza il montaggio esterno costruisce dei momenti di tensione magistrali

--------------------------------------------------------------
CORSO COMUNICAZIONE DIGITALE PER IL CINEMA DALL'11 APRILE

--------------------------------------------------------------

E’ davvero difficile fare un discorso su Paranormal Activity ed esprimere un giudizio equilibrato. La saga è arrivata al terzo episodio e non ha perso quel fascino inspiegabile che ne ha condizionato il successo. Forse è persino una conseguenza inconsapevole di una ricerca narrativa che vorrebbe puntare ad altri tipi di emozioni cinematografiche, come i salti da dentro l’armadio o le apparizioni improvvise: il fatto è che l’idea stessa di un film costruito in questo modo è irresistibile ed è quasi impossibile che i produttori non ne siano coscienti. Ancora una volta, la vera presenza estranea e disturbante è la telecamera stessa: nel primo capitolo, sembrava addirittura che fosse l’ansia del ragazzo di riprendere a scatenare il demone che disturbava la sua quiete domestica; nel secondo, era la sua incontestabile versione dei fatti a spaccare la coppia su quello che doveva essere fatto. Anche qui, il suo ruolo è quello di dividere i diversi protagonisti e di isolarli in modo irreversibile: non è possibile spiegare il culmine delle tensioni familiari senza svelare il coup de theatre finale, ma anche in questo caso una delle inoppugnabili virtù di Paranormal Activity è il suo voyeurismo. Al punto che questa volta la coppia sta davvero per riprendere il proprio amplesso proprio nel momento in cui la presenza li scuote per rivendicare il suo posto da protagonista e li allontana dal loro proposito. Non è un discorso sulla ormai irrinunciabile necessità di immortalarsi, che altrimenti si sarebbe consumato rapidamente dopo il primo esperimento. In qualche modo, il format ha scoperto la forza di una prima inquadratura cinematografica: il suo meccanismo è banale e semplice ma anche viscerale. La profondità di campo e l’occhio della telecamera regalano allo spettatore una focalizzazione superiore a quella del protagonista, che non ottiene quella prospettiva fino a quando non si rivede nel video che lui stesso ha girato. Eppure, anche per chi guarda è una definizione dello spazio che è sempre incerta e poco chiara, almeno fino al momento in cui chi la organizza decide di darle una svolta: davanti alla sua onnipotenza, lo spettatore non può che sentirsi nudo. Paranormal Activity 3 ha un’intuizione geniale, che non è quella di seguire la coerenza del prequel e di far tornare indietro la tecnologia ad uno stadio pre-digitale: se il vero segreto dell’horror e quello del fuori campo, allora la geniale, primitiva e ossessiva panoramica in stile Promio che tenta di accorpare il salone e la cucina della casa assicura una tensione continua. Nel momento stesso in cui lo schermo è diviso in due parti comunicanti, l’attesa che l’inquadratura torni a svelare l’evoluzione del pericolo diventa estenuante. Tuttavia, il procedimento è incredibilmente elementare: una telecamera poggiata sulla base mobile di un ventilatore, come ci spiega il protagonista mentre la sta costruendo… Paranormal Activity si gioca sempre su un’idea, che deve valorizzare un plot che altrimenti non sarebbe diverso da molti altri del filone demoniaco: potrebbe essere poco per dargli un valore positivo, ma è anche vero che la sua applicazione costante continua a regalare dei brividi davvero onesti ed indimenticabili.

--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------

 

Titolo originale: id.
Regia: Ariel Schulman e Henry Joost
Interpreti: Katie Featherstone, Sprague Grayden, Mark Fredrichs
Origine: Usa, 2011
Distribuzione: Universal
Durata: 90'

 

--------------------------------------------------------------
CORSO ONLINE SCRIVERE E PRESENTARE UN DOCUMENTARIO, DAL 22 APRILE

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative


    3 commenti

    • Ah, allora non sono l'unico in Italia che è andato pazzo per il primo Paranormal Activity (per me, una pietra miliare del genere horror)

    • ….sarà, ma come la mettiamo quando un film horror non fa paura? il n.2 era passabile ma in questo la povertà di idee è assoluta

    • Roberto di IAC

      i Paranormal Activity sono la novità horror pià interessante degli ultimi anni, almeno come ll'ondata giapponese poi esauritasi per sfruttamento eccessivo. per ora i Paranormal hanno saputo evolversi benissimo, il meccanismo teorico è complesso, la paura è autentica, e c'è davvero qualcosa di "irresistibile" in questi film solo apparentemente ripetitivi. Il n. 3 mi pare l'episodio più riuscito, la recensione di SS è pienamente condivisibile.