Patria, di Felice Farina

patria farina
Nonostante il disegno così stilizzato e stereotipato dei personaggi, perdonabile solo se si vota il tutto all’intenzione di creare un contenitore per il materiale d’archivio, Patria risulta sperimentale quantomeno dal punto di vista registico: è un film dinamico, in movimento, dove le tracce della memoria si inseriscono nella fluida corrente dell’accadere dei fatti

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patria farinaUn lavoratore siciliano trapiantato al nord Italia sale sulla torre della sua fabbrica per protestare contro l’imminente licenziamento nella speranza che ‘arrivi la televisione’. Un sindacalista di tutt’altro orientamento politico lo raggiunge per riportarlo giù, in realtà anche per fare i conti con la figura paterna. Un lavoratore disabile ipovedente, autistico ed esperto di storia politica italiana li raggiunge, attratto dalla situazione e dagli argomenti di discussione captati di nascosto. Dopo qualche ora la notte si trasforma in occasione di discussione e di confronto, di rievocazione degli ultimi trent’anni di storia italiana segnati dalla tensione, dalla crisi della Prima Repubblica, con i magnati industriali, Berlusconi e la televisione, le stragi della mafia, tangentopoli, Ambrosoli, Berlinguer, la Fiat, Mario Chiesa.. e ancora Craxi, Berlinguer, Sindona e Joseph Miceli Crimi fino al calcio, ai mondiali dell’82 e al rigore sbagliato di Roberto Baggio nel ’94 . 

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Ancora una volta, in occasione dei suoi 90 anni, l’Archivio Luce torna in campo (all'ultimo Festival di Venezia anche con 9 x 10 Novanta, ma i progetti son tanti – si pensi anche a Felice chi è diverso di Amelio), accompagnando il percorso tratto dal libro Patria 1978 – 2010 di Enrico Deaglio, con la realtà della testimonianza visiva. Felice Farina dice di essersi ispirato a Hiroshima mon amour per il modo in cui le tracce della memoria (in questo caso di carattere più collettivo che individuale), si inseriscono nella fluida corrente dell’accadere dei fatti; fondamentale per questo intento è stato il lavoro della montatrice Esmeralda Calabria che è riuscita a rivitalizzare le immagini, a non lasciarle nel passato e a renderle ancora vibranti.

patria farina
Per quanto riguarda la parentesi di finzione, la situazione si cristallizza per un momento in un clima dell’assurdo, con personaggi bizzarri che vivono un momento fuori dal tempo, concesso dalla notte, e che tuttavia il nascere del giorno annulla. I tre condottieri Francesco Pannofino, Roberto Citran e Carlo Giuseppe Gabardini, infatti, finiscono per essere l’incarnazione di alcuni noti stereotipi italiani. Pannofino, nelle vesti del lavoratore Salvo, è siciliano, ignorante, esperto di calcio, poco tollerante verso il disabile, grasso, rozzo, capace solo ad urlare e non a parlare senza eccessive esuberanze. E’ una figura ingombrante, un animale rabbioso implacabile, e vien da chiedersi se non sia forse eccessivo. Roberto Citran invece è il sindacalista di sinistra, con un padre lavoratore in fabbrica, tendenzialmente depresso e insoddisfatto ma ‘di cuore’. Carlo Giuseppe Gabardini è il genio scemo, deus ex machina, puro e inconsapevole del male del mondo. 

Nonostante il disegno così stilizzato dei personaggi, perdonabile solo se si vota il tutto all’intenzione di creare un contenitore per il materiale d’archivio, Patria risulta sperimentale quantomeno dal punto di vista registico. E’ un film dinamico, in movimento: la scena iniziale rievoca la moderna possibilità di muoversi col mouse tra le mappe satellitari e a seguire la macchina rincorre il lavoratore a seconda dei mood cinematografici che vanno dall’immagine pulita e ferma a quella di fortuna e accidentata. Se non altro, una nuova occasione, in una nuova forma, per ricordare quel che è stato e come il presente ne porti ancora le conseguenze.

Regia: Felice Farina
Interpreti: Francesco Pannofino, Roberto Citran, Carlo Giuseppe Gabardini
Distribuzione: Istituto Luce-Cinecittà
Durata: 87'
Origine: Italia, 2014 

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