Pasquale Squitieri: controverso, controcorrente, ma sempre sincero

Il suo cinema era quello di un uomo che non aveva timore di essere di parte, che non sopportava di essere catalogato, sempre controcorrente come la sua vita.

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Il problema non sono io che devo essere libero per sentirmi vivo, il problema sono gli altri. Sono le etichette. I conformismi. La riflessione piatta, banale, apodittica.
Pasquale Squitieri

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Pasquale Squitieri era un uomo dalle passioni forti e forse anche tristi secondo l’accezione sociologica degli studiosi che hanno elaborato il concetto quale forma di autodifesa perpetua davanti all’impossibilità e all’impotenza di comprendere la crisi della cultura moderna.
Squitieri è stato anche questo e il suo cinema ne rifletteva il carattere, collerico, istintivo, passionale e sempre disposto a tutto.
Era napoletano, nato nel 1938. Dopo un breve periodo di lavoro in banca, aveva intrapreso la strada del cinema. Politicamente è stato sempre schierato verso le posizioni più estreme, prima a sinistra e poi a destra ed è stato un autore i cui film, costruiti

I guappi, 1974sulla storia sociale d’Italia, diventavano anche dei pamphlet sul presente.
La sua carriera cominciò con due spaghetti-western e con un nome di fantasia (William Redford), i western, all’epoca, conservavano ancora un sapore esotico e diventavano più vendibili con un nome che, per quanto finto, sembrasse americano.
Ma nel 1972 il suo esordio a tutto tondo con un film che era pienamente nelle sue corde Camorra, con Fabio Testi ed Enzo Cannavale. Una storia di iniziazione nella malavita organizzata. Nello stesso ambiente, ma nel secolo precedente, è ambientata la tormentata storia di Don Gaetano affiliato alla camorra (ancora Fabio Testi), Nicola (Franco Nero) e Lucia (Claudia Cardinale), nel film I guappi (1974). Storia di duelli e d’onore, di regole e di rispetto. Squitieri non sembrava andare per il sottile e i suoi personaggi erano tutti di un pezzo, morivano, ma non si piegavano, idealizzavano una giustizia giusta che facevano funzionare con il rasoio in mano o con il pugno di ferro. Con Il Prefetto di ferro (1977) il suo cinema acquisisce i contorni precisi di cosa volesse essere: uno sguardo alla storia criminale del nostro Paese e agli eroismi di chi ha partecipato a quelle vicende. In questo si riflettevano le passioni di Squitieri che non aveva timore di essere un uomo sempre controcorrente, abituato alle critiche per i suoi eccessi nella vita e anche nel cinema che in qualche modo ha costituito la sua esistenza. La vicenda del Prefetto Mori che si oppose alla Il prefetto di ferro, 1977mafia, mettendosi personalmente in gioco, costituiva un episodio che non poteva sfuggire alla sensibilità sanguigna del regista napoletano che si era affidato per quel film al fido Franco Nero e alla compagna Claudia Cardinale, nel ruolo di una popolana. L’operazione ottenne un buon successo commerciale divenendo il suo film forse più visto e famoso.
Nel 1979 avrebbe diretto Razza selvaggia, storia maledetta di un emigrato che a Torino finisce in un giro di malaffare segnando il proprio destino. Un film che gli valse l’inimicizia della FIAT, un ostracismo dichiarato con quell’azienda e un brutto litigio con Gianni Agnelli.
Con Claretta (1984), che riservò a Claudia Cardinale i riconoscimenti del Nastro d’Argento e del Premio Pasinetti alla Mostra del Cinema di Venezia, Squitieri attirò a se le immaginabili e inevitabili polemiche che una storia come quella della coppia Mussolini e Petacci portava con sé quale naturale conseguenza. Nessuno perdonava a Squitieri il voltafaccia che da uomo di sinistra aveva fatto diventando un militante di destra ed anche Senatore della Repubblica. Claretta Petacci nel film era una donna innamorata di Mussolini che decise di seguire il compagnoClaretta, 1984 sino alla fine, immolando la sua vita in nome dell’amore e di una coerenza che la rese invisa a tutti. In questa solitudine esistenziale risiede sicuramente la fascinazione che il personaggio ebbe ad esercitare sul regista.
Con Il pentito (1985) il suo cinema si rivolge ancora una volta al mondo del crimine organizzato e ispirandosi alle vicende di Tommaso Buscetta, tentava di comprendere i rapporti tra mafia e potere, tra rispetto delle regole e collaborazione con la giustizia. Il tema della droga quale elemento di stravolgimento dei rapporti familiari è al centro del semisconosciuto Atto di dolore, per il quale Claudia Cardinale è stata candidata al Nastro d’argento quale migliore interprete femminile.
Razza selvaggia, 1979Il paradigma del cinema di Squitieri e delle conseguenze che un suo film poteva avere è sicuramente però rappresentato dall’uscita in sala di Li chiamarono briganti! (1999). Al centro la figura del brigante Carmine Crocco sullo sfondo degli anni post risorgimentali e post unitari. L’ambientazione meridionale, riporta, ancora una volta l’interesse del suo autore a proporre una interpretazione del disagio del sud e della nascente avversione verso un potere che tentava e attuava solo una sorta di colonizzazione. Il tema del film è quello del sud tradito e del potere che di questo tradimento ne è stato autore. Opera quanto mai controversa, ritirata dalle sale quasi immediatamente dopo la sua uscita, apprezzato da intellettuali fortemente meridionalisti come Nicola Zitara, accusato, invece, da altri di revisionismo storico e in genere poco apprezzato dalla critica. Un film oggi divenuto invisibile, nonostante l’interpretazione di Enrico Lo Verso nei panni del protagonista Carmine Crocco, di Claudia Cardinale, Remo Girone e Franco Nero.
Seguirono alcuni lavori su commissione, ma una tormentata Li chiamarono briganti!, 1999vicenda giudiziaria e una salute malferma rallentarono l’attività di Squitieri che si vide revocare anche il vitalizio da parlamentare a causa della condanna definitiva per una vecchia vicenda accaduta quando lavorava in banca, una storia in fondo banale, senza nessun vantaggio per lui. Aveva ancora due progetti un film che avrebbe segnato una novità nel panorama della sua filmografia poiché si sarebbe dovuto occupare di intelligenza artificiale e dei suoi rischi e una biografia dello scultore napoletano Vincenzo Gemito.
Pasquale Squitieri è stato un caso a se nella storia del cinema italiano poiché difficilmente inquadrabile la sua filmografia e per quanto autentica, sicuramente non sempre condivisibile, rissosa se si vuole, ma lontano da ogni moda, da ogni compiacimento soprattutto nei confronti della critica. Il suo atteggiamento di sfida arrivò a colpire anche gli intellettuali italiani, i registi, in particolare. Non si riconosceva in nessuna scuola e non aveva mai indossato i panni di regista impegnato. Il suo cinema assomigliava ad uno sfogo di chi non considerava accettabile lo stato delle cose e nel contempo il suo è rimasto sempre uno sguardo prettamente meridionale e i suoi film traevano origine da questa cultura difficilmente sradicabile, difficilmente separabile, in altre parole, dagli umori forti dei suoi personaggi. Il suo sguardo al brigantaggio e alle regole dell’onore camorristico e mafioso, raccontavano di un sud violento, passionale, dominato da una sete di giustizia sociale da perseguire a tutti i costi. Non c’erano mediazioni nel cinema di Squitieri cui possono essere mosse tutte le critiche che si vogliono, ma sicuramente non quella di avere realizzato dei film che fossero compiacenti o ruffiani. Un atteggiamento che tenne anche nella vita, inimicandosi anche quelle persone che avrebbero potuto aiutarlo come accadde in Rai quando, per difendere i diritti di un artista messo ai margini per la sua omosessualità, litigò con i dirigenti dell’azienda. Diceva di se stesso: Ho sparato, picchiato e insultato, ma l’ho fatto sempre per difendere qualcuno e mai me Pasquale Squitieri e Claudia Cardinalestesso. Il suo essere sempre controcorrente si è manifestato anche nella vita privata, durante la quale ha vissuto la trentennale storia d’amore, per alcuni impossibile, con Claudia Cardinale che non solo ne ha rispettato la natura, condividendo, da attrice e compagna, i suoi progetti, ma lo ha sostenuto nei momenti difficili. Una storia d’amore, alla fine tormentata, ma anch’essa autentica.
Pasquale Squitieri non lascia eredi e quel cinema, di cui lui era unico esponente, oggi non è più replicabile. Questo lo rende ancora un personaggio unico, difficile da definire e da catalogare, forse eccessivo e sopra le righe, ma sicuramente sincero in ogni sua espressione e in ogni suo film.

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