Parigi può attendere, di Eleanor Coppola

Il tono leggero cela un avvertimento non tanto per il pubblico femminile, apparente target naturale, quanto per la controparte maschile: un promemoria sull’importanza delle attenzioni quotidiane

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Nel personaggio di Anne si specchia, in maniera decisamente evidente, l’autrice del film Eleanor Coppola: un aspetto che Eleanor non ha mai nascosto, quello dell’autobiografismo spinto di questa storia, realmente accadutale in passato (e dunque, sì, Alec Baldwin incarna una versione amabilmente schernita e ingoffita di Francis Ford, mentre rimane il mistero su chi sia realmente l’amico francese che offre il pirotecnico e avventuroso passaggio in macchina alla donna).
Una sincerità sfacciata e fragilissima che trapassa il canone garbato e senile dell’on the road culinario-enologico da vacanza a cinque stelle in Europa, genere che ha Diane Lane per l’appunto tra le sue stelle più fulgide, e porta con sé i sorrisi più teneri dell’opera (i continui riferimenti alla figlia geniale in cerca di indipendenza, che passa alla protagonista gli mp3 dei Phoenix…!), come pure però l’istante più toccante e intimo di tutto il viaggio (non a caso forse l’unica sequenza non a tavola, lontana da dolci, vini, formaggi…), la confessione in chiesa sul piccolo figlio morto ma mai dimenticato, inaspettato monologo che travalica la vignetta in prima persona per farsi espiazione pubblica alla quale è difficile rimanere indifferenti.

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E però ci sembra che la figura di Anne abbia anche una seconda linea di discendenza non meno nascosta del raddoppio su Eleanor Coppola: la passione per i tessuti della donna, e la visita al Museo delle stoffe di Lione, sono chiari rimandi a Milena Canonero, vera coautrice nascosta del look del film, stretta amica di casa di famiglia Coppola, come anche Diane Lane (quattro volte nelle opere di Francis, dai Ragazzi della 56esima strada fino a Jack), meravigliosamente vestita Canonero già nel fulgido ruolo di Vera Cicero in Cotton Club (1984).
Se è pur vero che i personaggi si cambiano d’abito molto poco nel corso del film (Arnaud Viard costruisce un esplicito siparietto al riguardo, legato ai suoi calzini spaiati), la sensibilità che scaturisce dall’incrocio di queste tre traiettorie femminili Coppola-Canonero-Lane permea ogni angolo delle immagini, un connubio che si riflette nell’attenzione minuziosissima ai dettagli, agli attimi e ai particolari fermati nelle istantanee che la protagonista scatta in continuazione, fino allo sguardo in macchina conclusivo, in cui Diane/Anne con fare irresistibile incrocia la complicità e l’empatia con gli spettatori pur non svelando fino in fondo il segreto, la confidenza tra amiche.

Il tono leggero e disimpegnato di Parigi può attendere sembra insomma celare un avvertimento non tanto per quel pubblico femminile che è l’apparente target naturale di riferimento, quanto per la controparte maschile talmente sicura di sé senza però essere in grado di farsi una valigia da soli senza l’apporto fondamentale della dolce metà.
Insomma, un sornione film-promemoria sull’importanza delle piccole attenzioni quotidiane, probabilmente meno fuori dal tempo di quanto lascerebbe supporre il compassato apparato formale dell’autrice (con tanto di rimandi diretti alle tele celebri degli impressionisti…) dietro la mdp.

Titolo originale: Paris can wait
Regia: Eleanor Coppola
Interpreti: Diane Lane, Alec Baldwin, Arnaud Viard, Cédric Monnet
Origine: USA, 2016
Distribuzione: Good Films
Durata: 92′

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