Pauline alla spiaggia, di Éric Rohmer
Uno degli esiti più felici del cinema del regista. Film balneare, romanzo di formazione, apologo morale e meta-cinema. Terzo episodio del ciclo “Commedie e proverbi”. Da oggi al cinema.
Pauline non ha più quindici anni. Sono trascorse numerose estati da quella del 1983, quando Rohmer, alla vigilia delle riprese de La moglie dell’aviatore, si dedicava già alla stesura del prossimo lavoro, sviluppando e adattando al contesto degli anni Ottanta una storia ripescata tra le sue annotazioni di molto tempo prima. Per il suo terzo film del ciclo “Commedie e proverbi”, il regista guarda a Racine, alla sua Andromaca, ritrovando in quel girotondo di desideri smarriti tra inseguiti e inseguitori una sensibilità affine, per quanto riletta sempre attraverso la leggerezza di Marivaux.
E dunque: la procace parigina Marion arriva nella casa di vacanze in Normandia con la cuginetta adolescente Pauline, per trascorrere in tranquillità gli ultimi giorni d’estate. Ma le giornate alla spiaggia e le letture nel giardino di ortensie sono presto turbate da vecchi e nuovi incontri. Le due ragazze ritrovano il romantico Pierre, da sempre innamorato di Marion, e Henry, sfuggente etnologo che mette in moto la caccia amorosa dei vari personaggi, a cui presto si aggiungeranno l’adolescente Sylvain e la venditrice di caramelle Louisette.
Se l’impianto narrativo appare puramente teatrale, con personaggi particolarmente dogmatici, maschere classiche portatrici di valori predeterminati, la messinscena introduce presto una riflessione teorica sull’immagine.
Film balneare – il secondo dopo il racconto morale de La collezionista (1967), a cui seguiranno poi Il raggio verde (1986) e Racconto d’estate (1996) – romanzo di formazione, apologo morale e meta-cinema: Pauline à la plage è uno degli esiti più felici nella lunga filmografia rohmeriana, una delle opere in cui emerge in maniera lampante la maestria di Rohmer nell’orchestrare intrecci leggeri eppure aperti a infiniti livelli di lettura. La sua capacità di fare cinema con troupe ridotte all’osso (attori e crew qui vivevano nella casa delle riprese, di proprietà dei genitori dell’assistente alla regia…), di aprirsi all’imprevisto e inglobarlo in una scrittura tanto accurata in fase preparatoria quanto libera al momento delle riprese.
È in questo modo che trova una delle sue protagoniste più belle: Pauline diventa il centro dell’opera grazie all’interpretazione dell’allora sconosciuta Amanda Langlet, scelta quasi per caso, pescando una foto nel catalogo bambini della SFP, la società dei produttori francesi. Amanda passeggia con Rohmer, va con lui al cinema a vedere La femme de l’aviateur, si racconta, improvvisa e porta in quello che inizialmente doveva chiamarsi Loup y es-tu? il suo pensiero sul mondo, sui sentimenti, diventando il punto di vista dell’opera, uno sguardo, ancora sospeso tra infanzia e adolescenza, sul mondo spesso squallido degli adulti. “Alla mia età non si parla, si ascolta”, dice Pauline, interpellata da Henry, mettendo così una pietra sopra i compiaciuti monologhi degli altri. Uno sguardo insolitamente puro, privo di qualunque cinismo, spielberghiano, che Rohmer premia riconoscendogli a riprese ultimate una centralità non prevista e dedicandogli il titolo del film.
Titolo originale: Pauline à la plage
Regia: Éric Rohmer
Interpreti: Amanda Langlet, Arielle Dombasle, Pascal Greggory, Féodor Atkine, Simon de La Brosse, Rosette
Distribuzione: Academy Two
Durata: 94′
Origine: Francia, 1983