Past Lives, di Celine Song

Un film sull’ amore come atto di fede, di incontri predestinati e accettazione del cambiamento. Un esordio intimo e intenso per la cineasta di origine coreana. Concorso.

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Quante volte nel corso degli anni capita di pensare alle molteplici pieghe che la nostra vita avrebbe potuto prendere, a cosa sarebbe successo se davanti a un bivio avessimo scelto un percorso diverso. Un altro lavoro, altri studi, un’altra città, un compagno o una compagna differenti. Celine Song parte dalla sua esperienza personale, di coreana emigrata bambina in Canada coi genitori, e di scrittrice a New York sposata con un americano, che incontra a distanza di vent’anni un amico d’infanzia. In Past Lives, esordio cinematografico della regista, assumono le identità di Nora e Hae Sung. Separatisi da ragazzini, troppo presto perché potesse nascere qualcosa, si ritrovano adulti tramite i social network. Dopo un primo imbarazzo in videochiamata, i due sembrano di nuovo ritrovare quella sintonia che li teneva legati da piccoli, tanto che gli scambi e gli incontri via webcam diventano quotidiani. Ma lei sta a New York e lui a Seoul. Le vite di entrambi nel frattempo proseguono, a distanza. Nora incontra Arthur e lo sposa, Hae Sung si fidanza con una ragazza coreana. Ma ad Hae Sung viene il dubbio che forse la vita lo voglia condurre da un’altra parte, addirittura in un altro continente. Forse il suo destino è là che lo attende, un’attesa lunga più di vent’anni, una vita in sospeso che aspetta soltanto la scintilla dell’incontro per mettersi in moto. O forse, è solo una questione di scelte e incontri al momento giusto, di connessioni e allineamenti che mutano ed evolvono nel corso del tempo, mentre la vita accade.

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Nel film si fa più volte riferimento al concetto di inyeon (connessione, legame), secondo cui tutto è collegato ed incontro della nostra vita trova origine e predestinazione nelle nostre vite passate. E infatti Past Lives non è un film sulle sliding doors. Nessun universo parallelo o scenario alternativo. È un film sulla permanenza e sulle scelte, sulla predestinazione contrapposta all’accidentalità, un film di identità geografiche e culturali, di distanze incolmabili e improvvise vicinanze. Di agenti di crisi e atti di Fede. Perché l’amore questo è. Ed è anche un film di luoghi, soprattutto New York, che Song riesce a filmare come fossero parte integrante della storia e dell’identità dei suoi personaggi. Alla regista non interessa mostrare quello che avrebbe potuto essere. Ciò che preme è il confronto quotidiano con chi si è scelto di diventare, una decisione che porta inevitabilmente con sé una rinuncia. E ancora, la fiducia nel divenire e l’accettazione del cambiamento come passaggio necessario al compimento di un’esistenza, di un amore.  Nonostante i dubbi, le incertezze, i ripensamenti. Senza rimorsi o rimpianti.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4
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Il voto dei lettori
3 (13 voti)
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