Parlami di Lucy, di Giuseppe Petitto

Una spirale drammaturgica che si avviluppa attorno allo status sensoriale della propria protagonista, diventando epidermico dramma interiore. Ultimo film dello scomparso regista Giuseppe Petitto

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Nicole è pervasa dalla continua sensazione che la figlioletta Lucy sia in pericolo, tanto che la grande e isolata casa in cui abitano non sembra più custodire l’armonia familiare: sono fin troppe, infatti, le ombre che minacciose incombono oltre gli spazi verdi e grigi delle montagne, inghiottendo a poco a poco le certezze della donna. Parlami di Lucy si getta sin da subito entro un vortice di sguardi, silenzi e penombre difficili da decifrare, traiettorie languide che sorreggono un ritratto duro e profondo della psiche di una madre, le sue paure, le angosce, i profili calcati del nero più cupo. Prima incursione fiction nello spazio del lungometraggio per il prematuramente scomparso cineasta Giuseppe Petitto – regista, montatore e produttore molto attivo e apprezzato in campo documentaristico -, il film lega tra loro diverse stratificazioni e suggestioni.

Parlami di Lucy mette in scena un’ambientazione minimal, una scelta quasi teatrale (o meta-testuale), che supporta l’asciuttezza compositiva, la saturazione della fotografia, e i suoi ritmi chiaroscurali, con il continuo contrasto tra fuori e dentro, tra la magnificenza imperscrutabile di paesaggi naturalistici mozzafiato e le cupe ombre che riempiono gli spazi interni della vita di Nicole. I continui riverberi sensoriali e visivi che il film annoda, tracciano le linee di un interessante e differente approccio al genere drama-thriller nel panorama italiano, che ne riscatta qualche occasionale evanescenza nel racconto.
E il minimalismo del film, visuale e descrittivo, affonda le proprie mani in una struttura narrativa solida che evita brillantemente di soccombere sotto al peso di un plot non troppo originale, districandosi oltre le impressioni hitchcockiane, i rimandi pseudo-gotici a sottotesti cupi e angoscianti, per trovare una propria via sperimentale che trattiene e porta con sé lo sguardo. Una spirale drammaturgica che si avviluppa attorno allo status sensoriale della propria protagonista, diventando epidermico dramma interiore. Condensandosi in una vertigine densa di anelli emotivi, percettivi, tenui e amari. Degna di plauso la prova recitativa di Antonia Liskova, che nel ruolo di Nicole sorregge le dinamiche grafico-espressive dell’intera storia, trasfigurandosi con sorprendente plasticità in un ritratto che scava impietoso entro se stesso, sciogliendosi in attimi di vivido realismo.

 

Regia: Giuseppe Petitto
Interpreti: Antonia Liskova, Michael Neuenschwander, Linda Mastrocola, Mia Skrbinac
Distribuzione: Altre Storie

Durata: 84′
Origine: Italia, Svizzera, Slovenia, 2017

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