Pedro Almodóvar. Di ostinati desideri

Pedro Almodóvar

Le figlie e i figli del cinema di Almodóvar si muovono in un mondo irregolare: eppure ogni violenza porta con sè un nucleo di sorprendente innocenza; ogni scelta comporta una reazione a catena che vedrà ciascuno dei protagonisti fare un passo in avanti, se non verso l'illuminazione, verso una consapevolezza triste e allegra

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 Pedro Almodóvar. Di ostinati desideriNel 2011 il MoMA di New York gli ha dedicato un omaggio: la città delle possibilità infinite che celebra le infinite possibilità offerte da Pedro ai suoi personaggi. Non sempre e non solo esasperatamente weird come quelli di John Waters, ma trattati con uguale affetto e generosità da un regista convinto che il modo migliore di scovare l’umanità sia andare alla sua ricerca proprio all’interno di quelle grandi sacche di caos, fraintendimento, tragedia e comicità che la vita ci presenta, soprattutto in situazioni di emergenza.

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Le figlie e i figli del cinema di Pedro indossano con noncuranza e talvolta ostentano una fisicità importante, mai conformata, come irregolari sono le vite che conducono: irregolari non per capriccio anticonformista, ma si direbbe, per strategia difensiva, rispetto a un mondo che li incolla al margine nel proprio album limitato: troppo angusto per contenere la molteplicità delle loro storie e dei loro sentimenti rissosi, dei desideri fuori luogo e fuori posto, delle loro ossessioni rosse o nere, a volte autodistruttive. Le stesse che quando vengono rivolte all’esterno e condivise, sprigionano un universo clamoroso, fertile, di ben altre dimensioni: fino a che punto una follia si può definire tale, se riesce nel difficile compito della creazione? Sia pure soltanto di un legame, di una collisione nella vita di un altro.

Antonio Banderas e Victoria Abril in Légami! (¡Átame!) 1990Questi contatti, spesso tra sconosciuti avvengono a caro prezzo: eppure ogni volta si ha l’impressione che ne sia valsa la pena. Non è un paesaggio pulito: incontriamo indifferenza, ricatto, emarginazione, solitudine, stupro, segregazione, vendetta, il suicidio, o il suo tentativo: eppure ogni violenza porta con sè un nucleo di sorprendente innocenza; ogni scelta comporta una reazione a catena che vedrà ciascuno dei protagonisti fare un passo in avanti, se non verso l’illuminazione – questo non può accadere nel mondo imperfetto di Pedro – verso una consapevolezza triste e allegra, l’idea di avere diritto a una parabola scintillante: a dispetto di ruolo, sesso, età, posizione sociale, grandi e piccole miserie.

Donne sull'orlo di una crisi di nervi, 1988Ne è un esempio perfetto l’ostinazione di Ricky in Légami! (un giovane Antonio Banderas nel 1990 già al quinto film con Almodòvar) che sogna una tranquilla vita familiare con una pornostar tossicomane (Victoria Abril, la cui bellezza nervosa e sfuggente sarà a lungo un segno distintivo del primo cinema di Pedro, come in seguito Penélope Cruz) e arriva a sequestrarla pur di imporle il proprio idilliaco sogno d’amore, finchè non sarà lei a sceglierlo liberamente. E incredibilmente, in questo piccolo film (uno dei più sottovalutati della sua carriera) il piano, forse folle, forse criminale, funzionerà.

Con i suoi film più liberi, dagli anni ’80 in poi, Pedro inaugura una sovversione gentile e spesso umoristica (la sinfonia punk Pepi, Luci, Bom e le altre ragazze del mucchio) perfino terapeutica, nel modo in cui racconta la composizione chimica della vita. A chi sia oppresso da una serie di disgrazie che sembrano non avere fine, consiglieremmo questi film: non banalmente “per farsi due risate” ma per accettare la natura tragicomica dell’esistenza…

La mala educación, di Pedro Almodóvar (2004)Film dove alle vicende dei suoi eroi si mescolano spesso un’ode all’imperfezione e a un cattivo gusto vivificante, la satira (Kika) l’incertezza sentimentale è un percorso solcato da amicizie impreviste, come in Labirinto di passioni, in Che ho fatto io per meritare questo?, forse la più irresistibile tra le commedie, e Donne sull’orlo di una crisi di nervi, dove si avverte profonda l’empatia che il regista prova verso le sue creature; che come lui, fabbricano mondi immaginari che finiscono per influenzare la realtà. Incontreremo spesso scrittori e romanzieri nel suo cinema, da Il fiore del mio segreto a Los abrazos rotos. Come una partita di scacchi, però senza il cinismo di chi muoverebbe i suoi personaggi senza amarli.

Almodóvar si prende gioco dell’ipocrisia di una chiesa fatta di intrighi e omertà, con leggerezza (L’indiscreto fascino del peccato) o con più peso (La mala educación) declina i suoi temi, quello del desiderio: che alberga nei corpi più impensati e mostra l’esiguità del confine tra sano e malato, in Carne Tremula – che supera i termini di sesso e di genere – Matador, La legge del desiderio, Tacchi a spillo.

Volver (2006) di Pedro AlmodóvarAd ogni maschera indossata ne corrisponde una scalzata, come in La pelle che abito, dove nemmeno l’ultimo dei travestimenti regge al suo destino di febbre e di dramma, dove contrappone la disperata determinazione di un padre/amante abbandonato (Banderas) all’angelica ferinità della sua ultima musa Elena Anaya.

Alle soglie del 2000, approda infine a un mélo fatto di struggimenti e di commozioni di un’altra epoca, talvolta più riuscito, talvolta meno, eppure tanto più contemporaneo quanto più allude al cinema del passato (Tutto su mia madre, Volver, Gli abbracci spezzati) tenuto per mano dalle sue amatissime vestali di sempre: dive di carne e sangue capaci di darsi alle sue storie con assoluta dedizione, Carmen Maura (con lui fin dal primo corto Folle… Folle… ¡Fólleme Tim!, del ’78) Marisa Paredes, Cecilia Roth; Eva Siva, Kiti Manver, Chus Lampreave; e poi Candela Peña, Paz Vega, Rosario Flores, Lola Dueñas, Leonor Watling. Al profilo bislacco di Rossy De Palma e ai corpi mutati di Bibi Ándersen e Toni Cantó, al femminile per vocazione, oggi si aggiunge la testa rasata di Blanca Portillo.

Javier Cámara e Dario Grandinetti in Hable con ella, 2002In questo stuolo di donne forti e capaci di tutto che sempre si associano al cinema di Almodóvar non vanno dimenticate alcune delle figure maschili più belle e complesse mai disegnate, disponendo in uno spazio di dolore e di desiderio prima corpi prepotenti e assetati (Javier Bardem) poi le lacrime silenziose e di nuovo un’ostinazione che sarebbe troppo facile etichettare come folle (Dario Grandinetti e Javier Cámara nel bellissimo Parla con lei).
Il destino colpisce torera e ballerina, abituate a mettere alla prova il loro corpo e a scagliarlo oltre le frontiere del possibile; infinite sono le possibilità e le scelte di fronte ai loro compagni chiamati a muoversi mentre loro sono immobili.

Un cinema di famiglia, il suo (dalla fondazione della società El Deseo nell’86, con il fratello Agustín, all’ultimo Gli amanti passeggeri, dove si incontrano tanti volti dei suoi film); ma anche in questo caso la dimensione famiglia patriarcale o tradizionale è troppo piccola per contenere tutti i possibili accordi, le variazioni infinite. Oggi Almodóvar continua a preoccuparsi di una famiglia potenzialmente molto più vasta: quella che subisce le ingiustizie sociali, e in una bella lettera si schiera accanto ai manifestanti di Plaza de Neptuno a Madrid.

Pedro AlmodóvarCome le storie e i punti di vista unici e preziosi dei suoi eroi maldestri, anche quando sono scollati dalla realtà e immersi nel loro mondo di colori parlanti e di sogni, sono altrettanto uniche e preziose le immagini, le prospettive e le testimonianze di chi racconta ciò che è davvero accaduto. Se quel che accade è il sangue, il regista del desiderio, altrove poco interessato al realismo, lo raccatta per rispedirlo al mittente.

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